giovedì 27 dicembre 2012
martedì 25 dicembre 2012
Candidature di Reggio Emilia per le primarie del 30 Dicembre 2012 nelle liste di “Sinistra Ecologia Libertà” Emilia Romagna
Camera dei Deputati
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Cinzia Terzi
tel: 3286926560 mail: cinziaterzi@libero.it47 anni, nata a Fabbrico, residente a Correggio.
Insegnante di
Scuola dell’Infanzia.
Il suo impegno sociale è prevalentemente volto alla cooperazione internazionale. Dal 1995 segue la questione del popolo Sahrawi esiliato nel deserto algerino dopo l’occupazione del Sahara Occidentale da parte del Marocco. E’ stata fondatrice e animatrice dell’Associazione Jaima Sahrawi che, nel corso degli anni, ha organizzato iniziative di concreta solidarietà e aiuto ai sahrawi che vivono nei campi profughi e nei territori occupati dal Marocco. Nell’associazione ha inoltre promosso una costante opera di sensibilizzazione verso, cittadini, amministratori pubblici e istituzioni nazionali e internazionali. In questo ambito, nel 2007 è intervenuta alla IV Commissione delle Nazioni Unite per sostenere il diritto all’autodeterminazione del popolo sahrawi. Dal 2002 al 2007 è stata coordinatrice delle associazioni emiliano romagnole di solidarietà con il popolo sahrawi.
Il suo impegno sociale è prevalentemente volto alla cooperazione internazionale. Dal 1995 segue la questione del popolo Sahrawi esiliato nel deserto algerino dopo l’occupazione del Sahara Occidentale da parte del Marocco. E’ stata fondatrice e animatrice dell’Associazione Jaima Sahrawi che, nel corso degli anni, ha organizzato iniziative di concreta solidarietà e aiuto ai sahrawi che vivono nei campi profughi e nei territori occupati dal Marocco. Nell’associazione ha inoltre promosso una costante opera di sensibilizzazione verso, cittadini, amministratori pubblici e istituzioni nazionali e internazionali. In questo ambito, nel 2007 è intervenuta alla IV Commissione delle Nazioni Unite per sostenere il diritto all’autodeterminazione del popolo sahrawi. Dal 2002 al 2007 è stata coordinatrice delle associazioni emiliano romagnole di solidarietà con il popolo sahrawi.
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Guido Giarelli
54 anni nato a Bozzolo (MN), residente a Quattro Castella.
Laureato in Scienze Politiche, ha svolto attività di ricerca e formazione in svariati paesi africani (Kenya, Tanzania, Mozambico, Eritrea, Senegal) nell’ambito della cooperazione internazionale. Dopo aver conseguito il dottorato in Antropologia medica presso l’Università di Londra nel 1994, è divenuto ricercatore presso l’Università di Bologna e dal 2006 è professore associato di Sociologia generale presso l’Università “Magna Græcia” di Catanzaro. Ha ricoperto diversi incarichi istituzionali nell’ambito di società scientifiche nazionali e internazionali. Svolge attività di consulenza per enti pubblici e aziende sanitarie
con particolare riguardo al ruolo del cittadino nei servizi sanitari e alla governance dei sistemi sanitari
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Pasquale Pugliese
tel:
370 3247365 mail: puglipas@gmail.com
44 anni, nato a Tropea, residente a Reggio Emilia.
44 anni, nato a Tropea, residente a Reggio Emilia.
Da sempre
impegnato nel movimento per la pace, è obiettore di coscienza al
servizio militare, laureato in filosofia e formatore. Ha svolto per
molti anni l’educatore e poi il supervisore nei Servizi educativi
del Comune di Reggio Emilia. Oggi si occupa di politiche giovanili e
cura la formazione generale dei volontari del Servizio Civile
Nazionale sui temi della difesa civile della Patria. Fa parte
della segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e collabora a
giornali e riviste, tra le quali "Azione nonviolenta”, rivista
fondata da Aldo Capitini. A Reggio Emilia, dove ha scelto di vivere,
dopo aver partecipato negli anni a reti e coordinamenti per la pace
ed animato iniziative politiche e culturali, ha contribuito a fondare
la Scuola di Pace. Oggi è impegnato attivamente, anche sul piano
nazionale, nella campagna per il disarmo e contro i cacciabombardieri
F-35. Sui temi della non violenza e del disarmo militare e culturale
cura il blog http://pasqualepugliese.wordpress.com e collabora al
blog di SEL Reggio Emilia. E' papà di due bambine.
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Yuri Torri
Tel: 3287375974 mail: yuri.torri@gmail.com
31
anni, nato a Castelnovo nè Monti. Residente a Casina.
Lavora come
impiegato a Formigine (MO).
Ha conseguito la Laurea specialistica in Scienze Internazionali e Diplomatiche nel 2005 all'Università di Bologna (sede di Forlì), con una Tesi in Storia dell'America del Nord sui rapporti tra Italia e Stati Uniti negli anni settanta. Negli anni dell'Università ha collaborato anche con il quotidiano La Gazzetta di Reggio, occupandosi di cronaca locale. Ha poi pubblicato alcuni contributi di taglio storico su alcuni periodici locali, tra cui Quaderni storici sarzanesi, dove si interessa di testimonianze relative al periodo della Resistenza. Nel 2012 è stasta pubblicata una piccola raccolta di suoi racconti. Iscritto all'ANPI e a Sinistra Ecologia e Libertà. Dal 2006 è Consigliere Comunale a Casina, e fino al 2011 ha ricoperto anche la carica di Assessore a Turismo, Attività Produttive e Politiche Giovanili. Da luglio 2012 fa parte del Coordinamento provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà.
Ha conseguito la Laurea specialistica in Scienze Internazionali e Diplomatiche nel 2005 all'Università di Bologna (sede di Forlì), con una Tesi in Storia dell'America del Nord sui rapporti tra Italia e Stati Uniti negli anni settanta. Negli anni dell'Università ha collaborato anche con il quotidiano La Gazzetta di Reggio, occupandosi di cronaca locale. Ha poi pubblicato alcuni contributi di taglio storico su alcuni periodici locali, tra cui Quaderni storici sarzanesi, dove si interessa di testimonianze relative al periodo della Resistenza. Nel 2012 è stasta pubblicata una piccola raccolta di suoi racconti. Iscritto all'ANPI e a Sinistra Ecologia e Libertà. Dal 2006 è Consigliere Comunale a Casina, e fino al 2011 ha ricoperto anche la carica di Assessore a Turismo, Attività Produttive e Politiche Giovanili. Da luglio 2012 fa parte del Coordinamento provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà.
Senato della Repubblica
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Mara
Bertoldi
tel: 339 8531132 mail: messoriluigi@libero.it
52 anni, residente a Bagnolo.
Assessore Politiche Ambientali ed Agricole, Attività Produttive di Bagnolo. Animatrice delle attività didattiche sull’Unione europea presso il Laboratorio Europa® di EUROPE DIRECT - Carrefour europeo Emilia ed esperta in politiche dell’Unione europea in materia di salute, sicurezza alimentare e tutela dei consumatori.
Docente presso enti di formazione.
Assessore Politiche Ambientali ed Agricole, Attività Produttive di Bagnolo. Animatrice delle attività didattiche sull’Unione europea presso il Laboratorio Europa® di EUROPE DIRECT - Carrefour europeo Emilia ed esperta in politiche dell’Unione europea in materia di salute, sicurezza alimentare e tutela dei consumatori.
Docente presso enti di formazione.
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Sebastiano Milazzo
tel:
3311269115 mail:
songmi56@gmail.com
56 anni, residente a Reggio Emilia.
56 anni, residente a Reggio Emilia.
