venerdì 30 novembre 2012

Il mio voto al ballottaggio, senza certezze

Ho detto, nei giorni scorsi, che non avevo ancora deciso se andare a votare al ballottaggio. E che, nel caso fossi andato a votare, lo avrei fatto senza entusiasmo. Fossero state primarie “del Pd” - come hanno ripetuto ossessivamente in tanti, per scarsa informazione o per consapevole mistificazione – non sarei andato a votare nemmeno al primo turno, perché non sono un elettore del Pd. Ma queste primarie, nonostante tutto, non sono del Pd, sono del centrosinistra. E allora, il problema si pone. Ho riflettuto, ho parlato con diversi amici, credo che alla fine esprimerò il mio voto, pur non essendo cresciuto l’entusiasmo.
Che non sarebbe stato un voto per Renzi, lo sapevo già. Non per particolare astio verso di lui, come l’astio che provano molti “bersaniani” del Pd, quasi che scoprissero oggi la presenza nel loro partito di Renzi e, soprattutto, della cultura politica che esprime. E’ fin dalla nascita che il Pd “scopre” di avere al proprio interno tutto e il contrario di tutto, e ogni volta molti – invece di chiedersi se il problema non sia proprio nella filosofia originaria del Pd - si “meravigliano” delle Binetti, dei Rutelli, dei Calearo, di tutti quelli che se ne sono andati ,e anche di alcuni che sono restati. Demonizzare adesso Renzi è quindi molto bizzarro, oltre che inutile, anche perché paradossalmente il fenomeno Renzi deriva proprio dalle mancate scelte e dal mancato rinnovamento del Pd. Anzi, a me pare che Renzi rappresenti una versione riveduta e aggiornata del veltronismo, cioè del cosiddetto “Pd delle origini”, quello che Veltroni definiva con orgoglio “non di sinistra”, quello che “andava da solo” (e inanellava una sconfitta elettorale dietro l’altra, per altro insieme a tutto il resto della fu sinistra che al Pd non aveva aderito).  All’epoca, ho radicalmente dissentito da quella filosofia, continuo a dissentire oggi. Inoltre, dissento dalle posizioni che Renzi rappresenta, soprattutto in materia di politiche economiche, come l’esplicita condivisione delle riforme Fornero sulle pensioni e sul mercato del lavoro, più in generale della cosiddetta “agenda Monti”. E’ singolare, però frequente, che molti sostenitori di Renzi non considerino, o ignorino del tutto, queste posizioni, e anzi – se interpellati nello specifico – dicano peste e corna della Fornero e di Monti.  Ma tant’è: il fumo dell’abilità mediatica e la ostentata contrapposizione ai “vecchi politici” oscurano largamente l’arrosto delle proposte concrete.
Veniamo a Bersani. Io conservo delle perplessità, che non riguardano tanto lui personalmente, quanto piuttosto le tante contraddizioni e ambiguità politiche del partito di cui è segretario. Mi rimane il forte dubbio che, se anche vincerà il ballottaggio, possa poi ricominciare il consueto tormentone sulla collocazione e sulle scelte del Pd, una parte del quale continuerà a strattonare verso Casini, magari Montezemolo, comunque verso la continuità con il governo Monti (con o senza la presenza di Monti). Però, anche questo si sapeva da prima. Come si sapeva che, dopo aver sostenuto Vendola al primo turno, si sarebbe probabilmente arrivati a un ballottaggio di questo genere al secondo turno. Io non ho certezze su quello che accadrà in caso di vittoria di Bersani, non dò nulla per scontato, però penso possa rimanere maggiore spazio per una presenza e un peso,  all’interno di una coalizione di centrosinistra, dei temi che Vendola ha posto con forza in queste primarie, Diciamo: lo spazio per continuare la nostra battaglia politica. E’ poco, è abbastanza? Ripeto: non ho e non propagando certezze. Se non quella “al contrario”, cioè che non rimanga alcuno spazio nel caso di vittoria di Renzi, il quale ha già spiegato esplicitamente che, a lui, per filosofia generale e per contenuti concreti, la coalizione interessa poco o nulla.  
Per questo ragionamento, domenica segnerò la mia crocetta sul nome di Bersani. Considerandola un auspicio, non la firma su una cambiale in bianco.

Stefano Morselli.  

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