mercoledì 23 dicembre 2015

Per la sinistra di tutte e tutti


Nelle ore in cui Podemos lancia la sua sfida per l'alternativa, un gruppo di persone appartenenti a realtà politiche e sociali, ha scritto questo testo e lo mette a disposizione di chiunque ci si riconosca.
Usiamolo liberamente, copiamolo, condividiamolo, diffondiamolo, è un testo proprietà di nessuno per una sinistra di tutte e tutti. hashtag #xlasinistraditutti, su Twitter e su Facebook. 

Incontriamoci
Incontriamoci il 19, 20 e 21 febbraio a Roma per ridare senso alla parola “politica” come strumento utile a cambiare concretamente le nostre vite. Incontriamoci per organizzarci e costruire un nuovo soggetto politico, uno spazio aperto, democratico, autonomo.

Non è un annuncio. È una proposta.
Non sarà un evento cui assistere da spettatori.
Non ti chiediamo di venire a riempire la sala, battere le mani e chiacchierare in un corridoio come accade di solito in queste assemblee.

Mettiamoci in cammino per condividere un processo e costruire insieme un nuovo progetto politico innovativo e all'altezza della sfida. Un progetto alternativo alla politica d’oggi, svuotata e autoreferenziale, che ritrovi tanto il legame con la propria storia, quanto la capacità di scrivere il futuro.

L’obiettivo
È ora di cambiare questo paese e le condizioni di vita di milioni di persone, colpite dalla crisi e dalle politiche neoliberiste e di austerità, svuotate della capacità di immaginare il proprio futuro. Vogliamo costruire un’alternativa di società, pensata da donne e uomini, fatta di pace e giustizia sociale e ambientale, unici veri antidoti per fermare le destre e l’antipolitica, il terrore di Daesh, i cambiamenti climatici. Serve una netta discontinuità con il recente passato di sconfitte e testimonianza, per metterci in sintonia con le sinistre europee che indicano un’alternativa di lotta e speranza. Dobbiamo metterci in connessione con il nostro popolo, con i suoi desideri e le sue paure, con le centinaia di esperienze territoriali e innovative che stanno già cambiando l’Italia, spesso lontani dalla politica.
Bisognerà cambiare molto: redistribuire le ricchezze e abbattere le diseguaglianze sociali e di genere, costruire un nuovo welfare e eliminare la precarietà, restituendo dignità al mondo del lavoro. È ora di cambiare il modo in cui si produce e quello in cui si consuma, il modo in cui si fa scuola e formazione, le politiche per accogliere. Intendiamo difendere la Costituzione e i suoi valori, per difendere la democrazia.

Il governo Renzi e il PD vanno in una direzione diametralmente opposta e ci raccontano che non c’è un’alternativa. Per noi invece non solo un’alternativa è possibile ma è necessaria ed è basata sui diritti, sull’uguaglianza, sui beni comuni.

Dobbiamo organizzarci. Organizzare innanzitutto la parte che più ha subito gli effetti della crisi, chi ha voglia e bisogno di riscatto, di cambiamento, chi non crede più alla politica; lottando tanto nelle istituzioni quanto nella società. Una forza politica, non un cartello elettorale, che si candidi a governare il paese per cambiarlo e che lo faccia con un profilo credibile, in competizione con tutti gli altri poli esistenti.

martedì 22 dicembre 2015

Podemos: la sinistra oltre la sinistra?

Michele Bonforte
Una boccata di aria buona viene dalla Spagna. L’affermazione di Podemos si collega a quella di alcuni mesi fa di Syriza in Grecia. Non ci sono solo i neofascismi e i neonazionalismi che si diffondono in tutta Europa, specie nei paesi del nord e dell’est dove hanno conquistato il governo di paesi come la Polonia e l’Ungheria. C’è anche una agenda di idee per uscire da sinistra dalla crisi europea. La crisi sociale ed economica provocata dal liberismo e dalla dittatura dei mercati finanziari, sta sollevando onde sismiche che in pochi anni cambieranno il volto della politica e della cultura europea.
L’esempio spagnolo parla direttamente alla sinistra italiana. In Spagna una sinistra c’è, Izquierda Unida, ma non ha saputo dare rappresentanza a quanto ribolliva nella società spagnola, legata com’è tutt’ora a riti del secolo scorso.
Podemos avanza perché unisce le idee della sinistra antiliberista con la democrazia diretta, la partecipazione online e sul territorio.
Proprio quei metodi che nella sinistra italiana vengono sbrigativamente liquidati come “grillini”. Il 900 della sinistra si supera con una scelta integrale di democratizzazione del suo funzionamento interno. La  forma partito, che chi ha oggi più di 50 anni ha conosciuto, è incomprensibile a chi ne ha meno di 30 anni. Dentro SEL ho vissuto la fatica per aprire alla partecipazione, per fare consultazioni su scelte dirimenti, per proporre piattaforme democratiche sotto il fuoco di fila delle critiche di subalternità alla “finta democrazia” sul web.
Tutte critiche che hanno un fondamento di verità, ma che scartano sul punto centrale: oggi le competenze sono molto diffuse, gli orari della vita quotidiana sono diversificati: non ci sono riunioni che possano sostituire per coinvolgimento e approfondimento una @democracy correttamente organizzata, un uso sapiente ed integrato del web e delle relazioni dirette..
La sinistra italiana ha le idee, ma è consapevole che senza un metodo integralmente democratico è condannata al fallimento?
Per questo occorre rompere gli indugi: una nuova forza può nascere solo dallo scioglimento di quelle esistenti, dalla condivisione di un metodo di decisione che valorizzi la persona e la sua centralità nei processi decisionali.
Si comincia a Roma dal 19 al 21 Febbraio. Per la sinistra di tutte e tutti.

domenica 20 dicembre 2015

Chi ha paura dell’impegno dei giovani per la pace?

di  Pasquale Pugliese


Tra la risoluzione dell’ONU e i freni del governo italiano
Lo scorso 9 dicembre è passata piuttosto sotto silenzio nei media italiani un’importante risoluzione, approvata all’unanimità, del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (la n. 260/2015) che riconosce – per la prima volta in un documento ufficiale – il ruolo attivo che i giovani possono svolgere nella prevenzione, risoluzione e riconciliazione dei conflitti. Ricordando che la generazione tra i 18 e i 35 anni, in questo momento, è la più ampia che l’umanità abbia mai avuto e che i giovani spesso costituiscono la maggior parte della popolazione dei paesi colpiti da guerre e terrorismi, riconosce che essi possono giocare un ruolo attivo e importante nella costruzione dei percorsi di pace. Oltre ad invitare gli Stati ad attuare politiche di protezione delle giovani generazioni – vittime delle guerre o delle possibili tentazioni terroristiche – attraverso programmi di inclusione, lavoro e riconoscimento dei loro diritti fondamentali, la risoluzione “esorta gli Stati membri ad aumentare” – e questa è la vera novità – “la loro politica, finanziaria, tecnica e di supporto logistico, che tengono conto delle esigenze e partecipazione dei giovani negli sforzi di pace, in situazioni di conflitto e post-conflitto.”