Siciliano di
nascita, da 46 anni emiliano d’adozione. Funzionario del Comune di
Reggio Emilia dove si occupa di cittadinanza attiva e di rapporto col
mondo del volontariato. Dopo anni di attività come bibliotecario nei
comuni di Casalgrande e Reggio, nel 1992 viene eletto delegato
sindacale per la Funzione Pubblica CGIL al Comune di Reggio. In
seguito è distaccato alla CGIL in qualità di responsabile per la
Funzione Pubblica per le zone di Scandiano e Reggio. Dal 2001 è
eletto Segretario Provinciale FP CGIL fino al 2009. In seguito è per
1 anno nella segreteria provinciale del sindacato della conoscenza
della CGIL. Nel 2010 rientra in Comune a Reggio e nel 2012 è eletto
nella Rappresentanza Sindacale Unitaria dell’Ente per la CGIL. Dal
2010 è Coordinatore cittadino per Sinistra Ecologia e Libertà.
sabato 22 dicembre 2012
Quando si dice la coerenza...
Il magistrato Antonio Ingroia, probabile leader di una lista arancione alle elezioni politiche, dice: "Da questa assemblea di oggi io chiedo un confronto con il segretario del Pd Bersani e chiedo un confronto senza pregiudizi. Lo chiedo perché conosco molte personalità del Pd che hanno le mie idee". Per aver proposto praticamente le stesse cose, Vendola è stato aspramente criticato da diversi promotori della medesima lista arancione, i quali ritengono - o forse ritenevano fino a ieri - che sia impossibile anche solo pensare a una intesa con il Pd. Morale della favola: se lo dice Vendola, vade retro: se lo dice Ingroia, applausi scroscianti. Quando si dice la coerenza.
Stefano Morselli
Stefano Morselli
venerdì 21 dicembre 2012
Solo con il disarmo si esce dalla crisi
Ecco un importante documento del Movimento Nonviolento in vista delle prossime elezioni politiche, rivolto ai partiti e movimenti politici Sel, Idv, Verdi, Radicali, Prc, Pdci, Ecologisti e Civici, Cambiare si può, Io ci sto, Lista civica italiana, Movimento Arancione, M5S . Ossia a quelle liste e a quei partiti che hanno introdotto i temi “pace e disarmo” nei loro programmi. Sono esclusi quei partiti che già hanno risposto negativamente con i fatti, votando in Parlamento a favore della Legge-delega di riforma dello strumento militare, compreso il programma di acquisto dei cacciabombardieri F35. Anche in vista delle primarie di SEL, credo sia utile riportarlo integralmente. (Pasquale Pugliese)
Avanziamo tre richieste politiche chiare e nette ai partiti che si candidano a governare e a coloro che si candidano alla Camera e al Senato. Questi sono punti fondamentali del programma politico nonviolento, l’unico che possiamo sostenere.
1. Svuotare gli arsenali e riempire i granai: ridurre drasticamente la spesa militare, operando una scelta di disarmo unilaterale, nucleare e convenzionale, nella misura della riduzione del 10% delle spese militari per ciascun anno di legislatura (a favore di sicurezza interna e protezione civile);
2. Ripudiare la guerra e non la Costituzione: ritirare le truppe italiane dall’Afganistan e usare le risorse risparmiate a beneficio del Servizio Civile Nazionale, per la costruzione della difesa civile non armata e nonviolenta, come previsto dal nostro ordinamento;
3. Costruire la vera sicurezza: rinunciare al programma d’acquisto dei cacciabombardieri F-35 e investire le risorse salvate in politiche educative e sociali, lanciando un programma nazionale di educazione alla pace ed alla trasformazione nonviolenta dei conflitti.
Chiediamo ai partiti che nel proprio programma hanno introdotto i temi della pace e del disarmo, e che desiderano un confronto costruttivo, di pronunciarsi su queste precise richieste.
Da parte nostra non vogliamo limitarci a pretendere impegni dagli altri, ma siamo disponibili ad assumerci delle responsabilità anche dirette. Nelle associazioni nonviolente e pacifiste vi sono competenze, intelligenze, esperienze capaci di esprimersi egregiamente anche sul piano politico. I militari hanno imposto un loro uomo al vertice del Ministero della Difesa. Noi offriamo la disponibilità di queste amiche ed amici della nonviolenza a portare direttamente nel Parlamento il programma politico nonviolento. Per realizzarlo ci vogliono persone (donne e uomini, giovani e adulti) della società civile, gente comune che ha costruito la propria credibilità sui territori, di dichiarata competenza ed evidente rappresentanza.
Questo è il momento in cui le dichiarazioni e gli impegni si devono tradurre in atti politici, anche attraverso la qualità delle candidature al Parlamento.
Solo pochi giorni fa in Italia abbiamo assistito alla resa della democrazia parlamentare alla sovranità militare, con la delega per la riforma delle Forze Armate ad un ammiraglio/ministro il cui compito sarà impedire ogni taglio di risorse, e garantire nuovi investimenti sugli armamenti. L’unico disvalore ripudiato dal Patto Costituzionale – la guerra – viene strenuamente sostenuto, con il consenso della maggioranza parlamentare.
Non ci possono essere giustificazioni di alcun tipo per chi nei dibattiti dichiara politiche di pace e poi in Aula vota a favore delle spese militari. Non c’è politica realista che tenga, ragioni di Stato o disciplina di partito, non valgono le strategie politiche per evitare il peggio… arriva un punto in cui, come dice il Vangelo, le parole devono essere “sì, sì” oppure “no, no”.
Noi non vogliamo sgomitare, non gridiamo invettive, non cerchiamo protagonismi, rimaniamo ancorati alla nostra dimensione di movimento, mettiamo però ugualmente la nostra storia e il nostro pensiero/azione a disposizione di un progetto politico nonviolento perché sappiamo che solo con il disarmo (militare, finanziario, culturale, verbale) si potrà uscire dalla crisi.
Ora tocca a voi dare una risposta.
Gli "arancioni" al bivio
Ho letto il manifesto “Io ci sto”, che dovrebbe costituire la base per il varo della lista elettorale cosiddetta “arancione”. E’ un testo sul quale, personalmente, troverei difficile esprimere un qualche disaccordo. Di più: troverei difficile individuare punti di disaccordo significativo con la sostanza dei contenuti sui quali Nichi Vendola ha caratterizzato la propria partecipazione alle recenti primarie del centrosinistra, e più in generale, con la sostanza dei contenuti che caratterizzano la presenza politica di Sinistra Ecologia Libertà.
C’era allora bisogno di far nascere un ulteriore polo elettorale? C’era bisogno – sostengono alcuni promotori – perché quei contenuti sono incompatibili con il Pd e quindi non è possibile una alleanza che comprenda il Pd. Poi, però, leggo sui giornali che altri promotori sarebbero invece al lavoro per verificare la possibilità di intese con il centrosinistra, in particolare con il Pd. “Questo processo aggregativo – dice ad esempio Oliviero Diliberto, segretario del Pdci - rappresenterà un valore aggiunto essenziale. Riteniamo essenziale costruire le condizioni per il confronto con la coalizione di centrosinistra: il campo dei progressisti deve allargarsi”. Lodevoli propositi, che – guarda un po’ – assomigliamo molto a quelli enunciati da Nichi Vendola quando ha deciso di presentarsi alle primarie, appunto per favorire una aggregazione a sinistra anche “competitiva” nei confronti del Pd, pur in una prospettiva di unità del centrosinistra.
C’era allora bisogno di far nascere un nuovo polo elettorale? E se sì, per fare che cosa: contrapporsi alla coalizione di centrosinistra perché non ci si può alleare con il Pd, o al contrario confrontarsi con il centrosinistra per allargare il campo dei progressisti? Vedremo se domani, dall’incontro degli “arancioni” a Roma, uscirà qualche risposta chiara. Che non sia, meramente, il tentativo di strappare qualche frazione di punto a Sel per fare a gara su chi è “più di sinistra”, magari dentro uno scenario di comune sconfitta. Se, invece, come è auspicabile, prevarrà l'idea di "allargare il campo dei progressisti", a me pare che ne uscirebbe una conferma sostanziale (ancorchè un po' paradossale) della scelta compiuta da Sel.
