mercoledì 4 novembre 2015

Fuga dal partito della nazione. D'Attorre, Galli e Folino lasciano il Pd.

Michele Bonforte

La consapevolezza che siamo ad un tornante storico, della cesura che rappresenta Renzi nella storia della sinistra, si diffonde sempre più. Mi pare interessante segnalare gli argomenti di chi, avendo resistito fino all’ultimo, oggi trova le parole per dare il senso di una scelta, quella di uscire dal PD, che è comunque la sconfitta di un progetto e di una propria storia personale. 

Alfredo D’Attorre ha rilasciato una intervista a Repubblica in cui risponde alla domanda sul perché non sia rimasto per opporsi alla segreteria Renzi aspettando il congresso nel 2017.
"Perché il Pd ha subìto un riposizionamento completo e una mutazione genetica. E' una forza centrista che finisce per guardare più volentieri verso settori della destra che a sinistra ed è illusorio pensare che sarà soltanto una parentesi. Il Pd non è il Labour o l'Spd, non ha 100 anni di storia, quelli che ti permettono di passare dalla stagione di Blair all'epoca di Corbin. Ha pochi anni di vita, è per la prima volta al governo e quello che fa adesso lascerà un segno indelebile. La discontinuità di Renzi è qualcosa di diverso da una normale alternanza tra segretari".
E alla domanda su cosa fare alle prossime elezioni comunali risponde:
“Dove c’è la possibilità di aprire un confronto [con il Pd] noi ci saremo, dove si realizzerà il partito della Nazione la sinistra esprimerà un candidato alternativo”. In caso di ballottaggio, la scelta potrà cadere sul Movimento Cinque Stelle.

In poche righe vi sono le sfide che si pongono a chi, come noi di SEL, intende percorrere la strada della ricostruzione di una forza politica di sinistra in Italia.
La storia del PD sembra concludersi nella nascita di una forza centrista, che cerca di rappresentare gli interessi dei ceti sociali che da decenni sono stati il serbatoio del consenso della DC e di Berlusconi.
Questa involuzione potrebbe aprire un ciclo neoconservatore lungo o, ancora peggio, spingere i ceti popolari nelle braccia di un nascente polo reazionario a destra, come avviene già in altri paesi europei.
Per questo la sinistra deve stare fuori dal PD, e costruire una offerta politica ad esso alternativa lavorando alla sconfitta del renzismo. E siccome siamo in un sistema politico maggioritario, quando saremo chiamati a scegliere in un ballottaggio (vuoi che sia per i comuni, vuoi che sia per il governo del paese) fra candidati del PD e del M5S, sceglieremo a partire dai programmi, privileggiando chi da risposte ai problemi sociali, a quelli ambientali, ai diritti civili, all’emergenza democratica.

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