lunedì 23 marzo 2015

Espansione di diritti: dal Servizio civile alla Difesa civile. Il compito della nostra generazione

di Pasquale Pugliese
Nei diversi incontri pubblici, svolti in giro per l’Italia per presentare e promuovere la campagna “Un’altra difesa è possibile” – collocati nel tempo attraversato tragicamente dalle stragi di inizio anno a Parigi e di marzo a Tunisi – argomentate le buone ragioni della difesa civile, non armata e nonviolenta, la domanda più ricorrente è relativa al come difendersi dal pericolo del terrorismo fondamentalista. Generalmente considerato causa in sé di violenza fanatica e non esito nefasto di oltre vent’anni di folli interventi bellici occidentali in medio-oriente – dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Somalia alla Libia – in una dinamica perversa, reciprocamente alimentata, di guerra-terrorismo-guerra- terrorismo. Della quale non se ne vede la via di uscita, se la si cerca all’interno del meccanismo di escalation… La proposta di una legge di iniziativa popolare per la difesa civile, non armata e nonviolenta, mira proprio ad uscire da questo circolo vizioso attraverso la predisposizione di mezzi e strumenti di intervento nei conflitti più raffinati ed efficaci della cieca violenza che si aggiunge alla violenza cieca. La cui esigenza era già sentita, seppur non ancora compiutamente elaborata, dai “Padri costituenti”.

mercoledì 18 marzo 2015

Il jobs act, il ministro Poletti e l'eterna favola dell'interesse "di tutti"



Stefano Morselli






Ieri sera, al Teatro Pedrazzoli di Fabbric, ho seguito con attenzione il ragionamento del ministro del lavoro Giuliano Poletti sul jobs act. Si tratta di un ragionamento serio, nel senso che sottende una "filosofia" organica, in materia di lavoro e non solo: la filosofia del pensiero unico, sedicente oggettivo, che non contempla l'esistenza di interessi diversi, a volte conflittual. E che, quindi, propone le proprie scelte - in realtà marcatamente "di parte", esempio lampante appunto la vicenda del jobs act - come "interesse del Paese". Cioè "di tutti". Cioè anche di coloro che, al contrario, ci rimettono.


  Giuliano Poletti, ex presidente di Legacoop, è anche un ex comunista. Quindi sa benissimo come funziona quel meccanismo ideologico e propagandistico. Così come lo sanno parecchi altri ex comunisti, per averlo a lungo contrastato quando da altri veniva contrapposto alle lotte dei lavoratori per il miglioramento delle loro condizioni, e più in generale alle istanze di cambiamento della società. C'erano le leggi immutabili dell'economia, l'ordine sociale stabilito, la tradizione, ecc. ecc. Del resto mia cara di che si stupisce, anche l'operaio vuole il figlio dottore e pensi che ambiente che può venir fuori, non c'è più morale, Contessa... (cit. Paolo Pietrangeli).


 A volte, nella pur giusta foga di criticare e combattere quella ideologia, ai contestatori capitava anche di prendere abbagli, sostenere castronerie, affidarsi ad altre dogmatiche ideologie. Adesso, invece, certi ex comunisti - folgorati sulla via del o liberismo, senza nemmeno ammettere, almeno, di avere allora sbagliato quasi tutto nella loro precedente vita politica - riciclano la filosofia del pensiero unico, inevitabile, necessario. Ovviamente ridipinta con i colori dei nostri tempi: "Lo vuole l'Europa", ' ha ammonito Poletti a proposito del jobs act.

Dopo di che, è abbastanza naturale che a guidare questa radicale trasmigrazione politica e ideologica siano soprattutto altri, più omogenei alla vecchia-nuova ortodossia di quanto non possano essere gli ex comunisti, relegati a funzioni di supporto e di fidelizzazione nei confronti di un certo bacino elettorale di sinistra. O addetti alla "riduzione del danno", come ha ammesso l'on. Antonella Incerti, deputata reggiana, spiegando (sempre durante l'incontro a Fabbrico) gli sforzi della minoranza Pd per rendere meno indigeribile il jobs act. Ma se di danno si tratta, per di più causato dal proprio stesso partito, ci si può accontentare di "ridurlo"?