Stefano Morselli
Stefano Morselli
giovedì 20 dicembre 2012
L’INSICUREZZA DEL LAVORO E NEL LAVORO - GIOVANI E PRECARIETA’
di Algo Ferrari
Per affrontare il tema dell'insicurezza dell'individuo in relazione al lavoro occorre anzitutto considerare la grave situazione socio-economica che deriva dall'epocale crisi che stiamo attraversando in Europa e, nello specifico, in Italia oggi. Continuano ad aumentare drammaticamente i poveri: il rischio di povertà ed esclusione sociale è sempre più alto: una persona su tre. Secondo i più recenti dati (Istat – Inps e Ministero del Lavoro) solo il 19% dei nuovi contratti di lavoro è stabile. La disoccupazione e la precarietà, sempre crescenti, colpiscono soprattutto i giovani e le donne. I giovani italiani riprendono ad emigrare, tanto che il numero degli immigrati ha superato nell'ultimo anno il numero degli immigrati. Una emigrazione composta per lo più da diplomati e laureati. Il tasso di disoccupazione colpisce, infatti, anzitutto i laureati e in misura minore i diplomati, rispetto a chi non ha titoli scolastici superiori. Aumenta ancora la diseguaglianza: il 10% dei cittadini italiani possiede il 50% della ricchezza. Un pensionato su due ha un reddito sotto i mille euro. L'insicurezza, in questo contesto, da fenomeno individuale acquisisce chiaramente l'aspetto di un fenomeno collettivo, di massa, che può aprire le porte, come già visto tante volte nella storia, all'emergere di forme di reazione estreme e pericolose per la società. intera.
Ciò che, a mio parere, deve tuttavia preoccupare maggiormente è la situazione nella quale si trovano oggi i giovani italiani, i quali rappresentano, in termini molto concreti, il futuro del nostro paese.
Generazione perduta?
Attraverso il concetto di blaming, l’antropologa culturale Mary Douglas, definisce la dinamica attraverso la quale una società, in un continuo processo di riorganizzazione del proprio ordine, attribuisce colpe e responsabilità, con particolare riferimento a gruppi o categorie. Blaming , nella sua specifica accezione, significa, semplicemente, incolpare gli uni per discolpare gli altri. La Douglas pone al centro della sua teoria le dimensioni del potere, del controllo e del consenso, quali elementi fondamentali dei processi socio-culturali che conducono all’emarginazione o alla colpevolizzazione dei gruppi socialmente più vulnerabili o, in particolari condizioni, anche di gruppi ben integrati e consolidati.
martedì 18 dicembre 2012
Reggio Emilia sceglie l’acqua pubblica
Si possono dire a fare cose di sinistra.
Si può dare ascolto alla voce dei cittadini.
A Reggio Emilia una pagina di buona politica.
Il confronto sul merito e non il posizionamento ideologico oggi permettono alla nostra città di essere esempio per molte altre. Il servizio idrico va ripubblicizzato; lo chiedono i cittadini, oggi lo chiede il consiglio comunale di Reggio Emilia, che ha approvato la mozione popolare. Cosi come ha approvato un importante impegno della maggioranza SEL-PD che decide un indirizzo operativo, che andrà concretizzato nei prossimi mesi.
Noi appoggiamo con convinzione la creazione dell'Azienda Consortile (Azienda speciale di cui farebbero parte tutti i comuni della provincia). In ogni modo da Reggio Emilia dovremo chiedere al governo attuale, e a quello che potrà nascere fra pochi mesi, di permettere gli investimenti nelle aziende speciali che gestiscono il servizio idrico, togliendo almeno queste attività dal vincolo del patto di stabilità interno.
Vi sono tutte le condizioni perché ciò avvenga: il nostro sindaco può parlare a nome di tutti i comuni, nel nostro territorio verrà eletta una corposa pattuglia di parlamentari.
Chiediamo a tutti quanti di farsi portavoce di una richiesta che rimuova gli ostacoli che si frappongono ad una piena attuazione del referendum sull’acqua bene comune.
Come “Sinistra Ecologia Libertà” cogliamo oggi un importante risultato: il nuovo centrosinistra può mettersi in sintonia con i sentimenti profondi del popolo di sinistra, se prevale la volontà di ascoltarlo prima ed oltre il chiacchiericcio del teatrino della politica.
Ringraziamo innanzitutto il “Comitato Acqua Bene Comune” per la tenacia dimostrata, e per la sapiente capacità di intrecciare azione sociale e azione politica.
Oggi abbiamo fatto un passo in avanti importante.
Proseguiamo e vigiliamo perché il cammino intrapreso arrivi al traguardo.
Michele Bonforte, coordinatore provinciale
Nasuti Pierino, consigliere comunale
Si può dare ascolto alla voce dei cittadini.
A Reggio Emilia una pagina di buona politica.
Il confronto sul merito e non il posizionamento ideologico oggi permettono alla nostra città di essere esempio per molte altre. Il servizio idrico va ripubblicizzato; lo chiedono i cittadini, oggi lo chiede il consiglio comunale di Reggio Emilia, che ha approvato la mozione popolare. Cosi come ha approvato un importante impegno della maggioranza SEL-PD che decide un indirizzo operativo, che andrà concretizzato nei prossimi mesi.
Noi appoggiamo con convinzione la creazione dell'Azienda Consortile (Azienda speciale di cui farebbero parte tutti i comuni della provincia). In ogni modo da Reggio Emilia dovremo chiedere al governo attuale, e a quello che potrà nascere fra pochi mesi, di permettere gli investimenti nelle aziende speciali che gestiscono il servizio idrico, togliendo almeno queste attività dal vincolo del patto di stabilità interno.
Vi sono tutte le condizioni perché ciò avvenga: il nostro sindaco può parlare a nome di tutti i comuni, nel nostro territorio verrà eletta una corposa pattuglia di parlamentari.
Chiediamo a tutti quanti di farsi portavoce di una richiesta che rimuova gli ostacoli che si frappongono ad una piena attuazione del referendum sull’acqua bene comune.
Come “Sinistra Ecologia Libertà” cogliamo oggi un importante risultato: il nuovo centrosinistra può mettersi in sintonia con i sentimenti profondi del popolo di sinistra, se prevale la volontà di ascoltarlo prima ed oltre il chiacchiericcio del teatrino della politica.
Ringraziamo innanzitutto il “Comitato Acqua Bene Comune” per la tenacia dimostrata, e per la sapiente capacità di intrecciare azione sociale e azione politica.
Oggi abbiamo fatto un passo in avanti importante.
Proseguiamo e vigiliamo perché il cammino intrapreso arrivi al traguardo.
Michele Bonforte, coordinatore provinciale
Nasuti Pierino, consigliere comunale
Debito Pubblico: se non capisco non pago
La giustificazione che và per la maggiore è che ci siamo indebitati perché siamo un popolo
sprecone. Una comunità che ha vissuto al di sopra delle proprie
possibilità usando i soldi degli altri per garantirci il diritto
alla salute, all'istruzione, alla previdenza sociale. Quest'idea è
talmente radicata, che nessuno (o quasi) osa contestare le politiche
lacrime e sangue che oggi ci impongono. Anzi le salutiamo come la
giusta punizione per i peccati commessi. Peccato, però, che il
peccato non esista e lo dimostra una ricostruzione effettuata dal
Centro Nuovo Modello di Sviluppo sulla finanza pubblica degli ultimi
30 anni.
