sabato 21 giugno 2014

Partito della nazione? No, grazie

Stefano Morselli

Vedremo presto quali saranno le scelte politiche concrete dei parlamentari che sono usciti da Sel, a loro dire nientemeno che per fedeltà allo spirito fondativo... di Sel. Nel frattempo, è comunque evidente l'effetto calamita che il Pd in salsa renziana sta esercitando in varie e anche opposte direzioni, ad esempio verso l'area centrista, in particolare ex montiana.
Ne viene premiato, in questa fase, il concetto di "partito contenitore" delle più svariante tendenze, cioè sostanzialmente il medesimo concetto che fu alle origini del Pd veltroniano. Nel quale, infatti, trovarono posto per un certo periodo l'operaio della Thyssen Krupp (Boccuzzi) e il falco confindustrale (Calearo), l'anticlericale impenitente (Odifreddi) e l'integralista cattolica (Paola Binetti). La differenza, non da poco, è che il Pd di Veltroni allora perse, mentre il Pd di Renzi in questo momento vince. Però, va riconosciuta a Veltroni la primogenitura che gli spetta. Con buona pace di chi, in dissenso da quel concetto, spiegò a suo tempo che bisognava costruire qualcosa di diverso, ed ora spiega invece - cambiare idea è lecito, ma bisognerebbe almeno ammetterlo - che lo stesso concetto è sostanzialmente giusto, tanto che bisogna abbandonare l'idea di costruire qualcosa di diverso.

Adesso c'è, però, qualcosa di più. Non basta il concetto che il Pd debba essere un grande contenitore di tutto e del contrario di tutto, adesso c'è la teoria che ne costituisce l'ulteriore ed estremo sviluppo: il "partito della nazione". Forse, si tratta semplicemente di uno slogan propagandistico, nemmeno troppo originale, perché arriva sulla scia di altre formule già usate ed abusate altrove, dal "popolo delle libertà" ai "portavoce dei cittadini". Formule nelle quali le parole "popolo", "cittadini", "nazione" vengono svuotate del loro significato e brandite per suggerire l'idea che gli avversari politici siano cosa diversa. E magari ostile al popolo, ai cittadini, alla nazione.

Ma forse, questa nuova formula del "partito della nazione" non è solo uno slogan propagandistico. Forse, cavalcando l'onda del leaderismo e del plebiscitarismo, qualcuno davvero pensa che sia una filosofia brillante, da teorizzare e da praticare. Per quanto mi riguarda, la trovo assolutamente inaccettabile, perché contiene una visione totalizzante e totalitaria della politica. Se esiste un "partito della nazione" - all'interno del quale si può e si deve svolgere l'intera dialettica tra posizioni di sinistra, di centro, di destra, di sopra e di sotto - a che servono altri partiti ? E se esiste un "partito della nazione", il suo leader sarà il "leader della nazione"? Di più: se esiste un "partito della nazione", con il suo bravo "leader della nazione", come si fa a non condividerne la vocazione e la missione senza esporsi all'accusa di essere "fuori dalla nazione", o addirittura "contro la nazione" (un tempo si diceva "antinazionale")?.

Comunque sia, no grazie. E visto che tutti gli altri posti sono occupati, ci siederemo dalla parte del torto (cfr. Bertolt Brecht).

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