Uno schiaffo ai 3 milioni di partecipanti alle primarie. Nel tempo di soli due giorni una nutrita pattuglia di parlamentari PD affossa la candidatura di Prodi, imponendo la linea del governo di larghe intese a Bersani ed al resto del PD, sotto il ricatto di una rottura del partito.
Ma in questo modo il PD non è più se stesso; non solo perché affossa Prodi, ma anche perché sostituisce il metodo democratico delle primarie, con il ricatto di una minoranza di circa il 20% sul resto. Quel metodo democratico che ha ancorato il PD al sentire comune di sinistra del suo popolo, ora è sostituito dall’antica prevaricazione del gruppo dirigente sulla base, rea di non capire le necessità del momento politico. Vecchi arnesi confessionali (come Fioroni) e vecchi arnesi stalinisti (come D'Alema) si sono ritrovati nel segreto dell’urna, insieme ad altri più giovani rampanti, per far saltare il centro sinistra e imporre il governissimo.
Certo Bersani poteva rifiutare il ricatto e spingersi sul terreno della convergenza sul nome di Rodotà. Non lo ha fatto per paura della rottura del PD, ma anche per la scarsa credibilità del M5S nello stipulare un accordo che includesse anche la nascita di un governo, dopo 4 settimane di inutili tentativi.
Si apre ora una fase rischiosa della vita politica del paese: il pallino è in mano a Berlusconi, che è il vero vincitore di questi mesi. Mentre si aggrava la condizione sociale di milioni di persone con la disoccupazione e la riduzione del reddito, il governo che nasce, al di là dell’ottimismo della volonta della squadra del governo Letta, sarà costretto dal PdL a proseguire le politiche liberiste.
Se una novità sembra esserci, essa appare negativa e foriera di pesanti conseguenze per chi già oggi sta peggio. Se le intenzioni di una riduzione del prelievo fiscale verranno confermate, ed essendo che la patrimoniale sui ricchi di certo non verrà nemmeno discussa, ci troveremo di fronte ad un forte attacco alla spesa pubblica, ed in specifico quella dei comuni e delle regioni (in primis la sanità).
Le conseguenze macroeconomiche saranno di nuovo recessive (si sostituisce una spesa certa con una incerta) e socialmente inique (verranno tagliati i servizi sanitari e di welfare locale).
Tutto ciò peserà sul PD, che verrà cucinato a fuoco lento da Berlusconi, pronto poi a staccare la spina quando gli sarà utile per vincere in scioltezza una nuova campagna elettorale, dove il centro destra avrà un sistema di alleanze (Maroni, PdL e Casini-Monti) ed il centro sinistra sarà un campo di macerie.
La situazione è pessima, dunque. A noi di sinistra si impone il compito di ricostruire il nostro campo, a dargli spessore e capacità di proposta, privileggiando la sfida programmatica e rifiutando ogni sterile pulsione settaria. L’11 Maggio a Roma comincia questo cammino. Noi da Reggio ci saremo. E pare che saremo in tanti.
29/4/2013 Michele Bonforte
Dici per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era cominciato.
E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
un’apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può negarlo.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d’ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha stravolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.
Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto?
Su chi contiamo ancora?
Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi.
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta oltre la tua.
A CHI ESITA - di Bertolt Brecht