Nel 1980, il debito
pubblico italiano ammontava a 114 miliardi di euro pari al 56% del
Pil. Quindici anni dopo lo troviamo cresciuto di 10 volte, più
esattamente a 1150 miliardi di euro. Effetto dei nostri sprechi? In
parte sì perché questo è un periodo in cui le spese per servizi e
investimenti pubblici sono state superiori alle entrate fiscali. Ma
solo per 140 miliardi. Se il nostro eccesso di spese fosse stata la
causa di tutti i mali, il debito pubblico avrebbe dovuto raddoppiare,
non decuplicare. E allora cosa ha contributo alla crescita
incontrollata del debito? Risposta: gli interessi che in quel periodo
oscillavano fra il 12 e il 20%. Bisognò attendere il
1996
per vederli scendere al di sotto del 9%. In parte l'Italia pagava per
le scelte di Reagan che aveva bisogno di soldi per finanziare lo
scudo spaziale. Non volendo alzare le tasse, si finanziava
richiamando capitali dal resto del mondo con alti tassi di interesse.
Gli
altri paesi assetati di prestiti non avevano altra scelta che offrire
di più.
La
politica di spese per servizi superiori alle entrate durò fino al
1992 e in ogni caso procurò un disavanzo complessivo inferiore 6%
Poi, con l'eccezione del 2009-2010, la spesa per servizi è rimasta
sempre al di sotto delle entrate, permettendo un risparmio
complessivo di 633 miliardi di euro. Una cifra sufficiente ad
assorbire non solo i disavanzi precedenti, ma anche il debito di
partenza e continuare ad avere un avanzo di 370 miliardi. Ma
nonostante la politica da formichine, il nostro debito è cresciuto
all'astronomica cifra di 2000 miliardi. Solo per colpa degli
interessi che nel trentennio ci hanno procurato un esborso pari a
2141 miliardi di euro.
Dal
che risulta che non siamo un popolo di spreconi, ma un popolo di
risparmiatori spennati. Il tasso di risparmio privato degli Italiani è tra i più elevati al mondo.
Siamo polli finiti in una macchina infernale messa
a punto dall'oligarchia finanziaria per derubarci dei nostri soldi,
con la complicità della politica. E poiché la politica è eletta da
noi , ci troviamo nella situazione assurda in cui scegliamo i nostri
estorsori e li autorizziamo a sottoporci a ogni forma di angheria per
servire meglio gli interessi degli strozzini. Una follia possibile
solo perché viviamo nell'inganno dell'ignoranza.
Per questo il
Centro Nuovo Modello di Sviluppo ha messo a punto un kit formativo (simpatiche slides in pdf) e ha lanciato la campagna “Debito pubblico, se non
capisco non pago” con lo scopo di promuovere una corretta
informazione e la nascita di gruppi locali che si dedichino alla
formazione. Ulteriori dettagli sul sito www.cnms.it [Testo e link della campagna stessa]
La campagna, insieme ai movimenti affini italiani ed europei, mira a creare gruppi popolari di AUDIT (revisione) del debito negli enti locali e società a capitale pubblico sull'urlo del fallimento.
"Il problema degli enti locali in dissesto, infatti, è ancora più grave
di quel che si pensa se si considera che in aggiunta agli oltre 400
comuni già falliti, ci sono, poi, ben 1.242 enti strutturalmente
deficitari tra i quali alcuni potrebbero fallire da un momento
all’altro. Di questi enti, sette sono amministrazioni provinciali e gli
altri sono comuni. Se considerate che in Italia i comuni sono in tutto
8047, comprenderete che il problema è estremamente serio. Tra enti in
dissesto e strutturalmente deficitari si supera il 20% dei comuni e non è
poco." [Gaetano Montefusco]
Laura Vezzosi
lunedì 17 dicembre 2012
A 40 anni dalla legge 772, avrei (ancora) un'obiezione!
Mentre Shel Shapiro canta che “L’Italia ripudia la guerra, perché l’Italia è una Repubblica democratica e la sovranità appartiene al popolo”, e mentre sull’onda delle proteste popolari il governo del Canada ha rinunciato definitivamente al programma dei caccia F-35, martedì scorso è andata in scena in Italia la resa della democrazia parlamentare alla sovranità militare, con la consegna all’ammiraglio Di Paola – pro tempore ministro della Repubblica – della delega per “riformare” lo strumento militare, che mette al riparo le forze armate da ogni futuro possibile taglio di risorse, garantendone al contrario di aggiuntive e costanti per l’acquisto di ulteriori armamenti. E’ l’ennesimo ribaltamento del Patto Costituzionale, nel quale tutti i diritti sanciti nei primi dieci articoli – dal lavoro alla salute, alla conoscenza - sono compressi, taglieggiati e infine e negati, con il pretesto della crisi economica, e l’unico ripudiato – la guerra – è foraggiato insaziabilmente e instancabilmente, con il consenso bipartisan di destra e centro-sinistra, malgrado la crisi economica.
Di fronte a tutto ciò, oggi più che mai, ho un’obiezione. Per questo sabato 15 e domenica 16 ho partecipato, a Firenze, al Convegno nazionale organizzato dal Movimento Nonviolento e dalla Conferenza Nazionale degli Enti di Servizio Civile Avrei (ancora) un'obiezione!, non solo per celebrare i 40 anni dalla prima legge sull’obiezione di coscienza, ma soprattutto per capire, insieme a tanti altri obiettori di coscienza, attraverso quale ulteriore impegno rendere effettivi due principi complementari previsti dal nostro ordinamento: il ripudio costituzionale della guerra come “mezzo” e “strumento” di risoluzione dei conflitti e l’istituzione legislativa del Servizio Civile Nazionale – conquistato attraverso le lotte degli obiettori di coscienza alla guerra – come “mezzo” e “strumento”, alternativo e concorrente al militare, per la difesa della Patria.
Si è esplicitato che l’ordinamento legislativo del nostro Paese prevede due forme di difesa della Patria: l’uno arcaico, fondato sulla violenza delle armi, contrario ai principi fondamentali della Costituzione, non solo velleitario ed incapace di difendere i cittadini dalle reali minacce alla propria quotidiana sicurezza – la povertà, l’analfabetismo, la disoccupazione, il dissesto del territorio, le mafie…- ma sottrattore delle risorse necessarie a sconfiggerle; l’altro nuovo, ma “antico come le colline”, fondato sulla nonviolenza, coerente con la Costituzione e potenzialmente efficace – se messo in grado di farlo – nel garantire la sicurezza della comunità e del territorio, sia rispetto alle minacce quotidiane sia rispetto alla difesa delle istituzioni democratiche.
E’ dunque necessario ancora l’impegno degli obiettori di coscienza, di ieri e di oggi, per un’ulteriore conquista di civiltà: il trasferimento di risorse, nel bilancio dello Stato, dalla vecchia alla nuova organizzazione della difesa, ridimensionando fortemente la spesa per la difesa militare e potenziando specularmente quella per la difesa civile. Con la consapevolezza che la prima è blindata dalla casta militare, dagli interessi dei mercanti di armi e dalla sudditanza complice della politica; la seconda è ostacolata, impedita ed umiliata da questi poteri, palesi e occulti, pur essendo vicina ai bisogni delle persone ed un diritto – ancora in gran parte negato – di tutti i giovani italiani.
Bisogna perciò oggi prendere l’esempio e il testimone dalla lotta nonviolenta dai vecchi obiettori di coscienza per il diritto al servizio civile, per questa nuova lotta per il diritto del Paese alla difesa civile, non armata e nonviolenta. Un obbiettivo avanzato, di civiltà, che – quarant’anni dopo – ha ancora lo stesso avversario di sempre: la guerra e la sua preparazione.
Pasquale Pugliese
Pasquale Pugliese
giovedì 13 dicembre 2012
La battaglia per il Senato
L’imprevedibile incedere di Berlusconi negli ultimi mesi, diventa meno oscuro se, invece di credere agli intenti dichiarati, si guardano gli obiettivi realmente conseguibili. Abituato ad un approccio “scientifico” alla manipolazione dell’opinione pubblica, il cav sa che non vi è modo di riconquistare in tempi ragionevoli il consenso degli italiani.
I danni inferti al diritto e ai diritti, al tenore di vita delle famiglie, alla moralità della politica e alla credibilità internazionale del paese sono stati tali, che questa volta non basterà tirar fuori dal cappello un coniglio qualunque, e neanche un dinosauro.