domenica 13 dicembre 2015

L’acqua di Reggio ed il centrosinistra

Michele Bonforte
coordinatore provinciale Sel Reggio Emilia

Sulla vicenda della gestione del servizio idrico a Reggio Emilia, SEL si è espressa dopo un dibattito che facciamo da mesi /anni. Anch’io, come i coordinatori del circolo Berliguer di SEL, pensavo e penso che la proposta avanzata dal sindaco Vecchi sia un buon passo in avanti rispetto alla privatizzazione. Vi sono numerosi punti oscuri sia tecnici che politici, che andranno attentamente valutati. Alcuni di queste criticità sono contenute nel documento che abbiamo approvato in Assemblea provinciale. Nella nostra discussione è prevalsa la volontà di valutare questi punti critici e di non dare per scontato il consenso di SEL ad una proposta che è apparsa ai più ancora una bozza. I fraintendimenti che la stampa ha voluto fare su quella nostra discussione andrebbero evitati fra noi.
Come coordinatore provinciale, al di là delle mie personali convinzioni, devo tutelare la trasparenza e la legittimità delle nostre decisioni.
E’ prevalsa una valutazione prudente sulla proposta della società mista. Alcuni erano per votare contro, molti per astenersi, altri (fra cui io) per esprimersi a favore.
Eviterei, come fanno i coordinatori del circolo Berliguer, di tracciare nessi fra la discussione sulla acqua a Reggio e l’esigenza di costruire il cento sinistra nelle città per arrivare ad una coalizione progressista nazionale.
Tralasciamo pure che su questo punto la federazione di SEL di Reggio Emilia ha più volte discusso e votato ad ampia maggioranza. Tralasciamo pure che l’orientamento espresso da SEL a livello nazionale è da tempo di un coerente lavoro per costruire una alternativa al PD di Renzi. Tralasciamo anche che su questo punto non penso che i coordinatori del circolo Berliguer esprimano l’opinione prevalente degli iscritti di quel circolo.

Vorrei invece sottolineare come la vicenda dell’acqua a Reggio deponga contro la vitalità delle esperienze locali di centro sinistra, e che, salvo situazioni di eccezionale autonomia e resistenza del PD locale dal vento renziano, tali esperienze siano al canto del cigno.

giovedì 10 dicembre 2015

Dai sindaci un appello per l'unità del centro-sinistra. Apprezzabile, ma solo se il centro-sinistra esistesse

 Stefano Morselli

Cari Giuliano Pisapia, Marco Doria, Massimo Zedda,

ho letto con grande attenzione il vostro appello per l'unità del centro-sinistra in vista delle prossime elezioni amministrative, uscito su Repubblica. In linea teorica, potrei dire che lo condivido. Ad eccezione di un passaggio, che invece non condivido proprio, nemmeno teoricamente, laddove sostenete che il governo nazionale "... non vede al momento altre alternative per avere una maggioranza parlamentare necessaria per governare che comprendere forze che nulla hanno a che vedere col centrosinistra".

A parte la scrittura alquanto farraginosa, non capisco perchè sia stato inserito questo passaggio. Forse una "excusatio non petita", cioè una specie di rimozione temporanea del più grande ed evidente ostacolo che, per volontà del Pd,  impedisce il ragionamento sul centro-sinistra, ed anzi marcia in senso contrario? In ogni caso, non sono d'accordo. Se non ci sono "alternative per avere una maggioranza parlamentare eccetera, eccetera", NON è un sufficiente motivo per governare ORGANICAMENTE con pezzi sparsi della destra e opportunisti di varia provenienza, tanto meno senza il benchè minimo mandato elettorale. Piuttosto, si va a votare. E sarebbe anche il caso, dopo quattro anni e tre governi mai nemmeno ipotizzati da qualcuno di fronte ai cittadini-elettori. Ci troviamo, quindi, in una specie di limbo della democrazia e della rappresentanza popolare.

Venendo alle amministrazioni locali, che sono l'oggetto del vostro appello, mi limito a segnalare che un conto è la teoria, altro conto è la realtà concreta. Premesso che è giusto e doveroso esaminare ogni singola realtà per le sue specifictà, mi pare evidente che non bastano l'appello alla buona volontà e ai buoni sentimenti - e nemmeno lo spauracchio della destra incombente - per sciogliere nodi politici assai aggrovigliati. Il centro-sinistra, purtroppo, è stato demolito in linea generale dalle scelte del Pd: nei contenuti, nelle alleanze, negli indirizzi politici.

Se esistono città nelle quali il Pd, esplicitamente e non opportunisticamente, intende invertire - nei contenuti, nelle alleanze, negli indirizzi politici - la marcia che la sua maggioranza e la sua dirigenza hanno intrapreso, ben vengano questi casi. Altrimenti, a che servono manovre politiciste, ricongiunzioni forzate e forzose, "per fare maggioranza", di soggetti  e orientamenti lontani tra loro, o addirittura contrapposti? Prendiamo il caso concreto di Milano:  personalmente, troverei positiva la prosecuzione della esperienza Pisapia, guidata dallo stesso Pisapia o da altri che ne garatntiscano la continuità. Ma se, invece, anche attraverso le primarie, avessero il sopravvento candidati e logiche riconducibili ai dintorni del "partito della nazione", che il Pd a trazione renziana persegue esplicitamente e tenacemente?

Di questo "concreto" - più che di apprezzabili ma astratte considerazioni sulla auspicabilità di un centro-sinistra che qualcuno ha fatto di tutto per distruggere - mi piacerebbe discutere approfonditamente. Soprattutto con persone che, come Piasapia, Doria e Zedda, sono state protagoniste, da sinistra di governo , di pratiche politiche e amministrative che ho condiviso.

martedì 1 dicembre 2015

La disoccupazione e la media del pollo. Il governo gioca con i numeri. Intanto la disoccupazione cresce.

Michele Bonforte

Già Trilussa con la famosa media del pollo ci invitava a diffidare delle sintesi statistiche. Oggi la stessa diffidenza va esercitata nei confronti degli annunci a getto continuo del governo, che grida ai quattro venti l’inversione di tendenza nella disoccupazione per merito del jobs act. In Settembre 2015 si è registrata una diminuzione dello 0,1% del tasso di disoccupazione. Per quanto modesto, l’obbiettivo se raggiunto, ci farebbe felici. Ma purtroppo si tratta del solito gioco delle tre carte.
Il governo infatti ha dato enfasi al dato percentuale, ma ha messo in secondo piano i dati assoluti pubblicati dall’Istat.
I disoccupati sono calati di 35.000 unità. In termini assoluti, si tratta di un calo simile a quello degli gli occupati (- 36.000).
Come si spiega l’apparente paradosso che vede una riduzione dell’occupazione accompagnata ad una riduzione della disoccupazione? I dati dell’Istat ci dicono che gli inattivi (coloro che “apparentemente” non hanno bisogno di lavorare perché non lo cercano) sono aumentati di 53.000 unità.
Sarebbe un buon risultato se tutte queste 53.000 persone si trovassero nella situazione di non aver più realmente bisogno di lavorare perché hanno ottenuto in altro modo un reddito più che sufficiente. La realtà è che ben oltre i due terzi è dovuto all’incremento degli “scoraggiati”, cioè di coloro che non cercano il lavoro perché non credono di trovarlo. Ciò significa che nel mese di Settembre si sono creati circa 35.000 nuovi scoraggiati, ovvero persone disoccupate a tutti gli effetti ma non conteggiate come tali: una cifra che (magia dei numeri!), corrisponde proprio alla riduzione dei disoccupati “ufficiali”.
Il calo dei disoccupati a Settembre è spiegato non dall’aumento dell’occupazione, né degli effetti espansivi dell’economia, né dal Jobs Act ma, più banalmente, dal fatto che si sono trasformati in scoraggiati.
Il contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act (spacciato come contratto a tempo indeterminato ma in realtà un contratto con un periodo di prova di tre anni), non ha finora provocato una riduzione della disoccupazione.
Le recenti statistiche ci dicono che sono diminuiti altri contratti atipici, in particolare le collaborazioni, l’apprendistato e il tempo determinato. Assistiamo quindi a un processo di sostituzione tra contratti precari che presentano maggiore convenienza economica (quello a tutele crescenti che gode di forte incentivi, seppur in via di riduzione) e i vecchi contratti precari.
C’è poco quindi da stare allegri. Il governo ha investito 10 ml in incentivi per le imprese che stanno solo rimescolando il lavoro che c’è già. Di nuovo lavoro non c’è nemmeno l’ombra, e finiti gli incentivi, molti si aspettano una catena di mancati rinnovi dopo i tre anni di prova.
Purtroppo non vedo ragioni reali su cui fondare il trionfalismo del governo, salvo la solita propaganda.

