mercoledì 23 marzo 2016

Votiamo no alla modifica dello statuto Iren che agevola la vendita delle azioni dei comuni ben sotto il 51%

In parlamento il PD affossa la legge sull’acqua bene comune, rendendo pressoché impossibile la gestione pubblica del Servizio Idrico Integrato.
Nello stesso tempo la Legge Madia licenzia i suoi decreti attuativi dove il ruolo pubblico nella gestione dei Servizi Pubblici è svuotato, mentre l'opzione del mercato e della finanza diventa "quasi" una scelta obbligata.
Questa è l'azione del governo Renzi: lavorare alacremente per la vendita degli asset pubblici detenuti dagli enti locali in favore di un mercato sempre più concentrato nelle mani delle super utilities a dimensione globale.

In questo frangente la proposta dei sindaci soci di Iren di scendere sotto il 51% apre alla sua privatizzazione definitiva. L’introduzione del voto maggiorato è la favola bella che ci viene raccontata per farci credere che il controllo rimarrà saldamente in mano pubblica. Forse per qualche mese si possono frenare gli effetti della privatizzazione, ma in realtà si rimuove ogni ostacolo reale ad investitori privati per scalare IREN.
E’ evidente come si sia lavorato molti mesi per arrivare a questa proposta di nuovo statuto, con frequenti incontri tra sindaci e azienda. SEL, come forza di maggioranza, non è stata coinvolta o informata, neanche in occasione del dibattito in consiglio comunale sul futuro della gestione dell’acqua.
Questa operazione è contraria all'interesse pubblico e dettata solo da ragionamenti di corto respiro: fare cassa con le azioni per avere un tesoretto da spendere sul territori. Ma questa operazione è una tantum, per cui poco lungimirante.
Cosa vale l'incasso immediato dei proventi della vendita se poi in pochi anni questo sarà compensato dai minori dividendi per diventare rapidamente un affare in perdita per le casse pubbliche?
Siamo consapevoli che molti Sindaci sono indotti a questa operazione dai tagli che si abbattono sui loro bilanci. Ma allora occorre avere il coraggio e la forza di denunciare le politiche del Governo nazionale che strozza gli enti locali, invece di tamponare le difficoltà vendendo ciò che si è costruito con i sacrifici delle generazioni passate.
Tutto questo in riferimento ad una società che già dovrebbe essere ricondotta dai soci a pratiche più corrette in termini di trattamento degli utenti e soprattutto dei lavoratori, come denunciato dai recenti scioperi.
coordinamento provinciale di Sinistra Ecologia Libertà di Reggio Emilia

martedì 22 marzo 2016

"Non riusciranno a sconfiggere la nostra amicizia e la nostra resistenza"

 Stefano Morselli


Lunedì sera sono rientrato dalla Tunisia, dopo quatttro giorni di incontri e manifestazioni, che coincidevano con due anniversari: l'assalto terrorista al Museo del Bardo, nel quale persero la vita anche alcuni italiani (18 marzo 2015) e la proclamazione dell'indipendenza tunisina (20 marzo 1956). Sono andato - insieme a una delegazione di Reggio Emilia, della quale facevano parte rappresentanti del Comune, della Provincia, della Filef, della comunità tunisina, dellla Croce Verde e del centro di cultura islamica - per presentare il libro, in lingua italiana e in lingua araba, nel quale racconto di Dante Bigliardi, fondatore e fino ai suoi ultimi giorni di vita presidente della Filef (Federazione italiana lavoratori emigrati e famiglie). .