Un anno fa Berlusconi si convince a sostenere l’esperimento Monti, nella speranza di schiacciare il centro sinistra sul sostegno acritico a misure di risanamento, spesso conseguenti a decisioni prese dal suo governo, e di frapporre una certa distanza temporale dalle sue dirette responsabilità di governo, puntando sulla grande capacità che hanno gli italiani di dimenticare.
Ma la scelta delle primarie e della coalizione con Sel, hanno dato allo stesso Bersani un profilo socialdemocratico, attento alle conseguenze della crisi sul mondo del lavoro e non solo al risanamento dei conti. La commedia di un Berlusconi anti europeo, contro i mercati finanziari, difensore degli ultimi, testata con i sondaggi non dà i risultati sperati. E dunque dal piano A della rimonta e della vittoria, si passa al piano B dell’impedire l’altrui vittoria.
E’ per questo che fa saltare il banco della nuova legge elettorale. Il vecchio porcellum è ancora un’arnese utile ai propri scopi, non più per vincere ma per creare la palude.
Data per persa la Camera dei Deputati, la battaglia si sposta al Senato dove si può bloccare il centro sinistra facendogli mancare alcune regioni determinanti per conseguire la maggioranza dei senatori.
C’è un’allenza oggettiva fra Berlusconi e Casini: trovare la ricetta adatta per un Senato senza maggioranza che costringa il PD ad un nuovo governo di grosse coalition rompendo l’allenza con SEL.
Per conseguire questo risultato ogni mezzo verrà utilizzato: alleanza a Nord con la Lega, a Sud con Miccichè, e può tornare utile anche un controllato espluà di Grillo, che congeli un significativo numero di senatori in un recinto chiuso ad allenaze con chiunque altro.
Si può contrastare questo piano? Si, ma bisogna esserne almeno consapevoli, e disposti a condurre una battaglia per vincere e non per pareggiare.
Bisogna mobilitare il proprio elettorato intorno alla possibile vittoria e ad un connesso programma di cambiamento. Indicare con chiarezza i primi provvedimenti del futuro governo Bersani, e i volti di una rinnovata squadra di governo.
E essere disposti a modulare l’offerta elettorale nelle diverse regioni. Almeno nelle “swing region” la coalizione di centrosinistra deve aprirsi, per impedire che piccole ma determinanti liste di sinistra o “arancione”, producano l’esatto contrario di quanto desiderato: la vittoria nazionale del caimano.
E’ questa una responsabilità del principale partito del centro sinistra, il PD. Ma anche di quanti a sinistra reputano, a torto o a ragione, non sufficiente il tasso di antiliberismo e di innovazione politica contenuto nella coalizione di centrosinistra. Se l’esito finale sarà la palude e la nascita di un governo neocentrista, non si apriranno ne migliori possibilità per i ceti popolari, ne per la democrazia.
Il tanto peggio tanto meglio, non ha mai funzionato e stavolta rischia di produrre mostri.
Michele Bonforte
domenica 9 dicembre 2012
La "riforma" a mano armata

Il disegno di legge, a firma Di Paola, è fondato su due principi: l’invarianza (o meglio la non riducibilità) della spesa complessiva, per cui tutte le risorse che saranno risparmiate con un taglio dell’abnorme struttura del personale (in cui – unico esercito al mondo – i comandanti sono più dei comandati) dovrà essere reinvestito in spesa per armamenti; la flessibilità del bilancio, che fornisce alle Forze Armate il privilegio assoluto della discrezionalità sull’uso della montagna di risorse pubbliche annualmente assegnate. Introducendo, inoltre, il principio del “silenzio-assenso” del Parlamento rispetto all’emanazione governativa dei decreti attuativi della legge, ossia un ammiraglio solo al comando senza possibilità di controllo.
Non a caso, secondo il Rapporto 2013 della campagna Sbilanciamoci, nei prossimi tre anni, il ministero della Difesa aumenterà del 5,3% le proprie risorse, pari a più di un miliardo di euro, superiore ai pochi tagli previsti dalla spending review per lo stesso ministero. E, come se non bastasse, la “riforma” prevede che gli Enti Locali – già fortemente taglieggiati – paghino di tasca propria all’esercito gli interventi richiesti in caso di calamità naturali. E’ il colmo. E’, di fatto, una ritorsione per aver votato in massa mozioni e ordini del giorno contro i caccia F-35.
I parlamentari democratici che martedì voteranno questa “legge delega” – vera e propria riforma a mano armata – possono astenersi dal partecipare alla prossima Marcia della pace perché sono già iscritti d’ufficio a sfilare, inquadrati e al passo dell’oca, alla prossima Parata militare.
Pasquale Pugliese
venerdì 7 dicembre 2012
Finanza e Debito Pubblico: siamo sicuri che non ci sia proprio nulla da fare?
Da tempo sto seguendo il cammino di alcuni movimenti, tutti focalizzati sull causa dell'attuale crisi: la finanza selvaggia. Troppo difficile? Forse.. ma questo non mi scoraggia.
Mi viene questa immagine: noi siamo le formichine che impazziscono quando viene schiacciato e distrutto il loro formicaio. Poi qualche formichina si accorge che è stato l'elefante ubriacone. Allora queste formichine si chiedono: a che serve far tanti sacrifici per ricostruire il formicaio, se l'elefante ubriacone non smette di bere? Facciamo sparire il vino o mettiamogli le briglie.
Ecco a me piacciono queste idee.
Non vi annoio oltre, come prima volta. Vi metto qualche link per chi volesse approfondire già da ora.
http://www.smontaildebito.org/
http://rivoltaildebito.globalist.it/
http://www.recommon.org/
Laura Vezzosi
Mi viene questa immagine: noi siamo le formichine che impazziscono quando viene schiacciato e distrutto il loro formicaio. Poi qualche formichina si accorge che è stato l'elefante ubriacone. Allora queste formichine si chiedono: a che serve far tanti sacrifici per ricostruire il formicaio, se l'elefante ubriacone non smette di bere? Facciamo sparire il vino o mettiamogli le briglie.
Ecco a me piacciono queste idee.
Non vi annoio oltre, come prima volta. Vi metto qualche link per chi volesse approfondire già da ora.
http://www.smontaildebito.org/
http://rivoltaildebito.globalist.it/
http://www.recommon.org/
Laura Vezzosi
mercoledì 5 dicembre 2012
Enti Locali e caccia F-35: l'unica penale è acquistarli
Il Presidente dell’ANCI e Sindaco di
Pasquale Pugliese
Reggio Emilia Graziano Delrio, nel chiedere con forza al Governo Monti di modificare la legge di stabilità, che prevede ulteriori tagli agli Enti Locali - “altrimenti il Paese perderà una barriera importante ad un fiume in piena che sta per straripare: il fiume della disperazione, della rabbia e della mancanza di coesione sociale” - indica di cercare le coperture necessarie attraverso alcune misure, tra le quali quella di “ridurre le spese militari”.
Molto bene. Era proprio questa, del resto - la riduzione delle spese militari - la richiesta dell’ordine del giorno votato nel Consiglio Comunale di Reggio Emilia il 27 febbraio scorso, sull’onda di un ampio movimento popolare, rivolta al Governo, al Presidente della Repubblica ed allo stesso Sindaco Delrio al quale si chiedeva – nella sua funzione di Presidente dell’ANCI - di “farsi interprete” di quanto contenuto in quell’odg presso il Presidente del Consiglio.
Ma nell’odg consiliare si chiedeva anche, e più specificamente, di ridurre le spese militari “annullando almeno” l’acquisto dei cacciabombardieri d’attacco nucleari Joint Strike Fighter (detti F 35), azzerandone il programma - che da solo vale complessivamente circa 20 miliardi di euro, diluiti su più anni – sia perché offensivo della Costituzione italiana, sia per destinare le risorse al welfare municipale, alle politiche per il lavoro, al Servizio Civile Nazionale, “cioè a investimenti pace e di vera sicurezza”. Programmi di autentica difesa, “barriera” appunto, rispetto alle reali minacce alla nostra Patria di cui parla il Sindaco.