domenica 29 novembre 2015

Quel che dice SEL sull’acqua


Egregio Direttore 
della Gazzetta di Reggio 
e del Resto del Carlino,

il sensazionalismo sembra essere spesso l’unico approccio dei media alla vita politica. Ciò vale certamente per il modesto caso della posizione che Sinistra Ecologia Libertà ha preso sulla proposta delineata dal sindaco Vecchi. Ne abbiamo discusso, e nella discussione sono emerse diverse accentuazioni. Il testo che abbiamo diffuso è il risultato di quella discussione. Tutti i presenti hanno apprezzato il senso politico della proposta del sindaco Vecchi. Si tratta di una novità positiva, che vuole evitare la privatizzazione dell’acqua, dopo che il PD aveva preso le distanze dal piano di Agenia. Per noi è il frutto non scontato della mobilitazione del movimento per l’acqua pubblica, ed anche della battaglia che abbiamo condotto come SEL, con l’impegno in prima linea dei nostri amministratori.
Abbiamo discusso su come valutare la proposta del sindaco Vecchi, e abbiamo votato. Non su documenti alternativi, ma su una parola.
Questo era il paragrafo (fra parentesi i due punti in alternativa):
“La costituzione di una società mista territoriale a maggioranza pubblica per la gestione dell’acqua è un passo nella direzione giusta e dunque una proposta (che possiamo condividere) o (da valutare approfonditamente)”.
Ha prevalso la prudenza rispetto ad una proposta che ad oggi è tutta da chiarire. Non era la mia posizione, ne quella del Vicesindaco Matteo Sassi.
Ma far derivare da questa differenza di accenti, l’idea che SEL abbia sfiduciato il proprio Vicesindaco mi pare una forzatura, che va contro l’apprezzamento che nella discussione è stato espresso per la coerenza e a fermezza con cui Matteo ha condotto in questi mesi la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua.
Nel comunicato che le abbiamo inviato, e che è pubblicato sul nostro blog, sono elencati tutti i punti su cui chiediamo di concentrare la discussione.
La proposta del sindaco Vecchi è ad oggi solo un abbozzo. Molti sono gli aspetti politici, ma anche tecnici, che occorrerà approfondire. Quelli tecnici, perché la proposta sarebbe una novità nel panorama delle soluzioni finora applicate in Italia, e dunque occorrerà verificarne la solidità. Quelli politici, perché il comportamento del PD ha ingenerato un certo grado di diffidenza. Dopo due anni di proclami e studi per la costruzione di un soggetto pubblico per la gestione dell’acqua, in giro di un mese, e senza alcun confronto con noi, il PD ha decretato lo stop a quel percorso.
Comprenderà come, con questi precedenti, una certa prudenza da parte nostra sia più che giustificata.

Michele Bonforte
coordinatore provinciale SEL Reggio Emilia

venerdì 27 novembre 2015

La proposta di gestione del Servizio Idrico avanzata dal Sindaco Vecchi è un passo nella direzione giusta da valutare approfonditamente.

Odg approvato dall’Assemblea federale SEL Reggio Emilia il 26/11/2015

Sinistra Ecologia Libertà di Reggio Emilia ha da tempo espresso il proprio sostegno alla creazione di una nuova società in house totalmente pubblica alla quale affidare il SII. L’approfondimento affidato al Forum acqua e ad Agenia ha in questi mesi dimostrato la praticabilità e la fattibilità di questo obiettivo. Intorno a questa proposta si erano espressi favorevolmente gran parte degli attori istituzionali, sociali e politici coinvolti.
Nei mesi scorsi il PD ha espresso una valutazione negativa, motivata dalla presunta incertezza sulla gestione del debito contratto da Iren a fronte degli investimenti finora fatti. Si fanno sentire localmente le scelte del governo Renzi contro la gestione pubblica dei servizi e dei beni comuni.
In questi mesi c’è stato conseguentemente il rischio di cancellare il lavoro di anni e la stessa mobilitazione che a Reggio Emilia ha portato al referendum.
Come SEL, ma anche come movimento dell’acqua tutto, non abbiamo voluto dare per chiusa la partita, considerando ormai come ineluttabile la privatizzazione del servizio idrico nella nostra provincia.
Abbiamo operato a livello istituzionale e politico, abbiamo sostenuto la mobilitazione del movimento, ed ora possiamo registrare un percorso diverso dalla privatizzazione.
La proposta presentata dal sindaco Vecchi è un diverso orientamento rispetto alla chiusura registrata dal PD solo pochi mesi fa. Non crediamo sia un caso se la Direzione del PD, nei giorni scorsi, abbia deciso finalmente di prendere parola contro la messa a gara della gestione del servizio idrico. Questo orientamento è stato infatti preceduto da mobilitazioni politiche e sociali di grande rilevanza.
Pur essendo la nostra prima scelta un affidamento completamente in house, la costituzione di una società mista territoriale a maggioranza pubblica rispetto alla gara è un passo nella direzione giusta da valutare approfonditamente.
Crediamo infatti che il buon esito di questo progetto dipenderà dai dettagli del cosiddetto piano Caia e dal controllo democratico che sorveglierà tutto il percorso che potrebbe durare almeno per tutto il 2016.
Particolari rilevanti sono a nostro giudizio la non modificabilità del rapporto fra pubblico e privato, il contratto di servizio con il partner industriale e la sua durata, il vincolo all’investimento degli utili nel servizio idrico, una governance che preveda la partecipazione in un comitato di controllo di rappresentanti dell'associazionismo, degli utenti e dei lavoratori.
SEL da mandato ai propri consiglieri ed amministratori presenti nei comuni della provincia di RE, di rappresentare queste posizioni nelle giunte e nei consigli comunali.

giovedì 26 novembre 2015

Stiamo facendo proprio quello che l’ISIS voleva ottenere?

Un coinvolgimento diretto dell’Europa nei campi di battaglia in Siria potrebbe essere ciò che si prefiggevano con gli attentati. Invece occorre un piano Marshall per il Magreb, per dare lavoro e dignità ai giovani arabi e sottrarli al reclutamento nelle fila dell’ISIS.

