martedì 18 dicembre 2012

Debito Pubblico: se non capisco non pago

La giustificazione che và per la maggiore è che ci siamo indebitati perché siamo un popolo sprecone. Una comunità che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità usando i soldi degli altri per garantirci il diritto alla salute, all'istruzione, alla previdenza sociale. Quest'idea è talmente radicata, che nessuno (o quasi) osa contestare le politiche lacrime e sangue che oggi ci impongono. Anzi le salutiamo come la giusta punizione per i peccati commessi. Peccato, però, che il peccato non esista e lo dimostra una ricostruzione effettuata dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo sulla finanza pubblica degli ultimi 30 anni.

Nel 1980, il debito pubblico italiano ammontava a 114 miliardi di euro pari al 56% del Pil. Quindici anni dopo lo troviamo cresciuto di 10 volte, più esattamente a 1150 miliardi di euro. Effetto dei nostri sprechi? In parte sì perché questo è un periodo in cui le spese per servizi e investimenti pubblici sono state superiori alle entrate fiscali. Ma solo per 140 miliardi. Se il nostro eccesso di spese fosse stata la causa di tutti i mali, il debito pubblico avrebbe dovuto raddoppiare, non decuplicare. E allora cosa ha contributo alla crescita incontrollata del debito? Risposta: gli interessi che in quel periodo oscillavano fra il 12 e il 20%. Bisognò attendere il 1996 per vederli scendere al di sotto del 9%. In parte l'Italia pagava per le scelte di Reagan che aveva bisogno di soldi per finanziare lo scudo spaziale. Non volendo alzare le tasse, si finanziava richiamando capitali dal resto del mondo con alti tassi di interesse. Gli altri paesi assetati di prestiti non avevano altra scelta che offrire di più.
La politica di spese per servizi superiori alle entrate durò fino al 1992 e in ogni caso procurò un disavanzo complessivo inferiore 6% Poi, con l'eccezione del 2009-2010, la spesa per servizi è rimasta sempre al di sotto delle entrate, permettendo un risparmio complessivo di 633 miliardi di euro. Una cifra sufficiente ad assorbire non solo i disavanzi precedenti, ma anche il debito di partenza e continuare ad avere un avanzo di 370 miliardi. Ma nonostante la politica da formichine, il nostro debito è cresciuto all'astronomica cifra di 2000 miliardi. Solo per colpa degli interessi che nel trentennio ci hanno procurato un esborso pari a 2141 miliardi di euro.
Dal che risulta che non siamo un popolo di spreconi, ma un popolo di risparmiatori spennati. Il tasso di risparmio privato degli Italiani è tra i più elevati al mondo.

Siamo polli finiti in una macchina infernale messa a punto dall'oligarchia finanziaria per derubarci dei nostri soldi, con la complicità della politica. E poiché la politica è eletta da noi , ci troviamo nella situazione assurda in cui scegliamo i nostri estorsori e li autorizziamo a sottoporci a ogni forma di angheria per servire meglio gli interessi degli strozzini. Una follia possibile solo perché viviamo nell'inganno dell'ignoranza. 
Per questo il Centro Nuovo Modello di Sviluppo ha messo a punto un kit formativo (simpatiche slides in pdf) e ha lanciato la campagna “Debito pubblico, se non capisco non pago” con lo scopo di promuovere una corretta informazione e la nascita di gruppi locali che si dedichino alla formazione.  Ulteriori dettagli sul sito www.cnms.it       [Testo  e link della campagna stessa]

La campagna, insieme ai movimenti affini italiani ed europei, mira a creare gruppi popolari di AUDIT (revisione) del debito negli enti locali e società a capitale pubblico sull'urlo del fallimento.

"Il problema degli enti locali in dissesto, infatti, è ancora più grave di quel che si pensa se si considera che in aggiunta agli oltre 400 comuni già falliti, ci sono, poi, ben 1.242 enti strutturalmente deficitari tra i quali alcuni potrebbero fallire da un momento all’altro. Di questi enti, sette sono amministrazioni provinciali e gli altri sono comuni. Se considerate che in Italia i comuni sono in tutto 8047, comprenderete che il problema è estremamente serio. Tra enti in dissesto e strutturalmente deficitari si supera il 20% dei comuni e non è poco." [Gaetano Montefusco]

Laura Vezzosi