Eppure il Sindaco Delrio appare più dubbioso rispetto al taglio dei cacciabombardieri, perché – nell’intervista apparsa sulla Gazzetta di Reggio il 30 novembre (“Senatori con noi, o non chiedano voti”, a cura di Michela Scacchioli) - ne subordina la possibilità al poter “tornare indietro senza pagare penali, allora si potrebbe fare subito. Ma” aggiunge “non conosciamo i termini contrattuali. Che vanno verificati”
Vogliamo informare il Sindaco che – come ha ampiamente e ripetutamente dimostrato la Campagna “Taglia le ali alle armi”http://www.disarmo.org/nof35/ - la documentazione ufficiale dell’operazione dimostra che l’uscita del nostro Paese dal programma di acquisto dei caccia JSF non comporterebbe oneri ulteriori rispetto a quelli già stanziati e pagati per la fase di sviluppo e quella di pre-industrializzazione, tranne che per i pochissimi esemplari il cui ordine e contratto sono già stati finalizzati. Lo prevede il “Memorandum of Understanding” del Joint Strike Fighter (in pratica, l’accordo fra i Paesi compartecipanti) sottoscritto anche dall’Italia con la firma apposta il 7 febbraio del 2007. La sezione XIX del documento stabilisce che qualsiasi Stato partecipante possa “ritirarsi dall’accordo con un preavviso scritto di 90 giorni da notificarsi agli altri compartecipanti” (par 19.4).
Dunque, rassicuriamo il nostro Sindaco e Presidente dell’ANCI, invitandolo a ribadire, con ancora più energia, la richiesta al Governo di rinunciare all’acquisto dei cacciabombardieri – il più costoso programma di armamenti della storia – senza timore di incorrere in penali. Oltre 60 Enti Locali hanno votato mozioni e ordini del giorno in questo senso. L’unica vera penale sarebbe condannarci al loro acquisto.
Ma nell’odg consiliare si chiedeva anche, e più specificamente, di ridurre le spese militari “annullando almeno” l’acquisto dei cacciabombardieri d’attacco nucleari Joint Strike Fighter (detti F 35), azzerandone il programma - che da solo vale complessivamente circa 20 miliardi di euro, diluiti su più anni – sia perché offensivo della Costituzione italiana, sia per destinare le risorse al welfare municipale, alle politiche per il lavoro, al Servizio Civile Nazionale, “cioè a investimenti pace e di vera sicurezza”. Programmi di autentica difesa, “barriera” appunto, rispetto alle reali minacce alla nostra Patria di cui parla il Sindaco.
Eppure il Sindaco Delrio appare più dubbioso rispetto al taglio dei cacciabombardieri, perché – nell’intervista apparsa sulla Gazzetta di Reggio il 30 novembre (“Senatori con noi, o non chiedano voti”, a cura di Michela Scacchioli) - ne subordina la possibilità al poter “tornare indietro senza pagare penali, allora si potrebbe fare subito. Ma” aggiunge “non conosciamo i termini contrattuali. Che vanno verificati”
Vogliamo informare il Sindaco che – come ha ampiamente e ripetutamente dimostrato la Campagna “Taglia le ali alle armi”http://www.disarmo.org/nof35/ - la documentazione ufficiale dell’operazione dimostra che l’uscita del nostro Paese dal programma di acquisto dei caccia JSF non comporterebbe oneri ulteriori rispetto a quelli già stanziati e pagati per la fase di sviluppo e quella di pre-industrializzazione, tranne che per i pochissimi esemplari il cui ordine e contratto sono già stati finalizzati. Lo prevede il “Memorandum of Understanding” del Joint Strike Fighter (in pratica, l’accordo fra i Paesi compartecipanti) sottoscritto anche dall’Italia con la firma apposta il 7 febbraio del 2007. La sezione XIX del documento stabilisce che qualsiasi Stato partecipante possa “ritirarsi dall’accordo con un preavviso scritto di 90 giorni da notificarsi agli altri compartecipanti” (par 19.4).
Dunque, rassicuriamo il nostro Sindaco e Presidente dell’ANCI, invitandolo a ribadire, con ancora più energia, la richiesta al Governo di rinunciare all’acquisto dei cacciabombardieri – il più costoso programma di armamenti della storia – senza timore di incorrere in penali. Oltre 60 Enti Locali hanno votato mozioni e ordini del giorno in questo senso. L’unica vera penale sarebbe condannarci al loro acquisto.
Pasquale Pugliese
lunedì 3 dicembre 2012
Svolta a sinistra e ricambio generazionale
«Sono abbastanza felice », dice Nichi Vendola. Non ha vinto lui, ieri sera, ma – il leader di Sel ne è convinto – «ha prevalso la sinistra». Un’Italia che chiede scuola pubblica e tutele per i lavoratori. Un Paese che vuole il rinnovamento proposto da Matteo Renzi, ma che ha bisogno di molto molto altro. Soprattutto, ha vinto Pier Luigi Bersani: il governatore pugliese gli riconosce la corona di «candidato premier». E ha perso Mario Monti: «Lo vedo in panchina, come molte altre personalità che hanno dato tanto al Paese. Bisognerà parlarne, certo, ma non è questo il momento di farlo ».
Si aspettava un risultato così netto?
«Ci speravo molto. Questa straordinaria meccanica delle onde, che è la partecipazione democratica, è stata animata da proposte, anche diverse, di innovazione, di cambiamento, di riforma. Penso che in ciascuna di quelle posizioni ci siano arricchimenti per un’agenda riformatrice, e penso che il significato sintetico e luminoso di questo voto finale è che il Paese chiede una svolta a sinistra nell’agenda di governo».
Un segnale a Monti?
«È così. Il voto delle primarie chiede un governo che tuteli la pubblica istruzione, che oggi viene percepita come ferita e agonizzante.
Chiede politiche che possano sostenere la domanda interna, che consentano l’apertura di cantieri, che liberino la spesa in conto capitale dai vincoli del patto di stabilità. Il Paese ci chiede di respirare. C’è tanta Italia che è da troppo tempo in apnea. Non dobbiamo solo metterci addosso buoni programmi e buone intenzioni, ma saper offrire una speranza politica all’Italia spaventata: a quella del ceto medio, delle partite Iva, dei lavoratori e delle lavoratrici che vivono un inedito e drammatico sentimento di solitudine».
Ci sarà posto per Renzi, nel centrosinistra che parla a quest’Italia?
«Quanti hanno scelto Renzi perché l’Italia non è un Paese per giovani hanno bisogno di sapere che questa domanda di ricambio generazionale sarà colta. Ma il problema prevalente, oggi, è la giustizia sociale. All’anima liberal che si è manifestata nel voto a Renzi dobbiamo dare soddisfazione dal punto di vista dei diritti civili e della libertà».
Il risultato rende più concreta la possibilità di una lista unica tra Sel e Pd?
«La considero abbastanza fantapolitica, perché il tema che io pongo è molto più complesso. Riguarda la possibilità di aprire un cantiere in cui discutere del soggetto politico dei progressisti, del partito del futuro. C’è una discussione importante su come rimotivare l’agire collettivo, su come restituire alla politica la sua essenza di buona politica. Le scorciatoie organizzative non mi interessano. In tutta Europa c’è necessità di una sinistra che rimescoli le carte di culture politiche che si sono confrontate in modo rissoso. Nel futuro non vedo un partito ideologico, ma un soggetto politico plurale in cui le diversità sono ricchezza».
Il punto è: quanto futuro? Non sono già maturi, i tempi di questo progetto?
«Stiamo parlando di una discussione da avviare, della crisi della forma partito come si è configurata nel ‘900. Siamo tutti dentro a un mutamento delle forme della comunicazione politica e della cultura generale. Prima o poi servirà riflettere sul rapporto che vi è tra la crisi dei legami sociali, delle forme di comunità, e quella della politica. Per restituirle il suo scettro, ceduto da troppo tempo a poteri estranei».