Michele Bonforte

Il sangue scorre nelle piazze d’Europa. Siamo attoniti, facciamo fatica a capire perché tutto ciò stia succedendo. Certo negli ultimi anni le stragi non sono mancate né in Europa, né soprattutto fuori dall’Europa. Ma quando migliaia di vite venivano falciate a Baghdad, in Kenya, o in Tunisia tutto ci sembrava così lontano, quasi da non coinvolgerci.
L’isteria che sta colpendo i media e le classi dirigenti tutte, è immemore di quanto e di come siamo stati coinvolti. Abbiamo fatto per 20 anni una guerra sistematica in questi territori, mettendoli a ferro e fuoco, educando una generazione di giovani alla violenza.
I discorsi più saggi nei media li ho sentiti fare da militari, che ricordano come le guerre si vincono sopratutto isolando il nemico, recidendo i suoi legami con la popolazione, con le aree di reclutamento. Reagire alla strage di Parigi andando a bombardare in Siria, potrebbe infatti alimentare il consenso verso l’ISIS da parte delle popolazioni colpite a casaccio dalla morte che viene dal cielo. Un coinvolgimento diretto dell’Europa sui campi di battaglia in Siria ed Iraq potrebbe essere ciò che ISIS si prefiggeva con gli attentati.
Oggi non è il momento degli isterici, che rischiano di portarci ad uno stato di guerra generalizzato. Non è il momento di chi in questi anni ha chiesto ed ottenuto guerra, creando i problemi di oggi. Blair ha chiesto scusa ed oggi evita di salire in cattedra a dirci cosa fare. Chi insieme a lui in occidente ed in italia ci ha portati sulla strada sbagliata delle guerra permanente, non ha ancora chiesto scusa, e continua nella follia di proporre l’uso della guerra come mezzo prevalente per affrontare la crisi in medio oriente. Forza Italia e la Lega Nord erano al governo quando portarono l’Italia in guerra in Iraq. Oggi subiamo le conseguenze di quelle scelte scellerate. 20 anni di guerra hanno aggravato il problema invece di risolverlo. Questo è il punto da cui partire per pianificare le azioni da intraprendere nel breve e nel medio periodo.
  • Certamente nell’immediato occorre alzare il livello di attenzione su quelli che possono essere i terreni interni di reclutamento da parte dell’ISIS. Sorprende come ciò sia fatto poco e male. L’ISIS si batte sul terreno dell’uso dei social media, della raccolta di informazioni. C’è evidentemente qualcosa che non va nei servizi di informazione europei, che va rapidamente messo a posto. Così come nell’immediato occorre sostenere le milizie curde, le uniche in grado di fermare sul campo l’ISIS.
  • Occorre recidere i canali di sostegno e finanziamento all’ISIS. Paesi come la Turchia, l’Arabia Saudita e l’Omar vanno posti di fronte alle proprie ambiguità. Questi paesi, per contrapporsi all’Iran ed alle sue intenzioni egemoniche nell’area, non hanno esitato a soffiare sull’irredentismo dei sunniti nell’Iraq del dopo Saddam. Si sta combattendo una guerra che usa anche la divisione religiosa fra diverse confessioni mussulmane, dove ogni attore persegue propri fini. Questa guerra miete decine di migliaia di vittime, in prevalenza di religione mussulmana.
  • Ma l’elemento strategico, quello che può nel medio periodo, cambiare le sorti di questa guerra, è comprendere le basi sociali su cui si regge il reclutamento dell’ISIS fra i giovani dei paesi arabi.  Occorre prosciugare il mare di disperazione sociale che dai paesi del magreb alimenta le file dell’ISIS. In Egitto, in Algeria, in Tunisia ed anche in Marocco, la popolazione è prevalentemente giovane e senza lavoro. Le primavere arabe di pochi anni fa furono alimentate dal desiderio di benessere e libertà dei giovani arabi. Oggi quelle speranze sono state deluse, e milioni di giovani vivono senza prospettiva. Non è un caso che l’ISIS ha voluto colpire le loro fragili economie basate sul turismo estero, con attentati facili da organizzare che hanno avuto l’effetto immediato di un crollo del turismo prosciugando una delle poche risorse economiche disponibili. Ora a questi giovani disperati arriva la proposta di reclutamento dell’ISIS che fornisce una paga ed una identità.
Per questo occorre un massiccio intervento economico che integri le economie del magreb nel mercato comune europeo, un piano Marshall che dia lavoro ai giovani. E per quel che ci riguarda come Italia, intervenire subito in Tunisia, che potrebbe essere il prossimo paese a cadere nel caos.
Noi ora dobbiamo scegliere: possiamo impiegare le nostre risorse per bombardare e inviare soldati, ottenendo di sicuro un aumento del flusso dei profughi, e probabilmente nessun risultato concreto sul terreno di guerra. O possiamo impiegare le stesse risorse per investire in sviluppo ed integrazione economica nell’area del mediterraneo, inviando ingegneri e tecnici, antropologici e medici. I risultati non saranno immediati. Ma se perseveriamo alcuni anni, saranno migliori di quelli che qualunque strategia puramente militare ci potrà dare.

domenica 22 novembre 2015

Il tempo della guerra e il programma politico per la pace. Oggi più che mai un'altra difesa è possibile e necessaria

di Pasquale Pugliese

Il terrorismo ha raggiunto il suo obiettivo: con la risposta della guerra il terrore vince. Quel terrorismo jihadista che – dopo aver provocato decine di migliaia di vittime con attentati terroristici quotidiani nei paesi di religione islamica, dall’Africa al Medioriente – ha colpito a Parigi il cuore dell’Europa, non ha ucciso solo 132 persone innocenti, ma ha fornito il pretesto per scatenare un nuovo ciclo di guerre planetarie, in continuità con quelle che lo hanno generato. Una nuova fase nella “guerra mondiale a pezzi”, già partita con gli incessanti bombardamenti franco-russi sulla popolazione civile siriana, che uccidono – a loro volta – migliaia di altri innocenti, terrorizzando le popolazioni e agevolando l’emersione di nuovo terrorismo e con esso il rinchiudersi dei paesi occidentali nella paura e nello stato di polizia permanente. Insomma, con la guerra il terrorismo vince su tutta la linea.

domenica 15 novembre 2015

La strategia della violenza ha fallito. Ora intelligenza contro stupidità

di  Pasquale Pugliese

Stiamo saturando il mondo di armi, questo è il nostro problema.
Così produciamo i risultati che poi tutti detestiamo
Zygmut Bauman
(Festival Filosofia, Carpi 19 settembre 2015)
Siamo ancora frastornati da quanto avvenuto a Parigi, ma il dolore per le vittime misto alla sensazione che la guerra sia alle porte, e può colpire ciascuno di noi, non deve paralizzarci. Questo è il fine del terrorismo: terrorizzare per rendere impotenti oppure uguali, ossia “spetati”. Non dobbiamo fare ne l’uno ne l’altro. E’ necessario reagire, ma occorre farlo con intelligenza.
Il messaggio che sta passando in queste ore, dall’Eliseo in giù, è “siamo in guerra”, che significa “a la guerre comme a la guerre”. Ed è vero che siamo in guerra, con tutte le sue criminali implicazioni, solo che non lo siamo dal 13 novembre 2015: lo siamo da decenni in tutti gli scenari mediorientali. Anzi, in Europa ci siamo illusi di poter fare guerre ovunque e vendere armi a tutti senza subirne le conseguenze. Abbiamo giocato col fuoco e ci siamo bruciati. Oltre a bruciare, ogni anno, centinaia di miliardi di euro in spese militari.

mercoledì 4 novembre 2015

Fuga dal partito della nazione. D'Attorre, Galli e Folino lasciano il Pd.

Michele Bonforte

La consapevolezza che siamo ad un tornante storico, della cesura che rappresenta Renzi nella storia della sinistra, si diffonde sempre più. Mi pare interessante segnalare gli argomenti di chi, avendo resistito fino all’ultimo, oggi trova le parole per dare il senso di una scelta, quella di uscire dal PD, che è comunque la sconfitta di un progetto e di una propria storia personale. 

Alfredo D’Attorre ha rilasciato una intervista a Repubblica in cui risponde alla domanda sul perché non sia rimasto per opporsi alla segreteria Renzi aspettando il congresso nel 2017.
"Perché il Pd ha subìto un riposizionamento completo e una mutazione genetica. E' una forza centrista che finisce per guardare più volentieri verso settori della destra che a sinistra ed è illusorio pensare che sarà soltanto una parentesi. Il Pd non è il Labour o l'Spd, non ha 100 anni di storia, quelli che ti permettono di passare dalla stagione di Blair all'epoca di Corbin. Ha pochi anni di vita, è per la prima volta al governo e quello che fa adesso lascerà un segno indelebile. La discontinuità di Renzi è qualcosa di diverso da una normale alternanza tra segretari".
E alla domanda su cosa fare alle prossime elezioni comunali risponde:
“Dove c’è la possibilità di aprire un confronto [con il Pd] noi ci saremo, dove si realizzerà il partito della Nazione la sinistra esprimerà un candidato alternativo”. In caso di ballottaggio, la scelta potrà cadere sul Movimento Cinque Stelle.

