Nel dibattito che si è sviluppato all'interno del PD all'indomani delle elezioni politiche, per giungere sino alle fasi cruciali di questi giorni, è stato colpevolmente rimosso un passaggio di cruciale rilevanza: l'elaborazione di un giudizio politico sull'esperienza del governo Monti. I più audaci si sono limitati ad osservare che il PD ha pagato un prezzo altissimo nel sostenere quell'esperienza e che, tuttavia, quello era il conto salato della responsabilità. Il dizionario della lingua italiana alla voce responsabilità recita: la condizione di dover rendere conto di atti o avvenimenti in cui si ha un ruolo determinante. Ecco perché la rimozione operata dal gruppo dirigente del PD circa l'operato del governo Monti è, a mio avviso, una condotta non propriamente definibile come responsabile. Bisogna avere dunque il coraggio di guardare in faccia la realtà, a cominciare dalla condizione economia e sociale del paese.
Nel corso del 2012, e sino ad oggi, in Italia è cresciuta la disoccupazione e con essa la disperazione e l'aggressività tra fasce sociali crescenti; le famiglie hanno sempre più eroso i propri risparmi per poter sopravvivere mentre alle piccole e medie imprese viene negata dalle banche ogni linea di credito; il debito pubblico anziché diminuire o stabilizzarsi è aumentato di diversi punti; la forbice della disuguaglianza non ha registrato alcuna riduzione. A fronte di tutto questo perché sospendere il giudizio sul governo Monti? Non rendere conto del proprio operato, soprattutto quando si commettono errori, è sintomo di irresponsabilità. Non può ritenersi un fatto casuale che la cosiddetta agenda Monti, a cui troppa centralità è stata data in campagna elettorale, sia stata spazzata via dagli elettori. Gli italiani vogliono un cambiamento sostanziale nelle politiche economiche e sociali, ecco perché non vi è, nel sentire comune, alcuna agibilità politica per ipotesi di governissimi o larghe intese con il PdL. Non sono solo i disastri prodotti sul piano economico dal governo Monti, e quindi dalla grande coalizione che lo ha sostenuto, a dimostrare questo ma, soprattutto, la volontà espressa dalla larga maggioranza dei cittadini italiani che ha spezzato ogni possibile continuità con le politiche di austerità degli ultimi anni. Da assessore alle politiche sociali potrei dimostrare in ogni momento come l'impatto maggiore dei tagli ai trasferimenti statali così come ai fondi sociali gestiti dai Comuni abbia coinciso con l'azione del governo Monti.
Credo pertanto che il PD, soprattutto a livello locale, farebbe bene ad interrogarsi sul costo politico e sociale che avrebbe ogni ipotesi di larghe intese con il PdL per il governo del Paese. Sarebbe uno schiaffo insopportabile per gli elettori del centrosinistra, per tutti coloro che auspicano una qualche forma di cambiamento, per chi spera in una politica pulita e rinnovata. Se si decidesse di ignorare tutto questo sanciremmo non solo la fine storica e politica del centrosinistra ma dimostreremmo una distanza grave e preoccupante dalla vita e dal pensiero di tutti e tutte coloro che ogni giorno si alzano e, nonostante tutto, muovono e reggono il nostro Paese. Se il PD dovesse, per il solito senso di responsabilità, avallare un nuovo governo con il PdL per il sottoscritto, e credo anche per altri, si imporrebbero scelte chiare e non di comodo in relazione al proseguo dell'esperienza amministrativa. Non esiste buona amministrazione in assenza di buona politica dai saldi valori. E possibile allargare lo spazio dei democratici e dei progressisti soltanto ripartendo dai dodici principi fondamentali della Carta costituzionale, non da scorciatoie di palazzo che impoverirebbero ulteriormente il Paese e la stessa classe politica. Affinché anche la nostra città non sia avvinta da sentimenti di apatia ed indifferenza o da attrazioni qualunquiste e populiste è bene recuperare un punto di vista autonomo sul mondo, capace di riscoprire il piacere e la bellezza di parole come lavoro, uguaglianza e diritti.
Nel corso del 2012, e sino ad oggi, in Italia è cresciuta la disoccupazione e con essa la disperazione e l'aggressività tra fasce sociali crescenti; le famiglie hanno sempre più eroso i propri risparmi per poter sopravvivere mentre alle piccole e medie imprese viene negata dalle banche ogni linea di credito; il debito pubblico anziché diminuire o stabilizzarsi è aumentato di diversi punti; la forbice della disuguaglianza non ha registrato alcuna riduzione. A fronte di tutto questo perché sospendere il giudizio sul governo Monti? Non rendere conto del proprio operato, soprattutto quando si commettono errori, è sintomo di irresponsabilità. Non può ritenersi un fatto casuale che la cosiddetta agenda Monti, a cui troppa centralità è stata data in campagna elettorale, sia stata spazzata via dagli elettori. Gli italiani vogliono un cambiamento sostanziale nelle politiche economiche e sociali, ecco perché non vi è, nel sentire comune, alcuna agibilità politica per ipotesi di governissimi o larghe intese con il PdL. Non sono solo i disastri prodotti sul piano economico dal governo Monti, e quindi dalla grande coalizione che lo ha sostenuto, a dimostrare questo ma, soprattutto, la volontà espressa dalla larga maggioranza dei cittadini italiani che ha spezzato ogni possibile continuità con le politiche di austerità degli ultimi anni. Da assessore alle politiche sociali potrei dimostrare in ogni momento come l'impatto maggiore dei tagli ai trasferimenti statali così come ai fondi sociali gestiti dai Comuni abbia coinciso con l'azione del governo Monti.
Credo pertanto che il PD, soprattutto a livello locale, farebbe bene ad interrogarsi sul costo politico e sociale che avrebbe ogni ipotesi di larghe intese con il PdL per il governo del Paese. Sarebbe uno schiaffo insopportabile per gli elettori del centrosinistra, per tutti coloro che auspicano una qualche forma di cambiamento, per chi spera in una politica pulita e rinnovata. Se si decidesse di ignorare tutto questo sanciremmo non solo la fine storica e politica del centrosinistra ma dimostreremmo una distanza grave e preoccupante dalla vita e dal pensiero di tutti e tutte coloro che ogni giorno si alzano e, nonostante tutto, muovono e reggono il nostro Paese. Se il PD dovesse, per il solito senso di responsabilità, avallare un nuovo governo con il PdL per il sottoscritto, e credo anche per altri, si imporrebbero scelte chiare e non di comodo in relazione al proseguo dell'esperienza amministrativa. Non esiste buona amministrazione in assenza di buona politica dai saldi valori. E possibile allargare lo spazio dei democratici e dei progressisti soltanto ripartendo dai dodici principi fondamentali della Carta costituzionale, non da scorciatoie di palazzo che impoverirebbero ulteriormente il Paese e la stessa classe politica. Affinché anche la nostra città non sia avvinta da sentimenti di apatia ed indifferenza o da attrazioni qualunquiste e populiste è bene recuperare un punto di vista autonomo sul mondo, capace di riscoprire il piacere e la bellezza di parole come lavoro, uguaglianza e diritti.
Matteo Sassi