Attorno alla presentazione del libro, è nato un più ampio progetto di amicizia e di cooperazione, in particolare con la città di Zeramdin, che si trova nella provincia di Monastir e dalla quale provengono ben 1.500 immigati che vivono e lavorano in terra reggiana. Siamo stati ricevuti con entusiasmo e grande ospitalità, dalle istituzioni locali, da associazioni di volontariato, da tanti cittadini. Per loro è stato un evento importante, perchè in netta contro-tendenza rispetto all'atmosfera di diffidenza, di ositilità, di paura che le drammatiche vicende del Medio Oriente e gli attentati terroristici puntano a diffondere. E perchè gli amici tunisini ci tenevano a testimoniare direttamente il loro rifiuto, la loro rabbia contro i fanatici sanguinari che infangano e bestemmiano la loro stessa religione.

Purtroppo, già questa mattina,sono arrivate le tragiche notizie da Bruxelles. Notizie orribili, come tante di questi ultimi mesi e anni. Notizie di fronte alle quali i nostri piccoli sforzi e le nostre piccole parole di pace e di amicizia sembrano impallidire. Ma non deve essere così. Mi vengono in mente le parole di congedo che mi ha rivolto un amico tunisino: "Non riusciranno a sconfiggere la nostra amicizia, la nostra volontà, la nostra resistenza".

Salam aleikum. La pace sia con voi, fratelli. e sorelle.


lunedì 21 marzo 2016

Adesione a Sinistra Italiana

Stefano Masia

Sono aperte le iscrizioni a SI, come ormai sappiamo il nostro partito ha aderito ad un percorso iniziato con Cosmopolitica e che si concluderà con il suo congresso a Dicembre. Quello che sta in mezzo, deve essere però la nostra priorità, il tempo stringe e dovremo provare a fare in qualche mese quello che non è stato fatto fino a ora, unire la sinistra. Non è certo la cosa più semplice di questo mondo, ma io, come molti altri di noi, ci crediamo e lavoreremo per questo. Abbiamo appuntamenti a cui non dobbiamo mancare, primo tra tutti il Referendum Costituzionale ad Ottobre, in cui dovremo arrivare il più compatti ed allargati possibili, per vincerlo e difendere la nostra Costituzione. Per farlo, dobbiamo iniziare a confrontarci con tutte le realtà di sinistra che vorranno farlo, principalmente sui territori. Invito quindi tutti coloro che credono in questo progetto ad aderire a SI (clik sul logo) e a partecipare a questo straordinario percorso con un unica direzione, SINISTRA!

sabato 12 marzo 2016

Iren, opporsi a sindaci che vogliono scendere sotto il 51%

On. Giovanni Paglia
Sinistra Italiana

Bisogna opporsi all'annunciata volontà dei sindaci soci di Iren di scendere sotto il 51% perché contraria all'interesse pubblico e dettata solo da ragionamenti di corto respiro.
Cedere azioni di una società che agisce in regime di concessione significa infatti trasferire risorse dai bilanci pubblici, e quindi dai servizi per i cittadini, alla rendita privata, oltre che perdere progressivamente la capacità di indirizzo e controllo su attività centrali per il benessere delle comunità.
Cosa vale l'incasso immediato dei proventi della vendita se poi in pochi anni questo sarà compensato dai minori dividendi per diventare rapidamente un affare in perdita per le casse pubbliche?
Anziché avere il coraggio e la forza di denunciare le politiche del Governo nazionale, che strozza gli enti locali, si preferisce tamponare le difficoltà vendendo ciò che si è costruito con i sacrifici delle generazioni passate.
Tutto questo in riferimento ad una società che già dovrebbe essere ricondotta dai soci a pratiche più corrette in termini di trattamento degli utenti e soprattutto dei lavoratori, come denunciato dai recenti scioperi.
No quindi alla perdita di influenza pubblica, certamente non contrastata dall'adozione statutaria del voto maggiorato, e Sì ad una maggiore assunzione di responsabilità del pubblico nella gestione delle strategie aziendali.
È necessaria una mobilitazione a difesa dei beni comuni, che spinga a recedere da scelte miopi e prive di qualsiasi logica di lungo periodo.

