Fabio Mussi:
Come vede questa grave crisi economica mondiale?
La crisi economica che ha i
terribili effetti sociali e ambientali come quelli che stiamo attraversando,
non è un fenomeno naturale del cambiamento del tessuto economico, è l’effetto
di scelte sbagliate che in questi anni hanno portato a una progressiva
emarginazione del lavoro, ad un impoverimento delle classi medie con
conseguente arricchimento di minoranze privilegiate. Per invertire il segno e
l’avanzamento di questa crisi, occorrono politiche adeguate. Prima abbiamo
avuto Berlusconi che ha agevolato i propri interessi incurante di ciò che stava
accadendo, poi Monti l’economista poco consapevole, e ora questo governo delle
larghe intese, non riesce, o non vuole, agire nella giusta direzione. C’è
urgente bisogno di una politica consapevole, che ponga al centro dell’agenda
ricerca di soluzioni.
Lei che ha visto ed è stato protagonista di tanti cambiamenti del
Paese, ma mai di una crisi come questa, come ritiene debba agire la politica
per uscirne?
Siamo immersi in questa crisi
da 7 anni, non si conoscono nella storia del secolo scorso, crisi di questa
durata, non restando tutto statico, tutto è sceso come se fossimo in un
gigantesco lunapark, è scesa la maggioranza, e salita la minoranza. Quello che
io mi aspetterei, ed è con dispiacere che vedo non far parte dell’agenda
politica, è una proposta di riforma del sistema. Dalla crisi del 1929 si uscì
riformando il sistema con nuove leggi bancarie, politiche economiche, sostegno
della domanda. Oggi, escluso qualche economista, qualche minoranza politica,
dov’è che si costruisce una riforma del capitalismo finanziario? Non c’è! La
distinzione tra banche finanziarie e banche dì investimento, che gli ha
consentito di fare speculazioni globali, è una legge approvata nel 1996 da
Clinton negli Stati Uniti e da Blair in Europa, abolendo la legge dei 33.
Possiamo ripristinare quella legge e di conseguenza la distinzione tra i due
tipi di banche. Per cui la speculazione si può fare, ma non con i nostri soldi,
quelli dei cittadini. Le persone con il proprio lavoro, quello di braccia e
cervello, produce ogni anno 600 milioni di euro, contrapposti ad un enorme
cifra di “derivati”, con i quali si affonda il Paese, si distrugge l’economia.
La politica viene sentita sempre più distante in quanto ricopre il ruolo di
regolatrice, cancellando il potere economico e finanziario.
Un riformismo vero, non quello
di parole che sento ogni giorno, deve porsi questo problema e lo deve fare in
fretta. Ricordo che gli economisti di 100 anni fa, affermavano che la
disoccupazione superiore al 7% era insostenibile per l’economia di un Paese,
ora in Italia, siamo oltre il 12%, in Europa poco meno, questo è allarmante e
per me inimmaginabile. Poi sento dire che siamo in vista di una ripresa pari allo
08-09% ma senza lavoro, si producono 16 miliardi di ricchezza però non c’è
lavoro, i salari non aumentano, quindi dove finiscono? Semplice, nei consumi di
lusso e nei capitali esportati illegalmente all’estero.
Se la politica non riprende
seriamente il comando su questi aspetti, è morta. Si va alla deriva. Gli
effetti sociali della crisi, si sommano a quelli ambientali, divenuti
insostenibili per il pianeta.
Per dirla con poche parole, ci
vuole una sinistra!
Questo governo delle larghe intese continua nella staticità, SEL ha
idee riformiste e ben chiare, quali sono a suo parere gli interlocutori a cui
rivolgersi?
E’ assurdo in qualunque Paese del mondo, che
il partner della maggioranza condannato, inquisito per reati gravi, minacci di
far cadere il governo, devono essere gli altri a non voler governare con lui,
questo è solo un governo di ritagli, non coerente con nessuna politica seria.
Già il fatto dell’IMU ha
dell’incredibile, per abolire la prima rata sono stati tagliati fondi
all’occupazione, al trasporto ferroviario e alle forze di polizia. Occorre far
conoscere ai cittadini che se non si trovano i fondi per l’abolizione della
seconda rata, scatta automaticamente l’aumento della tassazione alle imprese e
l’aumento delle accise sulla benzina. Spero di trovare presto interlocutori nel
PD e che lo stesso partito si renda conto della sua insostenibile posizione. Il
nostro Paese ha bisogno di una diversa caratura, stiamo sopravvivendo, mentre
vogliamo vivere.
Maurizio Landini:
Quali ritiene siano le politiche per uscire dalla crisi e tutelare i
lavoratori?
