Nel Corriere della Sera del 6/2/2010 si può leggere una intervista a Paolo Ferratini, esperto del mondo della scuola, che ha fatto parte della cabina di regia della Gelmini.
“.... Un albero si giudica dal frutto e non dalle radici. In questo caso le radici rappresentano la necessità di ridurre la spesa pubblica, ma c'è una valutazione di merito che va considerata a prescindere da questo: il frutto, appunto.
.... la riforma mette ordine in quella giungla creata da venticinque anni di false riforme, cambi surrettizi e sperimentazioni impazzite.
.... la riforma mette ordine in quella giungla creata da venticinque anni di false riforme, cambi surrettizi e sperimentazioni impazzite.
.... a riduzione di percorsi formativi, insegnamenti, ore: tutte le rilevazioni internazionali ci dicono che la quantità non fa la qualità.
.... una cosa è cambiare l'impianto e un'altra cambiare la testa dei professori e il modo di fare scuola. Per quello servono formazione e infrastrutture, a partire dall'edilizia scolastica
(scandalosa) e dai tanti problemi di diritto allo studio. E quindi: questa riforma è stata fatta all'insegna del contenimento della spesa, va bene. Ma per le prossime serviranno nuove risorse.”
Siamo all'orgogliosa rivendicazione dei tagli alla scuola, sulla linea del meno è meglio, salvo ipotizzare una nuova riforma dove per qualificare strutture e docenti ci vorranno soldi in più.
L'abolizione delle sperimentazioni ci fa dimenticare che in questi anni si sono appunto “sperimentati” diversi approcci didattici. Molte sperimentazioni non hanno approdato a nulla di buono. Ma altre invece hanno dato ottimi risultati. E le sperimentazioni si sono fatte per questo: provare sul campo diversi modelli per avere delle indicazioni sulle riforme da fare.
Alcune indicazioni sono state effettivamente seguite nella riforma Gelmini: inserire più matematica nello scientifico e nel classico, o più lingue straniere nei tecnici. Difatti i presunti aumenti per queste materie sono solo teorici: nella pratica si conferma quello che oggi le sperimentazioni (adottati dal gran parte degli istituti) prevedono.
Altre sperimentazioni invece vengono affossate senza un minimo di discussione: vittima di questo taglio è il concetto di biennio comune, l'idea cioè che bisogna rendere agevoli i ripensamenti dei ragazzi nelle scelte fatte a 13 anni. IL BUS Pascal di Reggio Emilia ed il suo modello didattico è la vittima illustre della riforma Gelmini nel nostro territorio. Cosa si prevede per evitare il prevedibile aumento di abbandono scolastico?
Nel caso degli orari, siamo ad un travisamento: si pensa che riducendo l'orario scolastico i ragazzi saranno per meno tempo a scuola. Così non è, perché, se con 40 ore si facevano le ore brevi da 50 minuti, con 32 si faranno le ore normali da 60 minuti.
Quello che si taglia sono le discipline, e nei tecnici sopratutto i laboratori legati alle specializzazioni. Qui si dovrebbe spiegare come si diventa buoni tecnici facendo meno tecnica. Sarà perché i laboratori costano?
C'è poi il mitico legame fra scuola e mondo del lavoro. Trascurando il fatto che molte sperimentazioni sono nate per venire incontro alle richieste delle aziende su un specifico territorio, e trascurando il fatto che la scuola dovrebbe formare cittadini e non lavoratori, siamo sicuri che queste aziende sappiano di cosa avranno bisogno fra 5-8 anni?
RE 7/2/2010
Michele Bonforte
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