Lei ha già detto, come era ovvio dopo la gara, che Bersani è il suo candidato premier. E Monti? Che ruolo potrà avere il presidente
del Consiglio se l’alleanza di centrosinistra vincerà
le prossime elezioni?
«Credo che ci siano molte personalità che hanno servito il nostro Paese: è una panchina ricca. Quando sarà il momento ci occuperemo di questo. Io adesso voglio occuparmi di politica. Quando dico che l’agenda Monti sta facendo del male all’Italia, quando ne parlo denigrandola, sto facendo una critica politica. Nella mia testa, sulle figure di garanzia come quella del presidente della Repubblica, dobbiamo fare una discussione abbastanza libera. Dobbiamo discuterne ».
Cosa pensa di Antonio Ingroia, che il “movimento arancione” vorrebbe candidare alla premiership? Come vede quel che si muove alla sua sinistra?
«Chiunque ha intenzione di portare arricchimento culturale a una coalizione dell’alternativa, e si vuole misurare con il dovere di una grande responsabilità nazionale, è il benvenuto».
«Ci speravo molto. Questa straordinaria meccanica delle onde, che è la partecipazione democratica, è stata animata da proposte, anche diverse, di innovazione, di cambiamento, di riforma. Penso che in ciascuna di quelle posizioni ci siano arricchimenti per un’agenda riformatrice, e penso che il significato sintetico e luminoso di questo voto finale è che il Paese chiede una svolta a sinistra nell’agenda di governo».
Un segnale a Monti?
«È così. Il voto delle primarie chiede un governo che tuteli la pubblica istruzione, che oggi viene percepita come ferita e agonizzante.
Chiede politiche che possano sostenere la domanda interna, che consentano l’apertura di cantieri, che liberino la spesa in conto capitale dai vincoli del patto di stabilità. Il Paese ci chiede di respirare. C’è tanta Italia che è da troppo tempo in apnea. Non dobbiamo solo metterci addosso buoni programmi e buone intenzioni, ma saper offrire una speranza politica all’Italia spaventata: a quella del ceto medio, delle partite Iva, dei lavoratori e delle lavoratrici che vivono un inedito e drammatico sentimento di solitudine».
Ci sarà posto per Renzi, nel centrosinistra che parla a quest’Italia?
«Quanti hanno scelto Renzi perché l’Italia non è un Paese per giovani hanno bisogno di sapere che questa domanda di ricambio generazionale sarà colta. Ma il problema prevalente, oggi, è la giustizia sociale. All’anima liberal che si è manifestata nel voto a Renzi dobbiamo dare soddisfazione dal punto di vista dei diritti civili e della libertà».
Il risultato rende più concreta la possibilità di una lista unica tra Sel e Pd?
«La considero abbastanza fantapolitica, perché il tema che io pongo è molto più complesso. Riguarda la possibilità di aprire un cantiere in cui discutere del soggetto politico dei progressisti, del partito del futuro. C’è una discussione importante su come rimotivare l’agire collettivo, su come restituire alla politica la sua essenza di buona politica. Le scorciatoie organizzative non mi interessano. In tutta Europa c’è necessità di una sinistra che rimescoli le carte di culture politiche che si sono confrontate in modo rissoso. Nel futuro non vedo un partito ideologico, ma un soggetto politico plurale in cui le diversità sono ricchezza».
Il punto è: quanto futuro? Non sono già maturi, i tempi di questo progetto?
«Stiamo parlando di una discussione da avviare, della crisi della forma partito come si è configurata nel ‘900. Siamo tutti dentro a un mutamento delle forme della comunicazione politica e della cultura generale. Prima o poi servirà riflettere sul rapporto che vi è tra la crisi dei legami sociali, delle forme di comunità, e quella della politica. Per restituirle il suo scettro, ceduto da troppo tempo a poteri estranei».
Lei ha già detto, come era ovvio dopo la gara, che Bersani è il suo candidato premier. E Monti? Che ruolo potrà avere il presidente
del Consiglio se l’alleanza di centrosinistra vincerà
le prossime elezioni?
«Credo che ci siano molte personalità che hanno servito il nostro Paese: è una panchina ricca. Quando sarà il momento ci occuperemo di questo. Io adesso voglio occuparmi di politica. Quando dico che l’agenda Monti sta facendo del male all’Italia, quando ne parlo denigrandola, sto facendo una critica politica. Nella mia testa, sulle figure di garanzia come quella del presidente della Repubblica, dobbiamo fare una discussione abbastanza libera. Dobbiamo discuterne ».
Cosa pensa di Antonio Ingroia, che il “movimento arancione” vorrebbe candidare alla premiership? Come vede quel che si muove alla sua sinistra?
«Chiunque ha intenzione di portare arricchimento culturale a una coalizione dell’alternativa, e si vuole misurare con il dovere di una grande responsabilità nazionale, è il benvenuto».
sabato 1 dicembre 2012
Conflitto d'interessi armato
Il PD, i cui candidati alle primarie sembrano ora dirsi contrari agli F-35, può già essere operativo subito, bloccando in Parlamento l'acquisto dei caccia-bombardieri e sfiduciando il loro principale supporter, l'ammiraglio-ministro Di Paola, per conflitto d'interessi armato. Invece di affidargli la delega - come il Parlamento sta per fare - per "riformare" le forze armate, come avverte la Rete Italiana Disarmo: http://www.disarmo.org/rete/a/37312.html
Pasquale Pugliese
Pasquale Pugliese
venerdì 30 novembre 2012
Partecipiamo al secondo turno delle primarie perché il centrosinistra è la nostra casa e il suo futuro ci riguarda fino in fondo
Abbiamo partecipato alle primarie del centrosinistra, che hanno permesso a oltre 3 milioni di persone di vivere uno straordinario momento di partecipazione politica, appropriandosi del diritto a decidere il leader della coalizione.
Al primo turno siamo fra quei 485.689 che hanno scelto di votare Nichi Vendola e di sostenere così un progetto di sinistra, che si proponeva e si propone di restituire all’Italia un futuro in cui i diritti del lavoro e delle persone abbiano piena cittadinanza, in cui la conversione ecologica dell’economia non sia solo uno slogan da convegno, in cui sia possibile restituire significato a parole come uguaglianza, libertà e solidarietà. Al primo turno abbiamo fatto la nostra parte e ringraziamo tutte le cittadine e i cittadini che hanno voluto collaborare con il loro impegno o anche solo con un voto.
Al secondo vorremmo continuare a farla, perché il centrosinistra è la nostra casa e il suo futuro ci riguarda fino in fondo.
Non voteremo Renzi, perchè l’abbiamo ascoltato, ma non ci ha convinto, mentre si allineava a Marchionne senza se e senza ma, votava no al referendum per l’acqua pubblica, adottava la proposta Ichino sul mercato del lavoro, bocciava la patrimoniale mentre cenava a porte chiuse con i finanzieri.
A Bersani diciamo che ci deve convincere, e soprattutto deve avere la capacità di convincere le migliaia di donne e di uomini che con noi hanno votato Vendola al primo turno. Ma siamo certi che saprà farlo, con parole e impegni chiari e precisi.