Siamo nelle mani di un governo
del “fare” che non ha fatto nulla rispetto al precedente governo Monti, siamo
bloccati dentro quello schema. la famosa lettera della Banca Centrale Europea,
che impone agli Stati diversi obblighi, è stata seguita fino e solo per
arrivare ad un pareggio di bilancio. Una follia totale che modifica la
Costituzione. L’attuale governo non sta compiendo politiche del lavoro, ha solo
ottemperato al pagamento dei debiti che lo stato aveva contratto con molte
imprese. A mio parere le ragioni di questa crisi nascono da diversi aspetti,
tra i quali la legiferazione di diversi Stati, per la libera circolazione dei
capitali i quali circolando senza vincoli, incidono in modo determinante
sull’economia interna dei Paesi. Questo è uno degli elementi di rottura tra la
democrazia e il capitale che si muove liberamente. Questo ha determinato una
ridistribuzione della ricchezza a danno dei lavoratori che hanno sempre meno
diritti. E’ una situazione senza precedenti, siamo di fronte alla finanza che
produce ricchezza, creando un grave trattamento di disparità. Il cambiamento,
strada che dobbiamo intraprendere con estrema urgenza, è di andare a prendere i
soldi dove sono, non solo combattendo l’evasione fiscale, ma anche inserendo
una patrimoniale, senza tralasciare gli investimenti. Ora tutti parlano di
ripresa, ma se serve attuare politiche di investimenti nel pubblico e nel
privato, da parte di un governo che le attui seriamente. Penso che questo non
sia il governo di cui il Paese ha bisogno, siamo bloccati in una situazione
difficile e pericolosa. Vedo un peggioramento generale, dovuto alla mancata
assunzione di lavoratori. Siamo in presenza di aziende che licenziano,
chiudono, mettono in cassa integrazione, in mobilità, de localizzano
all’estero, in questo modo non è possibile continuare, servono provvedimenti
per definire le politiche del lavoro. Un paio di esempi su tutti, i trasporti,
se si va oltre l’alta velocità, che unisce le maggiori città da nord a sud, il
resto del trasporto ferroviario è inagibile, i pendolari sono disperati, i
treni allo sfascio. Altro nodo, gli autobus che percorrono le nostre città,
inquinano l’aria e devono essere sostituiti, ma non con mezzi prodotti in Italia,
le cui aziende produttrici chiudono, li dobbiamo acquistare all’estero. Una
follia!
Abbiamo sotto gli occhi interi
settori della siderurgia, dell’auto e di altre grandi produzioni che de
localizzano sempre più. Stando ai dati che forniscono un vero quadro della
situazione, emerge che a Mirafiori 900 persone lavorano 3 giorni al mese e di
nuovi modelli da produrre non ce ne sono. A Pomigliano metà dei lavoratori sono
fuori dalla fabbrica, a Termini Imerese, si prevede la chiusura dello
stabilimento entro fine anno, Cassino ancora oggi non se ne conosce il destino.
In una situazione di questa gravità, le politiche di governo dovrebbero essere
nella direzione che l’intervento pubblico nell’economia sia un punto decisivo.
Noi abbiamo chiesto una cosa molto chiara, di intervenire per evitare altri
licenziamenti, cosa che dovrebbero fare anche le imprese private. Perché se si
chiede ciò al governo e ne contempo le imprese private de localizzano
all’estero, non si arriva a nessuna soluzione. Se si vuole, cosa che noi
vogliamo, fare una politica industriale seria, servono elementi chiari.
Perché non si attuano di
solidarietà? Perché non si incentivano le imprese in modo da ridistribuire il
lavoro e non licenziare? La risposta ritengo sia l’urgenza di un cambiamento da
parte di questo governo, con le politiche in atto e con il blocco nei fatti,
non si sta modificando il quadro della situazione.
Trovo anche singolare in un
Paese in cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incustionalità della legge
elettorale con cui si elegge il Parlamento, il quale si è dato il compito di
modificare la Costituzione, altra follia italiana! Quindi, invece di perdere
tempo in questioni in cui sono delegittimati, devono provvedere a risolvere problemi urgenti del Paese. Ritengo che l’atto
più “rivoluzionario” non sia cambiare la Costituzione, ma “applicarla” nei
contenuti, anche nel ruolo dell’impresa da parte dello Stato e non di
continuare a salvare sempre gli stessi elementi politici. Se non si applicano
investimenti pubblici e privati nel lavoro, non usciamo dalla morsa della
crisi.
Siamo il Paese europeo con la
precarietà più alta e il salari più bassi, con gli investimenti ridotti alle
briciole. Purtroppo non sento discussioni in merito a quanto detto. Se la politica non capisce che le persone si
sentono sole, che le rappresentanze politiche partono dal basso e che la
politica così detta di “palazzo” non è presente per loro ma solo per i poteri
forti, andiamo alla deriva del Paese. Manca quella politica autonoma che mette in
discussione il potere e risponde alla costituzione. Corriamo il rischio di una
crisi politica drammatica in Italia come in Europa. Non trovo giusto che si
abbia sempre paura di dire ciò che si pensa, che si debba mediare. Non è il
momento di mediare, è il momento di capire bene cosa sta succedendo e di porre
elementi di cambiamento, di rappresentare le persone, le stesse che tengono in
piedi questo paese, che onestamente fanno la loro parte ogni giorno.
Katia Pizzetti
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