Penso, tuttavia, che non serva nemmeno stramaledire le donne, il tempo ed il governo (cit. Fabrizio De Andrè). Cioè rimpiangere la sinistra che fu e considerare "traditori" coloro che hanno scelto di abbandonare - legittimamente, al netto degli immancanili opportunismi e trasformismi - non la "vecchia sinistra", ma l'idea stessa che possa esistere una sinistra, certo moderna e di governo ma di cambiamento dello stato presente delle cose e delle gerarchie di interessi sociali. . Poletti e Renzi facciano la loro strada, ad altri - se ci sono, se ne sono capaci - il compito di costruirme una diversa e alternativa.




domenica 15 marzo 2015

Governi senza mandato, parlamentari transumanti, partiti in mille pezzi: la rappresentanza che non c'è più

Stefano Morselli

L'articolo 1 della Costituzione dice che "la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Da oltre tre anni e da tre governi (Monti, Letta, Renzi) - ma in prospettiva fino al 2018, salvo interruzione anticipata della legislaturain corso - i cittadini-elettori sono privati della sovranità. Infatti, non hanno poturo esprimere alcun mandato, e nemmeno sono stati interpellati, riguardo le coalizioni di partiti e i contenuti programmatici sulla base dei quali si sono formati quei governi. Inoltre, un Parlamento eletto attraverso un sistema dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale sta procedendo a colpi di maggioranza verso una corposa modifica della Costituzione. Una delle cui conseguenze sarà l'esautoramento dei cittadini-elettori del diritto di scegliere con il voto i loro rappresentanti al Senato. Contestualmente, il governo vuole introdurre una nuova legge elettorale che conferma l'esautoramento dei cittadini- elettori anche dal diritto di scegliere gran parte dei deputati che dovrebbero rappresentarli alla Camera.

Nonostante molti facciamo finta che "tutto va bene, madama la marchesa", si tratta di una situazione assolutamente anomala. Che, infatti, non ha eguali nel resto d'Europa. E non finisce qui, perchè ormai tutti i partiti che affollano la scena politica italiana costituiscono sostanzialmente una finzione, anch'essa in larga parte indipemdente dalle scelte dei cittadini-elettori. Con le vicende del Veneto, si è ora spaccata la Lega Nord. Forza Itali. anche dopo la scissione di Alfano, è di nuovo attraversata da divisioni radicali. Il Movimento 5 Stelle non ha mai avuto un minimo comune denominatore, al di là della protesta indistinta e degli sbraiti inutili di Beppegrillo: in ogni caso, anche da qui si sono staccati numerosi parlamentari, però a loro volta divisi sul che fare dopo. Il Pd, sempre più trasfigurato nella sciagurata formula del "partito della nazione", tiene insieme con il collante del potere tutto e il contrario di tutto, comprese minoranze che minacciano continuamente sfracelli, ma poi restano ben attaccate al cordone ombellicale.

Infine, molte decine di anime vagule e blandule del Parlamento traslocano beatamente e continuamente da un partito all'altro, a volte accampando motivi esattamente opposti,: ad esempio, i transfughi di Sel che vanno nel Pd perchè "è la vera sinistra" (sic!) e quelli di Scelta Civica che vanno nel Pd perchè "sicuramente non è di sinistra". Oppure, le anime itineranti si inabissano nel gruppo misto, si inventano oscure sotto-sigle che nessuno saprebbe dire cosa significano e tantomeno cosa vogliono. Addirittura, possono diventare decisive (in particolare al Senato) per determinare maggioranze, approvare leggi, cambiare la Costituzione. Unica cosa certa, ancora una volta, la totale mancanza di un qualsiasi mandato dei cittadini-elettori.