Matteo Sassi
Michele Bonforte
Anna Valcavi
Lorenzo Capitani
Giorgio Salsi
Mirto Bassoli
Franco Ferretti
Daniele Ferrari
Teresa Debbi
Festa Antonella
Pierino Nasuti
Katia Pizzetti
Sebastiano Milazzo
Rino Soragni
Barbara Vigilante
Ernestina Bazzi
Atos Cattini
Vilder Corradi
Massimiliano Meloni
Angelo Giampietri
Piera Vitale
Luigi Salsi
Renzo Testi
Viller Masoni
Paolo Borciani
Enrico Grassi
Luciana Caselli
Valentina Trizzino
Erio Buffagni
Mila Lusetti
Gabriele Brizzi
Tommaso Minerva
Massimo Bagni
Catia Manfredi
Erio Buffagni
Mila Lusetti
Gabriele Brizzi
Tommaso Minerva
Massimo Bagni
Catia Manfredi
Il mio voto al ballottaggio, senza certezze
Ho
detto, nei giorni scorsi, che non avevo ancora deciso se andare a votare al
ballottaggio. E che, nel caso fossi andato a votare, lo avrei fatto senza
entusiasmo. Fossero state primarie “del Pd” - come hanno ripetuto ossessivamente
in tanti, per scarsa informazione o per consapevole mistificazione – non sarei
andato a votare nemmeno al primo turno, perché non sono un elettore del Pd. Ma
queste primarie, nonostante tutto, non sono del Pd, sono del centrosinistra. E
allora, il problema si pone. Ho riflettuto, ho parlato con diversi amici, credo
che alla fine esprimerò il mio voto, pur non essendo cresciuto l’entusiasmo.
Che
non sarebbe stato un voto per Renzi, lo sapevo già. Non per particolare astio
verso di lui, come l’astio che provano molti “bersaniani” del Pd, quasi che
scoprissero oggi la presenza nel loro partito di Renzi e, soprattutto, della
cultura politica che esprime. E’ fin dalla nascita che il Pd “scopre” di avere
al proprio interno tutto e il contrario di tutto, e ogni volta molti – invece di
chiedersi se il problema non sia proprio nella filosofia originaria del Pd - si
“meravigliano” delle Binetti, dei Rutelli, dei Calearo, di tutti quelli che se
ne sono andati ,e anche di alcuni che sono restati. Demonizzare adesso Renzi è
quindi molto bizzarro, oltre che inutile, anche perché paradossalmente il
fenomeno Renzi deriva proprio dalle mancate scelte e dal mancato rinnovamento
del Pd. Anzi, a me pare che Renzi rappresenti una versione riveduta e
aggiornata del veltronismo, cioè del cosiddetto “Pd delle origini”, quello che
Veltroni definiva con orgoglio “non di sinistra”, quello che “andava da solo”
(e inanellava una sconfitta elettorale dietro l’altra, per altro insieme a
tutto il resto della fu sinistra che al Pd non aveva aderito). All’epoca, ho radicalmente dissentito da
quella filosofia, continuo a dissentire oggi. Inoltre, dissento dalle posizioni
che Renzi rappresenta, soprattutto in materia di politiche economiche, come
l’esplicita condivisione delle riforme Fornero sulle pensioni e sul mercato del
lavoro, più in generale della cosiddetta “agenda Monti”. E’ singolare, però
frequente, che molti sostenitori di Renzi non considerino, o ignorino del
tutto, queste posizioni, e anzi – se interpellati nello specifico – dicano
peste e corna della Fornero e di Monti.
Ma tant’è: il fumo dell’abilità mediatica e la ostentata
contrapposizione ai “vecchi politici” oscurano largamente l’arrosto delle
proposte concrete.
Veniamo
a Bersani. Io conservo delle perplessità, che non riguardano tanto lui personalmente,
quanto piuttosto le tante contraddizioni e ambiguità politiche del partito di
cui è segretario. Mi rimane il forte dubbio che, se anche vincerà il
ballottaggio, possa poi ricominciare il consueto tormentone sulla collocazione
e sulle scelte del Pd, una parte del quale continuerà a strattonare verso
Casini, magari Montezemolo, comunque verso la continuità con il governo Monti
(con o senza la presenza di Monti). Però, anche questo si sapeva da prima. Come
si sapeva che, dopo aver sostenuto Vendola al primo turno, si sarebbe
probabilmente arrivati a un ballottaggio di questo genere al secondo turno. Io
non ho certezze su quello che accadrà in caso di vittoria di Bersani, non dò
nulla per scontato, però penso possa rimanere maggiore spazio per una presenza
e un peso, all’interno di una coalizione
di centrosinistra, dei temi che Vendola ha posto con forza in queste primarie,
Diciamo: lo spazio per continuare la nostra battaglia politica. E’ poco, è
abbastanza? Ripeto: non ho e non propagando certezze. Se non quella “al
contrario”, cioè che non rimanga alcuno spazio nel caso di vittoria di Renzi,
il quale ha già spiegato esplicitamente che, a lui, per filosofia generale e
per contenuti concreti, la coalizione interessa poco o nulla.
Per
questo ragionamento, domenica segnerò la mia crocetta sul nome di Bersani.
Considerandola un auspicio, non la firma su una cambiale in bianco.
Stefano Morselli.
giovedì 29 novembre 2012
Dalla trasmissione Habitat di TeleReggio del 27-11-2012
Dalla trasmissione Habitat di TeleReggio del 27-11-2012
(interamente visibile al link), alcuni estratti ...
(interamente visibile al link), alcuni estratti ...
Introduzione ...
Le conseguenze sul centro sinistra ..
Cosa cambia adesso?
Divergenze con Pagani ..
DIAMO FORZA ALL'ALLEANZA BERSANI-VENDOLA
Nel passaggio tra il primo e il secondo turno delle primarie, l'auspicio che innanzitutto ci sentiamo di formulare è che si confermi quella straordinaria prova di partecipazione democratica che si è registrata il 25 novembre. La migliore manifestazione della volontà di cambiare la politica dal basso e, insieme, una risposta al populismo, dai tratti spesso antidemocratici, di tante delle espressioni attuali dell'antipolitica.
Ora sono in campo due soli candidati per le primarie del centrosinistra. Abbiamo già avuto modo di esprimere nell'appello "Ripartire dal lavoro per ricostruire il paese", sottoscritto da 129 dirigenti, funzionari, operatori, donne e uomini della Cgil dell'Emilia Romagna a sostegno della candidatura di Vendola, che la discriminante di fondo per determinare un vero cambiamento sociale e politico nel nostro paese è il tema del lavoro.
Il lavoro, il modello sociale che ne consegue, i diritti delle persone, la lotta alle disuguaglianze, il ruolo dell'istruzione pubblica, la giustizia fiscale.
A noi sembra evidente che le proposte programmatiche, la cultura e i valori di riferimento dei due candidati registrino su questo una notevole divaricazione.
Cambiare questo paese, per costruirne uno migliore, richiede una svolta a sinistra, l'abbandono di una subordinazione alla cultura liberista, assunta con nettezza e senza compromessi con i poteri forti dell'economia e della finanza che rappresentano la condizione che vogliamo superare.
C'e' un patrimonio dato dalla candidatura di Vendola, e dai contenuti programmatici della alleanza tra democratici e progressisti, che non dobbiamo disperdere e che, viceversa, debbono continuare a rappresentare il nucleo portante della coalizione di centro-sinistra. Per questa ragione, domenica 2 dicembre, voteremo Bersani.
Antonio Mattioli - Segreteria Regionale Cgil Emilia Romagna
Mirto Bassoli - Segreteria Regionale Cgil Emilia Romagna
Cesare Melloni - Segreteria Regionale Cgil Emilia Romagna
Marina Balestrieri - Segretario Generale FP-Cgil Emilia Romagna
Veronica Tagliati - Segretario Generale Filcams-Cgil Emilia Romagna
Ivano Gualerzi - Segretario Generale Flai-Cgil Emilia Romagna
Raffaella Morsia - Segretario Generale Flc-Cgil Emilia Romagna
Paolo Montalti - Segretario Regionale Filcams-Cgil Emilia Romagna
Raffaele Atti - Segretario Regionale Flai-Cgil Emilia Romagna
Pasquale Casadio - Cgil Emilia Romagna
Cristina Liverani - Cgil Emilia Romagna
Maurizio Frigeri - Segreteria Regionale FP-Cgil Emilia Romagna
Mayda Guerzoni - Cgil Emilia Romagna
Gino Rubini - Cgil Emilia Romagna
Anna Valcavi - Cgil Emilia Romagna
Bologna, 29 novembre 2012
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