Accordi trasversali e poteri forti: voilà, ecco la nuova Manodori, così simile alla vecchia.
"Ancora una volta la presidenza della Manodori è assegnata in base ad accordi trasversali, che rispondono agli interessi particolari della precedente gestione a cui si aggiunge la novità dell’asse Confindustria-Api in assenza, al momento, di unconcreto programma di rinnovamento. Con l’asse Confindustria-Api al governo della Manodori si rafforza un sistema di poteri e di interessi in grado di scompaginare altri equilibri e si produce una grave frattura con la cooperazione e altre associazioni. Forse il presidente della Camera di Commercio Enrico Bini dovrà prendere atto che il problema va oltre l’etica nel ruolo che ha avuto la consigliera dell’Api. Quel che è avvenuto in Manodori rischia di consegnare il futuro dell’Api nelle mani di Confindustria: del resto della prospettiva della unificazione l’associazione di via Toschi non ha mai fatto mistero. Questa ipotesi andrebbe a cancellare la storia di un'associazione che ha fatto dell’autonomia e del pluralismo della rappresentanza imprenditoriale la sua forza. Per ora c’è da augurarsi che la nuova governance della Manodori non ripeta le “brillanti” operazioni del recente passato, prestito per la quotazione in borsa di Coopservice e investimenti in azioni Unicredit della maggior parte del patrimonio della Fondazione in primo luogo. Auspichiamo invece che parte delle risorse della Fondazione siano destinate a fronteggiare gli effetti della crisi ecomomica e a contribuire a sostenere gli investimenti per le opere e le spesa sociale della nostra comunità, visto che attualmente la Fondazione reggiana è agli ultimi posti in Regione per questo tipo di erogazioni. Temiamo però che queste siano speranze vane, visto che la nuova governance assomiglia molto alla vecchia.
Noi continuieremo con forza a chiedere una revisione dello statuto della Fondazione, insieme a un cambiamento nei meccanismi di nomina dei membri della governance, dove siedono rappresentanti dei gruppi di interesse più disparati ma dove non siedono i rappresentanti delle organizzazioni più rappresentative delle lavoratrici e dei lavoratori della nostra provincia che sicuramente saprebbero come orientare gli interventi a favore dei più poveri e più bisognosi. E’ infine grave che l’accordo tra gli enti locali, Comune, Provincia e Camera di commercio non abbia trovato il necessario sostegno come nell'ipotesi di proposta presentata ieri: ancora una volta la non coesione di intenti e le ambiguità della presidente della provincia hanno portato alla sconfitta. Una pratica di contrapposizione tra enti e personalismi che ha già prodotto esiti negativi per il centrosinistra reggiano non ha prospettive future. Anche per questo si conferma la validità della scelta che Sinistra e Verdi ha compiuto nelle recenti elezioni per una provincia più a sinistra nei programmi di governo e nel rapporto democratico con i lavoratori e i cittadini" (Franco Ferretti, Sinistra e Verdi). Nella foto, il nuovo presidente della Manodori Gianni Borghi con il ministro berlusconiano Sacconi.
In sostanza con la nomina di Borghi alla presidenza della Manodori Maramotti rafforza ulteriormente la sua presenza in Unicredit, di cui Credem è azionista.
RispondiEliminaNon è sorprendente, anzi, è normale, che un industriale vicino alla famiglia Maramotti sia stato messo alla guida della Manodori. Quello che è incredibile è che personaggi che hanno rappresentato le figure più importanti del centro-sinistra reggiano, o che lo sono tuttora, abbiano come massima aspirazione quella di fare le "cameriere" (politicamente parlando) di queste grandi famiglie conservatrici.
RispondiEliminaPersonalmente credo che Maramotti non c'entri nulla. Questa voce viene fatta girare dai protagonisti della poco edificante vicenda, giusto per darsi un po' di tono e dignità in più. Quello che è successo è tutta farina del sacco di chi vi è stato direttamente coinvolto.
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