In poche righe vi sono le sfide che si pongono a chi, come noi di SEL, intende percorrere la strada della ricostruzione di una forza politica di sinistra in Italia.
La storia del PD sembra concludersi nella nascita di una forza centrista, che cerca di rappresentare gli interessi dei ceti sociali che da decenni sono stati il serbatoio del consenso della DC e di Berlusconi.
Questa involuzione potrebbe aprire un ciclo neoconservatore lungo o, ancora peggio, spingere i ceti popolari nelle braccia di un nascente polo reazionario a destra, come avviene già in altri paesi europei.
Per questo la sinistra deve stare fuori dal PD, e costruire una offerta politica ad esso alternativa lavorando alla sconfitta del renzismo. E siccome siamo in un sistema politico maggioritario, quando saremo chiamati a scegliere in un ballottaggio (vuoi che sia per i comuni, vuoi che sia per il governo del paese) fra candidati del PD e del M5S, sceglieremo a partire dai programmi, privileggiando chi da risposte ai problemi sociali, a quelli ambientali, ai diritti civili, all’emergenza democratica.

martedì 3 novembre 2015

Il 7 novembre al Teatro Quirino a Roma, i parlamentari della sinistra presentano un’altra idea d’Italia

La legge di stabilità che il governo Renzi ha proposto al paese non risolve i problemi dell’Italia, sembra scritta con la mano destra e non mette al centro della scena i soggetti deboli che hanno pagato il prezzo piu’ alto della crisi.
Abbiamo affrontato in questi mesi passaggi difficili. Sempre dalla stessa parte: dalla battaglia sulla riforma della Costituzione al giudizio drastico sul Jobsact, dalla mobilitazione sulla Buona scuola alla domanda di una svolta radicale in Europa rispetto alle politiche di austerità.
Il merito è stato, è e sarà sempre la bussola – anche nelle differenze – che ci guiderà nelle scelte che dovremo assumere durante questa legislatura.
La natura della maggioranza che sorregge oggi il Governo Renzi ha acquisito sempre più le caratteristiche della palude trasformistica.
L’ingresso di Verdini e company nella alleanza costituente segna una ulteriore evoluzione di quel Partito della nazione teorizzato da tempo da Matteo Renzi, neocentrista e neocentralista insieme, che assume il principio della governabilita’ come valore in sé, al netto della cifra culturale delle opzioni che vengono messe in campo.
E produce anche uno sfregio mortale al messaggio che l’esito del voto nel 2013 aveva lanciato alla politica tradizionale e soprattutto al centrosinistra italiano: la necessità di agire una riforma della politica, di cambiare metodi e forme di partecipazione, di mettere fine alla degenerazione etica che aveva segnato la stagione declinante della II Repubblica.

venerdì 30 ottobre 2015

Acqua: con la gara cambia la maggioranza

Circolo Berlinguer - SEL

Poco più di quattro anni fa, nel giugno 2011, oltre il 68% dei cittadini residenti in provincia di Reggio Emilia si è recato a votare per alcuni referendum abrogativi - con il dato provinciale di affluenza più alto in Italia - fra i quali in particolare due quesiti riguardanti il tema dell’acqua pubblica. In quell’occasione il 96% dei votanti si è dichiarato a favore dell’abrogazione di due norme che limitavano fortemente il concetto di pubblicità ed equa gestione del servizio idrico.

Il significato politico di quel voto era ben chiaro: la gestione di un bene comune fondamentale come l'acqua non può essere lasciata in mano ai privati, ma deve tornare ad essere pubblica. É anche per rispettare e realizzare questa volontà popolare che nella città di Reggio Emilia, nel 2014, abbiamo costruito un alleanza con il Partito Democratico: la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato era ed è un punto centrale del programma elettorale della coalizione PD-SEL che ha sostenuto l’elezione a Sindaco di Luca Vecchi.
In questo anno e mezzo i rappresentanti di SEL negli organismi istituzionali del Comune di Reggio Emilia, come componenti del gruppo di maggioranza, hanno quindi avviato un percorso che li ha portati a valutare diverse strategie di ripubblicizzazione del servizio idrico sul nostro territorio e a ritenere che esistano strade percorribili per ottenere questo fine.
Visti il contesto attuale e gli impegni assunti in campagna elettorale, consideriamo quindi inaccettabile l’ipotesi di affidare la gestione del servizio idrico integrato attraverso la modalità della procedura di evidenza pubblica. Si tratterebbe da parte del Partito Democratico di una violazione degli accordi di coalizione che non avrebbe altra ragione se non quella di accodarsi a direttive nazionali: esattamente l'opposto delle motivazioni che ci spingono a sostenere una coalizione di centrosinistra laddove accordi locali di buon governo possono rappresentare un momento di discontinuità dalle politiche nazionali.
Riteniamo pertanto indispensabile che su questo tema venga adottata, entro la scadenza prorogata da Atersir al 31/12/2015, una soluzione coerente con il referendum del 2011 e con l’impegno programmatico della coalizione di governo della città.
Nel caso si arrivasse alla conclusione di questa vicenda con la sola scelta di affidare la gestione del servizio con una gara, si imporrebbe una verifica di maggioranza che porterebbe al cambiamento dell’asse politico del governo della città e quindi alla creazione di una nuova maggioranza di governo profondamente diversa da quella votata dagli elettori reggiani nella primavera 2014.

martedì 27 ottobre 2015

Reato di diversa opinione. Dario De Lucia inquisito dal partito della nazione.

Michele Bonforte

Dario De Lucia, focoso e spumeggiante consigliere comunale del PD è finito sotto inquisizione. Chi lo conosce e lo segue sui social, potrebbe pensare che finalmente gli sia stata imputata la lesione al decoro ed al buon gusto, per l’uso eccessivo di iconografia neo-sovietica nella sua comunicazione.
Invece no, l’imprevedibile ma inoffensivo De Lucia ha commesso il reato di “lesa vescovità”. Ha osato dire la sua opinione sulle opinioni del vescovo Camisasca.
Ecco la dichiarazione criminale di Dario: “sentinelle in piedi, forum della famiglia e vescovo Camisasca sono un bel molloch di conservazione e propagatori di odio”.
Una opinione condivisibile o meno (ed io la condivido) ma un’opinione.
Ma cosa sono “le sentinelle in piedi”?
Dal loro sito riporto: “In Italia le Sentinelle in Piedi sono nate in difesa della libertà di espressione messa in discussione dal ddl Scalfarotto, già approvato dalla Camera e ora al Senato. Presentato come necessario per fermare atti di violenza e aggressione nei confronti di persone con tendenze omosessuali, il testo è invece fortemente liberticida in quanto non specifica cosa si intende per omofobia lasciando al giudice la facoltà di distinguere tra un episodio di discriminazione e una semplice opinione.”
Si tratta dunque di un movimento che rivendica la libertà di espressione contro un progetto di legge di un deputato del PD che cerca di introdurre in italia il reato di omofobia.
Questa frangia fondamentalista del mondo cattolico rivendica il diritto di stigmatizzare le persone omosessuali (anzi le persone con tendenze omosessuali), ma non riconosce che altri (fra cui dario) possano esercitare la loro libertà di espressione su quanto da loro sostenuto.
Non c’è di che in quanto a coerenza! E mezzo PD in consiglio comunale a Reggio Emilia si accoda al gruppo consiliare di Forza Italia, che chiede ed ottiene la pubblica inquisizione del discolo De Lucia.
Le parole usate da FI in consiglio comunale sono impegnative:”Chiunque ricopre un ruolo istituzionale deve attenersi ad atteggiamenti decorosi e rispettosi del ruolo medesimo”.
Niente male per chi ha sostenuto, per ben 20 anni, la pratica della prostituzione e corruzione di stato da parte del Presidente del Consiglio Berlusconi.
Lunga vita al compagno De Lucia!

