sabato 19 gennaio 2013

un anno in Palestina e Israele

Mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sul conflitto tra israeliani e palestinesi, qualcosa di attuale, un punto di vista sui fatti non filtrato dall'ANSA o dalle altre agenzie di stampa di sistema.
La trovo un'ottima idea. Io ho vissuto un anno in Palestina e Israele nel 2006/2007 come volontaria, e posso offrire il mio umile contributo.

Inizio dicendovi da che parte sto.

Non sto dalla parte dei palestinesi. Non sto dalla parte degli israeliani. Sto dalla parte dei nonviolenti che siano palestinesi o israeliani. Sto dalla parte delle vittime, ed in particolare delle vittime che decidono di non vendicare il dolore con altra violenza. Quindi neutrale rispetto alle parti, ma non neutrale rispetto alle violenze.
Ho conosciuto ebrei israeliani o israeliani non credenti stupendi, dei veri eroi. Ho conosciuto israeliani svuotati completamente della capacità di leggere la realtà, vittime della propaganda di guerra, e dunque svuotati di umanità. La stessa cosa vale per i palestinesi.
La stessa cosa vale per noi italiani.

Ero volontaria del corpo nonviolento di pace Operazione Colomba. I progetti erano a sostegno della resistenza nonviolenta del villaggio palestinese di At-Tuwani e di Aboud.
Il paese di At-Tuwani è stato “adottato” e quindi curato, seguito come un figlio da diverse associazioni pacifiste israeliane come Ta'ayush, Rabbis for Human Rights, Yesh Din sin dal 2001. Sono state loro nel 2004 a chiedere a noi italiani di andare a vivere ad At-Tuwani.
Quel paese e tutti i dintorni erano minacciati da espropriazioni di terreni ed evacuazioni forzate di interi villaggi da pare dei coloni estremisti ebrei e dell'esercito israeliano.
Il paese di Aboud, metà cristiano e metà musulmano, era minacciato dalla costruzione del muro pur essendo molti km interno alla linea verde. Il Patriarca Latino di Gerusalemme Michel Sabbah nel 2003 ci chiese di vivere là per denunciare le vessazioni dell'esercito israeliano, e per stimolare e sostenere la nascita di un comitato nonviolento contro la costruzione del muro che avrebbe rubato metà dei terreni coltivati a ulivo e soprattutto la cisterna dell'acqua. Siamo rimasti fino al 2006.

Ho imparato che la nonviolenza funziona. Non è la scelta dei “conigli” ma richiede molto più coraggio della violenza, e soprattutto è l'unica vera soluzione. Perchè la violenza non porta ad un equilibrio stabile, ma crea altre vittime e quindi altri potenziali nemici. La vittoria della nonviolenza non è quella di annullare i nemici, ma di trasformare i nemici in amici.

Al giovane israeliano è stato detto: “Io so che tu sei stato qui, che hai svolto il servizio militare in questa zona, come puoi vedere senza divisa la gente ti guarda con occhi diversi. 
Ora non sei un soldato, ma un nostro ospite, e sarai sempre benvenuto, 
sarete sempre benvenuti, questo è anche il vostro villaggio”. Questo è anche il nostro villaggio. 


Laura Vezzosi