
Ho incontrato per la prima volta don Andrea Gallo ormai molti anni fa. Mi chiamarono nella Bassa, se non ricordo male a Luzzara, per coordinare un dibattito al quale, tra altri ospiti, partecipava anche lui. Allora, il don era già conosciuto come personaggio anticonformista e battagliero, come prete decisamente schierato a sinistra, ma non ancora famoso e amato come sarebbe diventato in seguito.
A quella serata insieme, nel corso degli anni, ne sono seguite altre. Una a Bagnolo, mi pare all’inizio del 2003, comunque poco prima che in marzo Bush scatenasse la guerra in Iraq. Contro quella guerra, basata su motivazioni clamorosamente false, si sviluppò un grande movimento pacifista, al quale don Gallo naturalmente partecipò in prima fila. Anche a Bagnolo si costituì un comitato contro la guerra, che lo invitò ad una manifestazione in teatro. Io avevo il compito di coordinare la manifestazione, alla quale venne anche Tara Gandhi, nipote del Mahatma Gandhi. Ma Gallo fu il vulcanico protagonista. Dopo, andammo a mangiare nella gelateria K2 e continuammo a conversare a lungo. Ripartì per Genova a tarda ora, quasi trascinato da uno dei “suoi” ragazzi della comunità San Benedetto al Porto, che gli faceva da autista.
Ci ritrovammo il 17 febbraio 2011 al Teatro Pedrazzoli di Fabbrico, in occasione del “Mese della memoria e della legalità” che quella amministrazione comunale e l’Anpi organizzano ogni anno. Avevo (teoricamente) il compito di intervistarlo, ma sapevo già che si trattava di una missione impossibile. Le serate pubbliche con il don, infatti, erano diventate veri e propri “spettacoli”, a volte accompagnati da un gruppo musicale di supporto. Anche a Fabbrico c’era un gruppo musicale, che doveva fare qualche intermezzo con pezzi di Fabrizio De Andrè. Riuscì a suonare solo pochi minuti, prima che il don cominciasse a parlare e dopo che ebbe finito. Allo stesso modo, al teorico intervistatore fu possibile soltanto introdurre e concludere l’incontro. In mezzo, due ore di trascinante monologo. Anche quella volta, la serata proseguì a lungo, in casa di un ospitale fabbricese, attorno a un piatto di cappelletti, dei quali Gallo era ghiotto. E anche quella volta, parlando di tante cose, si fece tardissimo prima che il don e il suo fedele autista riprendessero la strada verso Genova.
Infine, l’ultimo incontro. E’ cronaca recente, risale a pochi mesi fa. Gallo tornò a Bagnolo il 19 novembre scorso, invitato dal comitato per i diritti umani. Ci ritrovammo, io e lui, sul palco del Teatro Gonzaga - Ilva Ligabue, insieme Katia Pizzetti e a Vittorio Barbanotti, animatori del comitato e promotori dell’iniziativa. Il don mi sembrò fisicamente più provato, forse già non stava bene, comunque era pur sempre un uomo di 84 anni che non si risparmiava, che girava e si impegnava continuamente. Nonostante ciò, fu il solito un fiume in piena, occupò tutto il tempo e tutto lo spazio a disposizione. Giusto così, la gente era lì per ascoltare lui. Come sempre, finito l’incontro pubblico, facemmo tardi con un gruppo di amici, questa volta al Maki Pub.
Era il periodo delle primarie per l’elezione del candidato premier del centrosinistra. Attorno all'immancabile piatto di cappelletti - citazione d’obbligo per la cuoca di turno, l’assessore comunale Mara Bertoldi - parlammo di politica e di sinistra. “Io andrò a votare per Nichi Vendola – ci disse Gallo – conosco Nichi da tanto tempo, è importante che ottenga un buon consenso perché rappresenta gli ideali e i temi della sinistra”. Gli chiedemmo allora se potevamo inserirlo “ad honorem” nel comitato che anche a Bagnolo si era costituito per sostenere Vendola. “Va bene – rispose – tanto lo sanno tutti come la penso”. Poi via, nel cuore della notte, verso la sua Genova.
Non ci sarà una prossima volta. Nemmeno per quella intervista “vera” che mi prometteva quando mi lamentavo perché, sul palco, era impossibile interrompere i suoi monologhi. “Vieni a trovarmi in comunità – mi rispondeva – così mi fai tutte le domande che vuoi”. In verità, attraverso le sue parole e il suo esempio di vita, Gallo ha già risposto a tutte le domande possibili. Ma sarebbe stata sicuramente un’altra bella occasione per imparare qualcosa da lui. Ho aspettato troppo, colpa mia. Ciao don, grazie per tutto quello che hai fatto. Riposa in pace.
Stefano Morselli