giovedì 10 marzo 2016

E’ scomparso Pietro Iotti

Con grande tristezza abbiamo appreso della scomparsa di Pietro Iotti, ex sindaco di Sant’Ilario ed ex assessore nel Comune di Reggio Emilia. Iotti, all’età di 17 anni, era già convintamente antifascista e per la sua attività da partigiano SAP, venne arrestato dalle SS: fu deportato e imprigionato nel campo di concentramento di Mauthausen. Nel lager il suo numero di matricola era il 115.561. Sopravvissuto a questa terribile esperienza si è subito impegnato nella ricostruzione di Sant’Ilario, continuando la sua militanza nel Partito Comunista, praticando quotidianamente la Memoria, nel suo significato più nobile: nelle battaglie da amministratore, all’interno dell’Anpi e raccontando alle future generazioni l’orrore dell’odio e del fascismo. Il compagno Pietro, detto Piero, ha attraversato la Storia, trasformando la nostra terra in Memoria viva, ricordandoci sempre da che parte stare.

Per tutto questo la Federazione di Sinistra Ecologia e Libertà di Reggio Emilia sarà sempre profondamente grata a Pietro Iotti, persona che ci lascia oggi una importante eredità storica e umana da coltivare e praticare. Nella società, nella politica, nella vita quotidiana.

La nostra vicinanza va alla famiglia Iotti.

Grazie di tutto Piero. Che la terra ti sia lieve.

L'indistinzione politica e ideale apre le porte all'indistinzione etica


 Stefano Morselli




I giornali sono pieni di notizie e di commenti sulle irregolarità avvenute e/o sospettate nelle primarie del Pd a Napoli e a Roma, finalmente ritornate "primarie del Pd" dopo essere state spacciate per parecchio tempo come (inesistenti) "primarie del centro-sinistra".

Circolano video secondo i quali a Napoli, ove già cinque anni fa le primarie per la scelta del candidato sindaco furono annullate a causa di brogli manifesti, esponenti del Pd e anche della destra istruivano gli "elettori" su chi dovessero votare, distribuendo anche euro per risarcire l'obolo richiesto al momento del voto. Poichè la candidata giovane-turco-renziana Valente ha vinto per poche centinaia di voti, è del tutto evidente che anche pochi casi di irregolarità e brogli basterebbero a falsificare il risultato finale. Con buona pace del sempre più spettacolare capo-giovane-turco-renziano Orfini, nientemeno che presidente del Pd - figura che per definizione sarebbe (non ridete) garante di tutti - il quale ha dichiarato regolare la consultazione prima ancora che l'apposita commissione esamninasse il ricorso di Bassolino. La commissione, anch'essa spiritosamente detta "di garanzia", ha poi subito ubbidito, respingendo il ricorso perchè (non ridete) "fuori tempo massimo".

A Roma, invece, la creatività imbrogliona sembra essersi esercitata sul numero dei votanti. Qualche astuto prestigiatore avrebbe fornito migliaia di aiutini per avvicinarsi a quota cinquantamila, già comunqe dimezzata rispetto a quella delle primarie del centro-sinistra (quelle sì) a suo tempo vinte da Ignazio Marino. La moltiplicazione non dei pani e dei pesci, ma delle schede bianche.

Traspare, da alcuni commenti, quasi una stupefatta sorpresa per come si siano potuti ridurre così, le primarie e il Pd. La memoria , in Italia, è sempre corta, perchè questi ultimi casi non sono certo i primi, bensì soltanto gli ultimi, appunto, di una serie ormai lunga. Quanto al Pd, è addirittura fisiologico che l'indistinzione politica e ideale, la corsa al "partito della nazione" pigliatutto, tenuto insieme sostanzialmente dall'esercizio del potere, spalanchi le porte prima all'opportunismo politico, poi via via anche alla indistinzione etica. Che, effettivamente, in Italia è purtroppo un tratto assai radicato "della nazione". L'unica, vera sorpresa è che, dentro il Pd, tante persone assolutamente per bene (e addirittura di sinistra) continuino a chiudere gli occhi, le orecchie e la bocca davanti a questa realtà.

