giovedì 13 dicembre 2012

La battaglia per il Senato


L’imprevedibile incedere di Berlusconi negli ultimi mesi, diventa meno oscuro se, invece di credere agli intenti dichiarati, si guardano gli obiettivi realmente conseguibili. Abituato ad un approccio “scientifico” alla manipolazione dell’opinione pubblica, il cav sa che non vi è modo di riconquistare in tempi ragionevoli il consenso degli italiani.
I danni inferti al diritto e ai diritti, al tenore di vita delle famiglie, alla moralità della politica e alla credibilità internazionale del paese sono stati tali, che questa volta non basterà tirar fuori dal cappello un coniglio qualunque, e neanche un dinosauro.
Un anno fa Berlusconi si convince a sostenere l’esperimento Monti, nella speranza di schiacciare il centro sinistra sul sostegno acritico a misure di risanamento, spesso conseguenti a decisioni prese dal suo governo, e di frapporre una certa distanza temporale dalle sue dirette responsabilità di governo, puntando sulla grande capacità che hanno gli italiani di dimenticare.
Ma la scelta delle primarie e della coalizione con Sel, hanno dato allo stesso Bersani un profilo socialdemocratico, attento alle conseguenze della crisi sul mondo del lavoro e non solo al risanamento dei conti. La commedia di un Berlusconi anti europeo, contro i mercati finanziari, difensore degli ultimi, testata con i sondaggi non dà i risultati sperati. E dunque dal piano A della rimonta e della vittoria, si passa al piano B dell’impedire l’altrui vittoria.
E’ per questo che fa saltare il banco della nuova legge elettorale. Il vecchio porcellum è ancora un’arnese utile ai propri scopi, non più per vincere ma per creare la palude.
Data per persa la Camera dei Deputati, la battaglia si sposta al Senato dove si può bloccare il centro sinistra facendogli mancare alcune regioni determinanti per conseguire la maggioranza dei senatori.
C’è un’allenza oggettiva fra Berlusconi e Casini: trovare la ricetta adatta per un Senato senza maggioranza che costringa il PD ad un nuovo governo di grosse coalition rompendo l’allenza con SEL.
Per conseguire questo risultato ogni mezzo verrà utilizzato: alleanza a Nord con la Lega, a Sud con Miccichè, e può tornare utile anche un controllato espluà di Grillo, che congeli un significativo numero di senatori in un recinto chiuso ad allenaze con chiunque altro.
Si può contrastare questo piano? Si, ma bisogna esserne almeno consapevoli, e disposti a condurre una battaglia per vincere e non per pareggiare.
Bisogna mobilitare il proprio elettorato intorno alla possibile vittoria e ad un connesso programma di cambiamento. Indicare con chiarezza i primi provvedimenti del futuro governo Bersani, e i volti di una rinnovata squadra di governo.
E essere disposti a modulare l’offerta elettorale nelle diverse regioni. Almeno nelle “swing region” la coalizione di centrosinistra deve aprirsi, per impedire che piccole ma determinanti liste di sinistra o “arancione”, producano l’esatto contrario di quanto desiderato: la vittoria nazionale del caimano.
E’ questa una responsabilità del principale partito del centro sinistra, il PD. Ma anche di quanti a sinistra reputano, a torto o a ragione, non sufficiente il tasso di antiliberismo e di innovazione politica contenuto nella coalizione di centrosinistra. Se l’esito finale sarà la palude e la nascita di un governo neocentrista, non si apriranno ne migliori possibilità per i ceti popolari, ne per la democrazia.
Il tanto peggio tanto meglio, non ha mai funzionato e stavolta rischia di produrre mostri.

Michele Bonforte