giovedì 22 ottobre 2015

Se si privatizza l'acqua, si incrina la maggioranza

Michele Bonforte, 
coordinatore provinciale SEL

Condividiamo le preoccupazioni manifestate dal Vicesindaco Matteo Sassi e dall’Assessore Mirko Tutino. Se nel PD sta maturando una posizione favorevole alla privatizzazione dell’acqua, questa va discussa in un ambito pubblico, nel consiglio comunale di Reggio Emilia (e degli altri comuni della provincia).
Noi di SEL non riconosciamo al PD il ruolo di giudice di ultima istanza sulla fattibilità tecnico-economica di un progetto di ripubblicizzazione del servizio idrico. Sono tali e tante le imprecisioni e la disinformatia che in questi mesi è fuoriuscita da via Ghandi, che il nostro raiting sulla credibilità di quanto viene detto su questo argomento dal PD reggiano sfiora il CCC. Noi pensiamo che lo studio fatto da Agenia sia serio e convincente. Se qualcuno ha dei dubbi, invece di confezionarsi interpretazioni ad hoc, è utile che si rivolga agli uffici del Parlamento, che potranno dirimere ogni questione interpretativa. Il PD reggiano ha numerosi parlamentari che potranno occuparsi di ciò. Noi lo abbiamo fatto con il nostro gruppo parlamentare e per questo sosteniamo il progetto di Agenia.
Siamo comunque disponibili a valutare piani alternativi, anche più prudenti nei tempi e nelle risorse, che abbiano comunque il fine di portare il servizio idrico al 100% in mano pubblica e di evitarne la privatizzazione attraverso la gara.
Attendiamo dal Sindaco Luca Vecchi una proposta articolata da sottoporre ad un dibattito pubblico in consiglio comunale.
Quello che non possiamo accettare è l’ipocrisia di privatizzare l’acqua con la scusa che vi siano impedimenti tecnici e normativi ai possibili progetti di ripubblicizzazione.
Sono rimasti pochi giorni per evitare un esito che avrebbe inevitabilmente delle ricadute politiche. Deve essere chiaro a tutti che se il Sindaco ed il suo partito rompono su un punto dirimente del programma presentato agli elettori, allora si assumono la responsabilità di incrinare la maggioranza a Reggio Emilia ed in altri comuni della provincia.
Sul che fare discuteremo in SEL.
Possiamo solo assicurare che sapremo essere creativi.
Affinchè sulla privatizzazione dell’acqua non scenda una coltre di silenzio.

martedì 20 ottobre 2015

Renzi all’assalto della sanità pubblica

Michele Bonforte

La legge di stabilità (ex finanziaria) è ormai consegnata al dibattito pubblico. Ci sono provvedimenti simbolici, e quelli di dura sostanza economica e sociale. Ad oggi l’attenzione si è concentrata maggiormente sull’elevamento a 3.000 euro dei tetto per i pagamenti in contanti. Questa misura non produce infatti rilevanti effetti economici, ma ha un alto valore simbolico. Renzi dice a tutti: fate affari, anche evadendo, purché riprenda a girare l’economia. Una misura politica con cui si chiama a raccolta l’esercito degli evasori per sostenere il governo e per esserne legittimati politicamente. Una misura scandalosa, che sembra però oscurare le parti della legge di stabilità ispirate ad un feroce attacco ai ceti più deboli.
La sanità è fra queste.
Dopo tanto parlare si rinuncia alla spending review, cioè all’idea che la spesa possa essere risanata intervenendo sulle singole voci che la determinano, e si torna ai tagli lineari che colpiscono soprattutto le regioni più virtuose.
Il Fondo sanitario nazionale viene tagliato rispetto a quanto pattuito con il “patto per la salute” con le regioni di almeno 4 miliardi. L’Emilia Romagna, che sino ad ora è riuscita a stare nella parità di bilancio, rischia ora di andare in disavanzo o di dover tagliare i servizi essenziali resi ai cittadini.
Ma le regioni rischiano di dover ridurre da un’altro versante la spesa sanitaria. Difatti la legge di stabilità prevede il “Concorso delle Regioni alla finanza pubblica” con un taglio di 8 mld per il 2016, 4 mld per il 2017 e 5,5 mld sia per il 2018 che per il 2019. Le Regioni cioè devono risparmiare decidendo loro come e dove, ed essendo la sanità la loro principale voce di spesa, è facile prevedere dove si andrà a parare.

sabato 17 ottobre 2015

Acqua pubblica, punto essenziale e irrinunciabile del nostro impegno

 Circolo Sel Bagnolo in Piano

Il circolo Sinistra Ecologia Libertà - Sinistra per Bagnolo condivide pienamente le preoccupazioni espresse dal vicesindaco di Reggio Emilia, Matteo Sassi, in relazione all’affidamento del servizio idrico integrato nella nostra provincia per i prossimi 25 anni. A pochi mesi dal nuovo termine (31 dicembre 2015) fissato per la conclusione dell’iter di assegnazione, non è ancora chiaro se verrà rispettato l’esito del referendum popolare del 2011 – nel quale il 95% degli elettori italiani (a Bagnolo il 97%) votò per la gestione pubblica dell’acqua – o se si procederà invece alla gara aperta alla partecipazione di soggetti privati.
Prima l’accantonamento del progetto messo a punto dalla società specializzata Agenia per la ri-pubblicizzazione del servizio idrico, poi l’annuncio finora rimasto tale di un altro progetto in grado di garantire ugualmente la gestione pubblica, fanno temere che, dietro le quinte, ci sia chi opera invece per disattendere gli indirizzi referendari e le promesse fin qui formulate dagli amministratori dei comuni reggiani..

Il vicesindaco Matteo Sassi indica esplicitamente tra i sostenitori di quest’ultima ipotesi – alla quale ribadisce di essere nettamente contrario, fino alla minaccia di dimissioni - una parte del Pd e la dirigenza di Iren.
Nonostante la partita si giochi soprattutto nel comune capoluogo, è del tutto evidente che gli altri comuni, le rispettive forze politiche e i cittadini non possono e non devono essere semplici spettatori. Per quanto riguarda Bagnolo in Piano, il circolo Sel considera la gestione pubblica dell’acqua un punto ESSENZIALE E IRRINUNCIABILE ad ogni livello del proprio impegno politico e amministrativo. Invita pertanto tutti coloro che condividono questo principio – innanzitutto nella giunta e nel consiglio comunale - a pretendere il massimo di trasparenza, di informazione, di discussione prima che si arrivi alla scadenza di fine anno. E ad intraprendere tutte le iniziative utili a bloccare eventuali tentativi di aggiramento della volontà manifestata dai cittadini attraverso i referendum.

lunedì 12 ottobre 2015

Da Kunduz ad Ankara, il varco attuale della storia è nonviolenza o barbarie

di Pasquale Pugliese

Aldo Capitini, durante la sua militanza antifascista clandestina che formò una generazione di resistenti, nel 1937 riusciva a dare alle stampe alcune dense note in un libro il cui titolo –Elementi di un’esperienza religiosa – consentirà di aggirare la censura fascista. “Tanto dilagheranno violenza e materialismo, che ne verrà stanchezza e disgusto – scriveva nelle prime pagine – e dalle gocce di sangue che colano dai ceppi della decapitazione salirà l’ansia appassionata di sottrarre l’anima ad ogni collaborazione con quell’errore, e di instaurare subito, a partire dal proprio animo (che è il primo progresso), un nuovo modo di sentire la vita: il sentimento che il mondo ci è estraneo se ci si deve stare senza amore, senza un’apertura infinita dell’uno verso l’altro, senza una unione di sopra a tanto soffrire. Questo è il varco attuale della storia.” Non aver attraversato quel varco farà sì che, da lì a qualche anno, ancora una volta – per dirla con Karl Kraus – “personaggi da operetta” avrebbero recitato la tragedia dell’umanità. E la recitano ancora.

mercoledì 7 ottobre 2015

Sulla costituzione ferita, sul lavoro umiliato, nasce il partito della nazione.


