venerdì 4 marzo 2016

Renzi va alla guerra

Michele Bonforte

C’è una regola aurea nella tradizione politica italiana. Quando la politica interna non da soddisfazioni, si passa ad un interventismo spinto in politica estera.
Malgrado i proclami e le quotidiane esternazioni sull’Italia che cambia verso, tutti i sondaggi di opinione confermano il permanere del pessimismo sulla situazione economica del paese, che rimane fanalino di coda in Europa su occupazione e PIL.
Ora apprendiamo che in questi mesi, in gran segreto, si è preparato un piano di intervento militare in Libia. Gli Usa ci mettono la copertura aerea con i droni. L’Italia ci dovrebbe mettere le proprie basi militari (come al solito!) e alcune migliaia di soldati pronti a mettere i famosi "boots on the ground".
Che la situazione di disgregazione della Libia richieda un intervento deciso della comunità internazionale appare comprensibile. Che tale intervento sia prevalentemente militare e che sia assegnato all’Italia è un azzardo gravido di pessime conseguenze.
Appare utile ricordare come l’attuale situazione sia la conseguenza di un assurdo intervento militare di Francia ed Inghilterra (con l’Italia a seguito), che per destituire un dittatore (Ghedaffi) hanno fatto spazio a decine di autocrati tribali, e agevolato così l’insediamento del fondamentalismo jihadista a pochi chilometri dal nostro paese.
L’intervento italiano avverrebbe all’interno di un paese diviso ora su linee tribali, dove l’unico elemento di unificazione potrebbe essere proprio la lotta all’esercito di un paese straniero, che guarda caso è proprio quello che gestisce le risorse petrolifere con proprie aziende (ENI) e che ha una poco nobile storia coloniale alle spalle.
L’Italia sarebbe nella non invidiabile situazione di dover rispondere per gli “effetti collaterali” dei bombardamenti intelligenti dei droni, calamitando sulle nostre truppe e sul nostro territorio nazionale l’odio di un popolo che fino a pochi anni viveva nel benessere economico anche se non nella libertà. Né è da trascurare l’ipotesi che un nostro intervento militare richiami in Libia combattenti jihadisti dell’area, e trasformi ogni italiano che viaggi in Africa in un obiettivo per il franchising del terrorismo globale.
Renzi sta scherzando con il fuoco. Per distrarci dai suoi insuccessi interni, rischia di precipitarci nell’inferno di una guerra lunga e sporca.
L’alternativa c’è. Ed è quella di un intervento che usi le stesse risorse economiche che verrebbero bruciate nella guerra, per stabilizzare i paesi del nord Africa, a cominciare dalla Tunisia e dall’Algeria che vanno inseriti con clausole di vantaggio nel mercato comune europeo. E che dia sostegno anche militare a chi in Libia è intenzionato a combattere contro il nazismo jihadista. Come insegnano i curdi in Sira ed Iraq, i migliori combattenti sono quelli che si battono per la propria libertà.

Certo, una volta agguantata la vittoria, poi vogliono decidere da soli il destino delle loro terre. Ma, a meno che non coltiviamo insensati disegni neocoloniali, questo alla fine è un bene anche per noi.

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