martedì 30 settembre 2014

Sulle ceneri dell'art. 18 nasce il Partito della Nazione.

Michele Bonforte

Cosa ha portato Renzi a cambiare idea sull’art. 18 in pochi mesi? Oltre alla sua istintuale tendenza a fare esattamente l’opposto di quello che dice, ci deve essere dell’altro.
Ed essendo Renzi un politico puro, che si gioca a poker il destino del paese per costruire la propria leadership, è forse sul terreno della politica pura che bisogna trovare la risposta, in quella che si definisce a volte “politique politicienne”.
Dopo mesi di effervescenti annunci, l’estate ha presentato il conto della dura realtà: la crisi economica e sociale si acuisce, e non si vede nessun effetto positivo della sterzata renziana, anzi. L’autunno poi si annuncia duro, poiché va presentata la legge di stabilità, con tagli per 20-25 miliardi chiesti dalla destra liberista che governa l’Europa, che avranno un ulteriore effetto depressivo sull’economia e sull’occupazione.
Renzi ha scelto di stare all’interno del perimetro del liberismo, ma vuole scansare il prevedibile malumore che seguirà alle speranze deluse, alla dura realtà di una situazione economica e sociale resa peggiore dalle scelte finora fatte, e sopratutto non fatte.
Per un politico dalla vocazione populista come Renzi, quello che conta è raccogliere o carpire il consenso, evitando come la peste i problemi seri come le politiche necessarie per il rilancio del paese, che hanno il difetto di non risolversi con un annuncio, che spesso richiedono mesi se non anni di paziente lavoro, e la creazione di uno schieramento sociale, che chiarisca quali interessi si sostengono e quali si scalfiscono.
Per questo la mossa di Renzi sposta il piano, portando tutti a discutere di art 18 e non della crisi economica e dei tagli di 20 miliardi che il Governo sta preparando. E punta con la bandiera simbolo dell’art. 18 a sfondare nell’elettorato di destra, e ad isolare e ricattare la sinistra interna del PD.
Con questa mossa Renzi supera il Rubicone: il futuro del PD è nel collocarsi al centro dello schieramento politico, recidendo il legame con l’elettorato di sinistra, e puntando ad attrarre nel nuovo Partito della Nazione non solo Alfano, ma anche quanti in FI soffrono la lontananza dalle stanze del potere, e non vedono più una prospettiva nel crepuscolo berlusconiano o men che meno nella radicalizzazione a destra proposta da Fitto e soci.
La tentazione di portare il paese alle elezioni anticipate è ora forte. Da un lato si sposterebbe in avanti la discussione sulla situazione economica, dall’altro la legge elettorale conseguenza dell’intervento della Corte Costituzionale sul porcellum, con il suo ritorno al proporzionale, permetterebbe di rinviare a dopo il voto la decisione su quali alleanze fare, e darebbe a Renzi gruppi parlamentari del PD fedeli.
La sinistra che c’è deve ora battere un colpo. La battaglia per il lavoro, la sua dignità, ha bisogno di un riferimento politico. L’esigenza di una sinistra politica non frantumata è sempre più pressante. Le divisioni su stare dentro/contro/con il PD vengono ora risolte da Renzi.
Ci vuole una sinistra unità, che deve essere capace di raccogliere la critica alla politica che anima il successo del M5S e che si candidi a contendere il governo del paese, così come fa Syriza in Grecia.
Ci vuole una coalizione politica nuova, radicalmente democratica, basata sulla partecipazione. Per costruire una proposta di uscita dalla crisi sociale ed economica con le energie e le intelligenze di migliaia di persone che non vogliono più solo essere rappresentate ma vogliono contare, e decidere.

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