Michele Bonforte

Con l’apporto determinante della pattuglia dei senatori di Verdini, Renzi ha disarmato la sinistra interna al PD. C’è una nuova maggioranza che sostiene il governo, che può fare a meno di Bersani e soci. L’ancoraggio a destra del programma di governo e la manomissione della Costituzione ha ormai convinto i più pragmatici del centro destra: se si vuole realizzare quello che la destra propone da anni, bisogna puntare su Renzi.
Molti commentatori hanno calcato la mano sul profilo poco presentabile di questa pattuglia di parlamentari. In effetti in questo cambiar casacca continuo c’è tutto il marciume del trasformismo italiano, e la bassezza di interessi privati che così si vogliono perseguire.
Ma vorrei mettere l’accento sul fatto che questi parlamentari con il loro sostegno a Renzi, rendono credibile il suo progetto: attirare i voti da destra e liberarsi dei gufi a sinistra. Il Partito della Nazione tanto vagheggiato o temuto sta nascendo sotto i nostri occhi. Dalle aule parlamentari si diffonde nel corpo sociale, chiamando a raccolta gli interessi di quelle aree sociali che da decenni, passando dal pentapartito di Craxi, al ventennio di Berlusconi, hanno perseguito i loro interessi calpestando quelli di chi sta peggio. Chi ha lucrato da sempre sulla spesa pubblica o sull’impunità fiscale, vede oggi un approdo che può salvarli da politiche di risanamento morale, economico e sociale del paese che una seria sinistra di governo potrebbe fare.
Renzi, agli occhi di questo blocco sociale, è l’argine contro politiche di sinistra. Il partito della nazione è la trasformazione degli interessi di questo blocco sociale neo-conservatore in programma di governo. L’agenda del Governo Renzi corre veloce per rendersi credibile agli occhi di questi interlocutori. Ruolo sociale del lavoro, carat­tere pub­blico della scuola, riforma della costi­tu­zione e legge elet­to­rale sono il ter­reno di un attacco gene­rale ai diritti dei lavoratori e alla demo­cra­zia par­la­men­tare. In questi giorni Renzi ha aggiunto la cancellazione della tassa sulle case di lusso, una intenzione di normalizzazione della RAI e non mi sorprederebbe vedere nelle prossime settimane un attacco ai contratti nazionali di lavoro ed al diritto di sciopero.

E’ una agenda impressionante, che realizza in pochi anni i sogni più antichi della destra. Ne esce fuori un paese fortemente polarizzato, dove si annuncia una ripresa economica che si costruisce sulla riduzione dei diritti e delle retribuzioni dei lavoratori.
Di fronte a questa dura realtà occorre che chi aspira ad una diversa direzione di marcia si assuma le proprie responsabilità. Vale per chi si attarda da sinistra dentro il PD pensando di poterlo salvare da questa mutazione cromosomica, non accorgendosi di renderla semplicemente più digeribile e presentabile. Vale per la sinistra disarticolata che ad oggi non riesce a darsi un profilo unitario e che è chiamata a dimostrare la propria efficacia come in tanti altri paesi europei.

Questo è il momento delle scelte che fanno la storia.
Tutto il resto, per quanto importante, verrà semplicemente dimenticato.

mercoledì 30 settembre 2015

Sinistra unita ed elezioni locali

Michele Bonforte

L’agenda del Governo Renzi corre veloce. Diritti del lavoro, carat­tere pub­blico della scuola, riforma della costi­tu­zione e legge elet­to­rale sono il ter­reno di un attacco gene­rale ai diritti del lavoro e alla demo­cra­zia par­la­men­tare. A sinistra non pos­siamo più aspettare. So bene che non esi­stono scor­cia­toie e so anche che non basta pensare di som­mare le forze che ci sono. Ma è inimmaginabile proseguire con la fram­men­ta­zione che carat­te­rizza la sini­stra poli­tica ita­liana.

L’unità non basta, ma divisi non c’è sto­ria. Abbiamo biso­gno di aprire al più pre­sto un pro­cesso costi­tuente. Né una fede­ra­zione né un accordo pat­ti­zio, né tan­to­meno una semplice lista elet­to­rale come già è stato senza suc­cesso. Ci vuole un pro­cesso largo e demo­cra­tico nel quale con­fron­tare posi­zioni e punti di vista ma soprat­tutto nel quale rico­min­ciare a cer­care, a discutere e decidere insieme.
Per questo ci vuole una iniziativa dal centro, da Roma, che sia simbolica e che dichiari aperto il processo. L’unificazione dei gruppi parlamentari potrebbe essere questo forte segnale. Ma ci vuole anche una indicazione per i territori, che siano invitati a sperimentare percorsi unitari di base. Nei paesi e nelle città la semplice prassi di convocare assemblee unitarie degli aderenti e dei simpatizzanti potrebbe avviare un reale percorso costituente della nuova sinistra. Ragionando insieme, anche sulle questioni locali, e promuovendo insieme iniziative sul territorio. Ed applicando la semplice regola che si decide democraticamente, una testa un voto.
E’ per questo che le scelte per le prossime elezioni locali in grandi e piccoli comuni non possono essere tenute al di fuori di questo percorso. La valutazione se in determinate realtà, malgrado Renzi, vi siano i presupposti per un accordo di centro sinistra fa fatta in una platea ampia e democratica.
Anzi questa discussione ed il suo esito può essere parte del percorso per la costruzione della nuova sinistra.
Mettere la ricerca di altre importanti ma isolate esperienze di centro sinistra prima e magari contro l'avvio del processo costituente sarebbe per SEL un errore fatale.

martedì 29 settembre 2015

Referendum? Possibile!

Michele Bonforte

Fra poche ore sapremo se i referendum sostenuti da “Possibile” di Civati avranno o meno conseguito il risultato delle 500.000 firme necessarie. Mi pare però ti poter dire che dall’iniziale cono d’ombra le tematiche al centro dei referendum (scuola, lavoro, ambiente e democrazia) hanno cominciato ad attirare l’attenzione. Ed infatti negli ultimi giorni ai banchetti si potevano vedere anche delle file.
Il rischio è di arrivare vicino ma non oltre l’obiettivo, e il decollo della campagna alla fine di settembre sembra dare ragione a chi, fra cui SEL, aveva sostenuto l’esigenza di calendarizzare i referendum in primavera 2016. La differenza fra aver un solo mese o tre mesi di tempo incide sulle firme raccolte e sopratutto sulla possibilità di informare in maniera diffusa.
La precipitazione, e le conseguenze che ne derivano, è l’handicap con cui è partita questa campagna. Ma Civati ha raggiunto due punti che non erano scontati: costruire una rete sul territorio che faccia da sostegno al progetto di “Possibile”, e mettere i contenuti dell’azione politica della sinistra davanti alla discussione sulle forme.
La discussione sul percorso per costruire la nuova sinistra nel nostro paese dovrà tener conto di quanto è accaduto in questi mesi. La sinistra unità si fa facendola e non parlandosi addosso. Una campagna referendaria su temi simili a quelli di Civati è lo strumento indispensabile per rendere evidente la distanza di idee e di programma fra questa nuova sinistra ed il partito della nazione di Renzi.

