sabato 4 maggio 2013

Israele: Negoziati di pace

Giunge, in questi giorni, la nuova proposta di Beniamin Netanyahu per una ripresa del dialogo sui negoziati di pace. La proposta è alquanto strana, in quanto si propone insieme alla decisione di continuare la realizzazione di insediamenti in territorio arabo. È un po’ come tentare di mettere insieme l’acqua e il fuoco. Chi vive in Palestina-Israele, specialmente nei territori occupati, sa benissimo che non è possibile un accordo sui due stati senza la cessazione degli insediamenti, ma anche senza un ritiro unilaterale d’Israele dal West Bank, i territori occupati. Tentativi come questi, con inviati internazionali per sostenere i colloqui, sono in atto da decenni senza alcun frutto concreto: un tragico balletto che si ripete da decenni. Chi vive in Israele, come pure chi vive nei territori occupati, lo sa benissimo. La strategia delle varie amministrazioni israeliane che si sono succedute dal 1948 ad oggi, esclusa forse l’amministrazione di Moshe Sharett (1953-1955), è molto evidente dalla cartina, che visualizza il territorio in mano all’autorità palestinese nei vari periodi dal 1948 ad oggi.
 
Tutto questo porta le rispettive parti che sperano nella pace, israelana e palestinese, solamente alla costatazione di uno status quo che dura ormai da troppo tempo. La pace si farà con uomini nuovi, ma solo se vi sarà il ritiro unilaterale israeliano dai territori occupati. Il presidente americano Barack Obama sembra saperlo benissimo, si è infatti rifiutato di parlare alla Knesset (il parlamento israeliano) mentre ha voluto parlare ai giovani israeliani, ai quali ha chiesto di vedere il futuro con “gli occhi di una bimba di Gaza”.

Baruch ha Sofèr

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