venerdì 4 marzo 2016

Renzi va alla guerra

Michele Bonforte

C’è una regola aurea nella tradizione politica italiana. Quando la politica interna non da soddisfazioni, si passa ad un interventismo spinto in politica estera.
Malgrado i proclami e le quotidiane esternazioni sull’Italia che cambia verso, tutti i sondaggi di opinione confermano il permanere del pessimismo sulla situazione economica del paese, che rimane fanalino di coda in Europa su occupazione e PIL.
Ora apprendiamo che in questi mesi, in gran segreto, si è preparato un piano di intervento militare in Libia. Gli Usa ci mettono la copertura aerea con i droni. L’Italia ci dovrebbe mettere le proprie basi militari (come al solito!) e alcune migliaia di soldati pronti a mettere i famosi "boots on the ground".
Che la situazione di disgregazione della Libia richieda un intervento deciso della comunità internazionale appare comprensibile. Che tale intervento sia prevalentemente militare e che sia assegnato all’Italia è un azzardo gravido di pessime conseguenze.
Appare utile ricordare come l’attuale situazione sia la conseguenza di un assurdo intervento militare di Francia ed Inghilterra (con l’Italia a seguito), che per destituire un dittatore (Ghedaffi) hanno fatto spazio a decine di autocrati tribali, e agevolato così l’insediamento del fondamentalismo jihadista a pochi chilometri dal nostro paese.
L’intervento italiano avverrebbe all’interno di un paese diviso ora su linee tribali, dove l’unico elemento di unificazione potrebbe essere proprio la lotta all’esercito di un paese straniero, che guarda caso è proprio quello che gestisce le risorse petrolifere con proprie aziende (ENI) e che ha una poco nobile storia coloniale alle spalle.
L’Italia sarebbe nella non invidiabile situazione di dover rispondere per gli “effetti collaterali” dei bombardamenti intelligenti dei droni, calamitando sulle nostre truppe e sul nostro territorio nazionale l’odio di un popolo che fino a pochi anni viveva nel benessere economico anche se non nella libertà. Né è da trascurare l’ipotesi che un nostro intervento militare richiami in Libia combattenti jihadisti dell’area, e trasformi ogni italiano che viaggi in Africa in un obiettivo per il franchising del terrorismo globale.
Renzi sta scherzando con il fuoco. Per distrarci dai suoi insuccessi interni, rischia di precipitarci nell’inferno di una guerra lunga e sporca.
L’alternativa c’è. Ed è quella di un intervento che usi le stesse risorse economiche che verrebbero bruciate nella guerra, per stabilizzare i paesi del nord Africa, a cominciare dalla Tunisia e dall’Algeria che vanno inseriti con clausole di vantaggio nel mercato comune europeo. E che dia sostegno anche militare a chi in Libia è intenzionato a combattere contro il nazismo jihadista. Come insegnano i curdi in Sira ed Iraq, i migliori combattenti sono quelli che si battono per la propria libertà.

Certo, una volta agguantata la vittoria, poi vogliono decidere da soli il destino delle loro terre. Ma, a meno che non coltiviamo insensati disegni neocoloniali, questo alla fine è un bene anche per noi.

LA MATERNITA' SURROGATA E L'UMANITA'

