giovedì 27 novembre 2014

La Grande Astensione, un silenzio che parla

                                                                               Stefano Morselli

La percentuale di astensioni in Emilia Romagna - ma anche in Calabria la larga maggioranza non è andata a votare - dimostra che esiste un enorme bacino di elettori che si sono autoc-congelati. Per svariati motivi che, come si dice con formula di rito alquanto banale, dovranno essere oggetto di attenta riflessione. Ma il dato di fatto è quello: quasi due terzi degli elettori non hanno trovato una proposta convincente sul mercato elettorale. Una parte - certamente più ampia che nelle quote fisiologiche di astensionismo del passato - probabilmente non tornerà comunque a votare, quanto meno non tornerà in modo regolare. Un'altra parte, anche più ampia, è in stand by. In mezzo a quest'ultima, ci sono tanti (ex) elettori di sinistra, che hanno cominciato o hanno terminato) di capire dove è già arrivato e dove sta andando il Pd. Non specificamente in Emilia Romagna, ma verosimilmente anche in Emilia Romagna, se nessuno - dentro e fuori quel partito - farà una adeguata battaglia politica per contrastare quel percorso e indicarne un altro, verosimile e verificabile. Questi (ex) elettori della sinistra e del Pd si sono resi conto che così non va. Non vogliono votare a destra, non vedono o non si fidano dei pezzi sparsi della sinistra, quindi esprimono con l'astensione il loro malumore, il loro disorientamento, il loro dissenso.



Da anni, da decenni, 'è in corso una campagna martellante che intona il ritornello secondo il quale bisogna "abbattere le ideologie". Tradotto dalla chiacchiera fumosa, significa che bisogna abbandonare il pensiero critico, il conflitto sociale, il sostegno alla dignità e ai diritti dei lavoratori e delle persone più deboli. Insomma: l'idea stessa che possa esistere una sinistra nel mondo contemporaneo. Non a caso, l'ideologia (questa sì molto tenace e aggressiva) della "fine delle ideologie" è stata propagandata soprattutto da destra, La novità è che, fin dalla nascita, è diventata cavallo di battaglia del Pd, prima un po' avvolta e occultata nel politichese, poi sempre più esplicita. Fino alla affermazione di Renzi e al progetto "partito della nazione", che ne rappresentano l'estrema (però coerente) attuazione. E che, sostanzialmente, se ne fregano se la maggioranza dei cittadini non va a votare: basta che, tra quelli che ci vanno, la maggioranza voti per loro.

Ma attenzione: le conseguenze possono essere molteplici. Una, già in atto almeno dalle elezioni europee, è che in quel genere di partito possono stare comodamente pezzi di ceto politico e pezzi di elettorato della destra moderata. Un'altra, che pure stiamo vedendo, è che possono fuggire pezzi di elettorato di sinistra, per ora verso il grillismo e verso l'astensione. Ma domani chissà: perchè finite "le ideologie", finite le distinzioni culturali e politiche, finito tutto, anche gli (ex) elettori di sinistra possono diventare contendibili. Perfino dal Le Pen di turno, come ci insegna la Francia.

Tutto questo rende - renderebbe - urgentemente e addirittura drammaticamente necessaria la presenza di una nuova e più robusta sinistra, in grado di rappresentare, prima che sia troppo tardi, una proposta credibile per tanti che si sono messi in stand by. Nelle elezioni regionali, il risultato "di resistenza" ottenuto sia da Sel che da l'Altra Emilia non è disprezzabile. Se nemmeno questa volta si riuscirà ad archiviare presunzioni, orticelli, sospetti e ripicche, allora sarà del tutto inutile prendersela con Renzi e con il Pd, o magari con il destino cinico e baro. Perchè "de te fabula narratur". Questa storia parla di noi.

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