Benvenuti in Italia. Dove - secondo la Costituzione - la sovranità appartiene al popolo. E figuriamoci se non gli appartenesse.

sabato 14 marzo 2015

Conservatori, riformisti e restauratori

Michele Bonforte
coord. prov. SEL Reggio Emilia

Il dibattito politico da anni gira intorno ai concetti di riformismo-conservazione. Gran parte di quanto accade viene inserito in questo schema. I sindacati e la sinistra sono conservatori perché non vogliono le riforme, mentre l’attuale governo (ma anche quelli degli ultimi 10 anni) che vuole cambiare sarebbe innovatore.
Più volte, e ragionevolmente, si è cercato di argomentare che il punto non è il cambiamento in se, ma la direzione del cambiamento o il senso di quel che si vuol fare. Ma nella comunicazione veloce dei media (e di twitter) nessun ragionamento riesce a battere le semplificazioni.
Mi propongo allora di recuperare il concetto di restaurazione. Cioè del cambiamento per ripristinare uno stato di cose preesistenti.
Il governo Renzi, e gran parte di quelli che si sono succeduti negli ultimi anni, sono governi di restaurazione.
Governi che hanno cioè cercato di portare le lancette della storia a prima della grande stagione riformista ed libertaria degli anni 60-70.
Ripristinare il comando indiscriminato dei padroni sui lavoratori, dare ai presidi il potere di scegliersi gli insegnati, rafforzare l’esecutivo rispetto al parlamento, ecc. è portare il paese da uno stato di civiltà, ad un altro precedente la stagione del riformismo degli anni ‘70.
Questo movimento di restaurazione autoritaria coinvolge non solo la politica, ma anche il mondo della cultura e dell’informazione. La sinistra (quella che merita di chiamarsi con tale nome) ha risposto finora con una resistenza conservatrice. Ma un conto è essere conservatori in una fase di riforma, un conto è essere conservatori in una fase di restaurazione!
Si potrà constatare che questa resistenza conservatrice della sinistra non pare essere efficace, perché rapidamente vengono travolte le trincee di volta in volta fissate.
Probabilmente per battere la restaurazione bisognerà lavorare ai presupposti di una nuova fase riformista: l’individuazione dei diritti da conquistare per milioni di persone, diritti sociali e civili insieme.
Un nuovo statuto dei lavoratori che affronti la condizione di precarietà esistenziale di milioni di lavoratori, un reddito di cittadinanza, un insieme di diritti di libertà individuali, una economia che rispetti il luogo in cui viviamo. Questi possono essere gli ingredienti di un movimento in grado di sconfiggere la restaurazione renziana. Facendo diventare lui il conservatore di turno.

venerdì 13 marzo 2015

Organizzare alternativa sociale e politica alle politiche del Governo Renzi


Documento dell'Assemblea Provinciale del 12 Marzo 2015 di Sinistra Ecologia Libertà Reggio Emilia

Renzi ha archiviato il centro sinistra, e oggi governa con una maggioranza sostenuta in maniera implicita o esplicita dal centro destra. Ha fatto proprie le ricette della destra europea sulle questioni economiche e sociali, e ha assunto per gran parte il punto di vista della destra italiana in merito alle riforme costituzionali.
Per il Governo Renzi dalla crisi economica si esce con meno diritti e meno reddito per il lavoro. E dalla crisi della rappresentanza politica si esce con il rafforzamento dell’esecutivo, la marginalizzazione del parlamento, delle istituzioni locali e della rappresentanza sociale.
Anni di liberismo ci consegnano un paesaggio sociale devastato. Renzi è l’attuatore del memorandum della BCE in continuità con i governi di Berlusconi, Monti e Letta.
Per queste ragioni noi oggi ci opponiamo al PD di Renzi, e puntiamo a sfidarlo su una ipotesi di alternativa per il governo del paese.

