Carissimi... non è farina del mio sacco.
Ho chiesto ad un carissimo amico che ha vissuto molti anni nei Territori Occupati di aggiornarci con il suo sguardo su Palestina e Israele. Lui conosce entrambe le lingue e segue la stampa locale. Ecco il suo primo pezzo. Vi saluto. Laura Vezzosi
ELEZIONI IN ISRAELE
Il partito Yesh
Atid (lett. c’è un
futuro), divenendo il secondo partito dopo il Likud, è la sorpresa
di queste nuove elezioni in Israele. Terzo, è il vecchio partito
laburista. Gli osservatori politici pensano che il partito di Mr.
Lapid (leader di Yesh Atid)
dovrà appoggiare l’attuale leader Netanyahu, ma con un interesse
dichiarato per le questioni di politica interna, come la riforma
degli alloggi e la riforma dell'istruzione. Anche in Israele è forte
la protesta per ottenere riforme sociali come in tanti altri paesi
del mondo, protesta che ha trovato nel gruppo Yesh
Atid la sua manifestazione.
Prima delle elezioni, si pensava che i temi dominanti del nucleare
iraniano e della pace con i palestinesi dovessero condizionare le
elezioni ma non sembra essere stato così. Il Likud ha perso molto ma
non abbastanza, il blocco dei partiti che spingono per lo status
quo è ancora molto forte e
sembra impossibile che la nuova forza liberale centrista possa
ottenere qualcosa sul versante della pace, forse potrà ottenere
qualche riforma sociale. Per ricominciare il dialogo di pace, sarebbe
necessario un forte cambiamento di pensiero ma anche di uomini, i
vecchi mestieranti come Netanyahu, Barak, Peresh e altri hanno già
fornito prova di non volere la pace. La risposta del primo ministro
israeliano dopo il conferimento ai palestinesi di nazione membro
osservatore alle Nazioni Unite non è stata verbale ma tremendamente
chiara nei contenuti: si continuerà a costruire insediamenti nelle
zone palestinesi, soprattutto a Gerusalemme est. In questo modo il
processo di pace (ma quando mai è iniziato veramente?) è
inesorabilmente compro-messo.
Ma
lo scenario mediorientale, con la primavera araba, è cambiato molto,
Israele ha perso I suoi tradizionali alleati: la Turchia e l’Egitto,
dove il primo ministro egiziano Morsi ha promesso di rispettare il
trattato di pace con Israele ma si adopererà sicuramente nel
sostegno ai palestinesi in qualsiasi situazione. Dall’interno,
molti conte-stano a Netanyahu di fare una politica d’isolamen-to,
soprattutto con la nuova costruzione della cinta di difesa lungo la
linea Gaza-Eilat e nel Golan. L’attuale amministrazione USA non è
mai stata così lontana dalla politica dei governi israeliani come
ora, giacché sta cambiando lo scenario geo-politico dell’area.
Israele si sta chiudendo da solo in un ghetto; si impone ora la
domanda: può, uno stato isolato e circondato da “nemici”, avere
un futuro? Potrà Israele continuare a finanziare un costosissimo
stato di polizia con una grave crisi interna che sembra tutt’altro
che finita? La politica d’Israele, dal dopo-Rabin a oggi, sembra
portare il paese in un vicolo cieco, da cui Israele dovrà uscire da
“solo”.
Baruch
ha sofèr