Se Civati sarà riuscito ad arrivare al traguardo (ed io, come molti di SEL, ho firmato e invitato a firmare) allora questa primavera ci sarà da impostare tutti insieme la campagna elettorale per il SI sui temi referendari. Se invece non si supererà il muro dell’ammissibilità, allora questa primavera sarà il momento giusto per avere tre mesi pieni per raccogliere le firme su referendum con quesiti costruiti con il massimo di condivisione fra movimenti, associazioni, sindacati e parti politiche.

sabato 26 settembre 2015

Vendola: «Renzi ha ucciso il centrosinistra, ora serve una sinistra di Governo»



Ai microfoni di Fanpage.it, il presidente di Sinistra Ecologia Libertà Nichi Vendola tra i promotori del nuovo soggetto politico della sinistra italiana. «Renzi ha ucciso il centrosinistra – dice Vendola – dobbiamo determinare le condizioni di un processo largo che unisca la dimensione politica e sociale, una sinistra di governo non nel senso malato del governismo, ma di una politica utile per i soggetti sociali, per le persone».
Il nuovo soggetto sarà alternativo al Pd sul piano nazionale. Sulle amministative Vendola ricorda che «le alleanze si costruiscono sulla base delle opportunità che si hanno per migliorare la qualita’ della vita delle persone». Il leader di Sel attacca poi Renzi sull’immigrazione: «Ha la responsabilità di aver chiuso Mare Nostrum che salvava le vite delle persone». Mentre sulle unioni civili dice: «Se Renzi non dovesse pagare dazio ad Alfano, forse si potrebbe ragionare su una legge che dia diritti civili più evoluti in Italia».

martedì 22 settembre 2015

Il populista della porta accanto

Michele Bonforte

Non bastava Corbyn in Inghilterra. Adesso ci si mette anche Tsipras, che invece di perdere, come prevedevano lor signori, è tornato a vincere. Allora dagli al populista. I media europei si stracciano le vesti. Lo fa anche Antonio Polito dalle colonne del Corriere della Sera con un articolo smaccatamente intitolato “Con Corbyn si amplia il fronte populista“.
In tanti parlano di populismo, tranne che nessuno sa dire cosa sia. In Italia poi, è quasi un insulto. Il populismo dilaga a sinistra e a destra, ma nessuno ne chiarisce i contorni. Comprensibilmente, perché è storicamente arduo definire il populismo (fate un salto su wikipedia o sua una buona enciclopedia per verificare).
Mi pare invece più facile definire cosa vogliono quelli che hanno in odio il populismo. La definirei la religione liberista, con i suoi cantori e suoi officianti. Per questa parte (che si potrebbe definire elitista??) c’è una sola via che conduce alla gestione ottimale della società, ed è quella che affida più decisioni possibili ai mercati. Malgrado il clamoroso patatrac di una crisi economica e sociale che dura da 8 anni, con milioni di disoccupati, meno diritti e retribuzione ai lavoratori, un disordine mondiale che causa guerre e migrazioni bibliche, ecc. la ricetta che viene propinata è sempre la stessa. E se il popolo che subisce le conseguenze delle decisioni dei mercati si permette di dire che non va bene, allora è populista (ma può il popolo essere populista?).

lunedì 21 settembre 2015

Il Colosseo, il lavoro e la sua remunerazione.

Michele Bonforte

Sono un lavoratore della scuola, e dunque lavoro in un settore da tempo inserito nei servizi pubblici essenziali. Sono anche padre di due figli che vanno a scuola. Vedo dunque la questione dai due i lati: come lavoratore e come utente.
Come lavoratore mi ricordo di aver partecipato in questi anni ad alcune assemblee sindacali e ad alcuni scioperi. Non mi sono mai preoccupato di informare gli utenti poiché sono i dirigenti scolastici che hanno il compito di informare l’utenza su eventuali interruzioni del servizio. E difatti come genitore, regolarmente, vengo informato sulle eventuali variazioni del servizio che coinvolga i miei figli, in genere con un foglietto informativo consegnato alcuni giorni prima dell’eventuale assemblea o sciopero.
Dubito dunque che sia compito dei lavoratori o dei sindacati informare gli utenti dei musei e dei siti archeologici su assemblee o scioperi, ne la cosa cambierà di molto con l’inserimento del settore cultura nei servizi pubblici essenziali.
I dirigenti, nel caso del Colosseo, erano da giorni a conoscenza dell’assemblea regolarmente autorizzata, e non hanno ritenuto utile informare gli utenti in modo che fossero consapevoli dei disagi che avrebbero affrontato.
Per cui forse più che attaccare i lavoratori bisognerebbe chiedere a questi dirigenti cosa stessero li a fare! Ma tantè il livore del governo Renzi contro i lavoratori che agiscono collettivamente ha bisogno solo di una semplice scusa per esondare sulla stampa. Con uno slittamento semantico da neolingua orweliana, abbiamo assistito alla trasformazione di una assemblea in uno sciopero, e dello stesso ad una azione criminale!
I media, con rare eccezioni, si sono accodati alla campagna governativa contro i custodi del Colosseo, omettendo di dire cosa fosse realmente successo. Tali custodi si sono riuniti in assemblea (regolarmente autorizzata dai dirigenti) per discutere se era il caso di dichiarare uno sciopero in Ottobre, per ottenere il pagamento degli straordinari effettuati ormai da un anno.
Abbiamo dovuto aspettare l’intervento di un intellettuale della levatura di Flavio Briatore per veder sostenuto un principio banale: chi lavora va pagato, e se volete ridurre gli straordinari basta assumere altri dipendenti.

lunedì 14 settembre 2015

Nonostante tutto, la nonviolenza è in cammino. A piedi scalzi e in Parlamento

di Pasquale Pugliese

I piedi servono per camminare, per correre, per andare incontro; sui piedi delle persone camminano le civiltà. Ma i piedi possono anche servire a dare calci e fare sgambetti – in un impeto di puro e gratuito odio – a chi fugge dalla guerra con un bambino in braccio… Lo scorso 11 settembre, in Italia, i piedi di donne e uomini hanno percorso le strade delle nostre città. Hanno marciato scalzi, in segno di condivisione, di pace, di accoglienza, ma anche in segno di umiltà. L’umiltà che manca all’Europa che respinge in mare e sui fili spinati quell’umanità disperata che cerca rifugio dalla “terza guerra mondiale diffusa” (come la definisce significativamente papa Francesco), nei cui confronti l’Europa ha enormi responsabilità.

martedì 8 settembre 2015

Jobs Act: non accettare cellulari da sconosciuti

Michele Bonforte
Oscurata dalla vicenda dei profughi, i media hanno dato poca visibilità ai decreti attutativi del jobs act riguardanti il controllo a distanza dei lavoratori.
Purtroppo pagheremo molto cara questa disattenzione, se non si porrà rimedio nei prossimi giorni. I peggiori timori per la scomparsa della privacy da parte di fette sempre più consistenti dei lavoratori, sono stati confermati. E’ passata la concezione che definirei del “lavoratore di vetro”, trasparente ed ignaro del controllo pervasivo sulla sua vita e sulla sua presenza on line.
Da oggi qualunque strumento di comunicazione che l’azienda fornisce potrà essere impiegato per monitorare il lavoratore. Non solo i computer (scagli la prima pietra chi ogni tanto non consulta la propria posta elettronica o profilo social) ma anche smartfone e tablet, dispositivi che per loro natura sono tracciabili geograficamente.
Ogni datore di lavoro dovrà solo sincerarsi di aver informato il lavoratore che lo strumento è tracciabile, e da quel momento avrà accesso legittimo ai dati prodotti da quei dispositivi.
La “trasparenza” forzata dei lavoratori viene fatta mentre invece si discute di restringere l’uso delle intercettazioni nelle indagini per i tipici reati dei colletti bianchi. Da un lato i lavoratori sono nudi davanti allo sguardo del proprio datore di lavoro, dall’altro si cerca di bendare quei magistrati che si permettono di svelare traffici e comunicazioni criminali.
Il vaso di Pandora del jobs act non smette di stupire.
Ma forse oggi può mantenere la promessa di creare nuovo lavoro. Quello di chi sarà pagato per gestire i sistemi di controllo e monitoraggio dei lavoratori.
Un consiglio per tutti: non accettare cellulari, tablet o smartwacth da sconosciuti.