Tale alternativa si alimenta anche dalle buone pratiche di governo del territorio. A Reggio Emilia noi siamo fortemente impegnati in una azione di governo che giudichiamo positivamente. Non è un caso che è qui (e forse solo da noi) che si discute seriamente del ritorno dell’acqua in mano pubblica, della chiusura della stagione dell’edilizia facile, del pieno riciclo dei rifiuti urbani, ecc. Certo affrontiamo anche incertezze come ad esempio sulla registrazione dei matrimoni fra persone dello stesso sesso. Qui sta lo spazio per la nostra azione politica: la costruzione di una egemonia politica e culturale sui temi del governo locale che va ben oltre SEL e che poggia sulla ricchezza sociale del nostro territorio. 

venerdì 6 marzo 2015

Qualcosa si muove fra le stelle.

Michele Bonforte
coord. prov. SEL Reggio Emilia

Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sel e Pippo Civati, esponente del Pd, sono i primi firmatari di una proposta di legge di riforma della Rai. Nel merito sono molte le assonanze con le proposte del M5S, ed infatti i due hanno chiesto un incontro ai presentatori della proposta di legge del M5S sulla governance della Rai, per discutere degli elementi condivisi delle 2 proposte. «Siamo convinti che molte questioni possano trovare una soluzione condivisa – concludono Civati e Fratoianni – da proporre alle altre forze politiche dando così forza ad un progetto di cambiamento reale della Rai quanto mai necessario, alla sua autonomia e alla qualità del servizio pubblico radiotelevisivo».
Non è la prima volta che fra la sinistra ed il M5S vi sono delle convergenze di merito, ed anzi esse sono numerose. Per citarne alcune: reddito minimo garantito, acqua pubblica, riciclaggio dei rifiuti, e così via.
La novità è nell’atteggiamento del M5S, nel voler perseguire delle convergenze in parlamento per provare a far passare alcuni provvedimenti chiave, rinunciando ad un autoisolazionismo che ha reso inconcludente, fino ad ora, la presenza così massiccia del M5S nel parlamento.
E’ questa una cosa da salutare con gioia per il bene della democrazia, e per il rispetto dei milioni di elettori del M5S che hanno dato un mandato a fare e non solo a declamare. Nel nostro piccolo a Reggio Emilia noi di SEL abbiamo sempre cercato di mantenere il filo di questo dialogo, invitando sempre un esponente del M5S alla nostra festa provinciale. Credo che anche argomenti locali potrebbero giovarsi di questa disponibilità al confronto.
La creazione della nuova azienda pubblica per l’acqua a Reggio Emilia, e la gestione del piano rifiuti, ad esempio, potrebbero essere dei tempi utili per trovare convergenze di volontà e di idee.

giovedì 5 marzo 2015

Sabato 7 marzo presentazione del libro "Italia. La fabbrica degli scandali"




Sabato 7 marzo, ore 16.30, alla Libreria All’Arco di Reggio Emilia, Antonella Beccaria e Gigi Marcucci presenteranno il loro libro “Italia – La fabbrica degli scandali”: la storia del nostro Paese raccontata attraverso gli intrighi politici, mediatici e istituzionali che ne hanno da sempre caratterizzato le vicende. Una sconcertante controstoria dell’Italia, dall’unità a oggi, attraverso gli affari più torbidi della classe politica e imprenditoriale.
Antonella Beccaria, giornalista e scrittrice, collabora con varie testate nazionali e diverse trasmissioni televisive. E’ membro attivo di IRPI (Investigative Reporting Project Italy).
Gigi Marcucci è stato giornalista di “l’Unità”, lavorando come cronista giudiziario e caporedattore della redazione dell’Emilia Romagna. Si è occupato delle indagini sulla strage dell’Italicus e su quella alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, degli omicidi della Uno bianca e di quello di Marco Biagi.
La presentazione sarà condotta dai giornalisti reggiani Stefano MorselliRoberto Scardova.