Matteo Sassi
Vicesindaco di Reggio Emilia


L'attualità del dibattito sulla cosiddetta maternità surrogata ci rimanda alla necessità d'una riflessione sul rapporto tra l'uomo e la vita nel tempo del dominio della tecnica. Il nodo del ragionamento a me pare consista in un quesito: la riproduzione e la tutela della vita è ascrivibile anche alla volontà dell'uomo - e dunque della sua intelligenza – o è un fatto unicamente e intangibilmente biologico?
E' questo un interrogativo che investe non solo le fasi estreme della vita – la nascita e la morte – ma tutto il suo corso. Taluni, in riferimento alla maternità surrogata, hanno evocato il rischio dell'avvento di un tempo eugenetico. Ritengo fuorviante questo riferimento poiché evoca inevitabilmente, sul piano storico e politico, i folli intenti nazisti sull'affermazione della superiorità “ariana”. Si tratta quindi di un termine “armato” che allude ad un'identità e ad un destino comune di un gruppo di “eletti” e che dunque mal si presta ad una discussione serena. Ne è testimonianza il fatto che, ad un'interpretazione più o meno stringente, possono ricondursi all'eugenetica le terapie rivolte a limitare la trasmissione di gravi malattie ereditarie; obiettivo a cui è lecito tendere senza per questo essere considerati dei filonazisti.
Il centro della discussione torna dunque ad essere quello del rapporto tra la volontà dell'uomo e la vita. A questo punto non possiamo non cogliere una contraddizione palese che attraversa il pensiero conservatore – e segnatamente le gerarchie ecclesiastiche che spesso lo ispirano – circa questo rapporto. Mi riferisco al fatto che, per ragioni che sfuggono alla comprensione razionale, muti drasticamente il giudizio circa il ricorso a dispositivi tecnici applicati alla vita a seconda delle convenienze e del dogma. Da un lato, assistiamo infatti alla demonizzazione e alla negazione d'ogni supporto alla nascita e di conseguenza anche alla maternità e alla paternità: pensiamo alla legge 40 che ha reso impraticabile la fecondazione assistita in Italia e leso diritti fondamentali di autodeterminazione delle donne come le sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Strasburgo hanno evidenziato. Dall'altro lato, assistiamo invece al trionfo e al sistematico ricorso alla tecnica quando si tratta di mantenere artificialmente in vita – anche contro la loro volontà - persone che altrimenti sarebbero destinate alla morte.
Si ha dunque la pressoché certezza che a determinare una condotta così altalenante sia l'avversione ideologica (o teologica) ad ogni principio di volontaria autodeterminazione dell'uomo sulla riproduzione della vita e sui destini del Sè di ogni individuo.
E' questo un tratto liberticida tipico di uno Stato etico, ovvero di un ordine fondato sulla mortificazione dell'uomo e sulla negazione del principio di libertà, a cominciare dalla possibilità di disporre del proprio corpo e della propria vita senza per questo ledere diritti altrui.
Credo che a questa preoccupante e tutt'altro che inedita visione del mondo e dello Stato debba essere contrapposta la fiducia nella ragione umana e nella sua capacità di costruire uno spazio del diritto, ovvero un luogo in cui diritti e doveri reciproci vengono sanciti. Ciò implica la negazione dell'esistenza di un ordine naturale aprioristico, a maggior ragione se costruito ad immagine e somiglianza di questa o quella visione del mondo.
Nell'immenso libro della natura il monologo condotto anche dalla più fulgida delle intelligenze o dalla più possente delle dottrine religiose o politiche appare piccola e insignificante cosa. Dell'ordine naturale fanno parte tutti, nessuno escluso.
Qualsivoglia gesto d'amore - che implica cura, dedizione e responsabilità verso l'Altro - nasce dalla volontà e dal desiderio dell'uomo, vere forze creatrici del nostro mondo. Ogni maturo e sereno dibattito su maternità surrogata, adozioni gay, così come su ogni altra questione che investa la sfera delle libertà personali e dei relativi limiti, dovrebbe partire da qui: dalla centralità dell'amore di cui gli uomini e le donne sono capaci e dalla fiducia nella ragione che sa farsi legge e diritto. La mortificazione delle molteplici possibilità dell'essere e la chiusura pregiudiziale verso ogni differenza non sono solo porte indebitamente chiuse in faccia a tante persone ma anche testimonianza di un'umanità insensibile, intollerante e deprivata che promette poco di buono per il bene comune.