Michele Bonforte
Essendo che l’essenza del renzismo è nella comunicazione, la linea economica annunciata è un jingle numerico: 10 miliardi di riduzione delle tasse su 10 milioni di famiglie, per avere 1000 euro in più all’anno; 10% in meno di IRAP per le imprese.
Per fortuna il numero magico 10 non è stato utilizzato nei decreti sul mercato del lavoro. Invece dell’annunciato contratto unico a garanzie crescenti ci siamo ritrovati un allungamento a 3 anni dei contratti precari previsti dalla legge Fornero.
Avendo annunciato scadenze sincronizzate con le elezioni europee, ora assistiamo ad un vorticoso tentativo di trovare coperture, con proposte che cambiano di giorno in giorno, come se fossero intercambiabili.
Dapprima si è ipotizzato di finanziare a debito il taglio del cuneo fiscale, utilizzando fino al limite il parametro del 3%. Baldanzoso il nostro Renzi si è presentato in Europa, dove però gli è stato ricordato che quel parametro non esiste più, visto che dal 2104 deve avversi un pareggio di bilancio (messo in costituzione con il voto PdL-PD), e dal 2015 un attivo di circa 40 ml per ridurre il debito (fiscal compact firmato da Berlusconi ed approvato anche dal PD).
Renzi, e i suoi consiglieri economici sono consapevoli, e mi sembra che su questo abbiano ragione, che l’unico modo per agganciare la ripresa sia mettere in tasca di chi guadagna meno un po' di soldi. Ne guadagna la giustizia sociale, e anche la domanda che può così rianimare le vendite nel mercato interno.
Certo quei soldi da mettere in tasca ai poveri sarebbe meglio prenderli dalle tasche dei ricchi: così non solo l’effetto di giustizia sociale è maggiore, ma anche quello di stimolo alla ripresa, perché si sposterebbero soldi da chi ne ha tanti e non li spende, a chi ne ha pochi e li spenderebbe con piacere.
Un taglio delle tasse sui redditi bassi finanziato con l’emissione anche se temporanea di titoli di debito pubblico, è una linea di ripiego, ma sarebbe comunque già un uscire dall’austerity.
Ora però dopo il no europeo, la ricerca di quei 10 miliardi (ma per il 2014 ne basterebbero 7) viene caricata tutta sulla spending review, parola inglese per dire tagli della spesa pubblica.
Si corre il rischio di rifare il teatrino dell’IMU, prima tolta e poi reinserita sotto altro nome con adeguato aumento. Per fare accettare questa impostazione ad un elettorato di sinistra sempre più spaesato, si è messo avanti il taglio alle spese militari e agli F16, e la riduzione dei compensi per i manager e le alte cariche pubbliche.
Saremmo daccordo, ma sospettiamo che si tratti di uno specchietto per le allodole.
Finirà che quei tagli se mai ci saranno, saranno marginali, e tutto ricadrà sul pubblico impiego e sui servizi pubblici. I numeri che girano sono congruenti con l’obbiettivo di trovare 7 miliardi, con il licenziamento di 85.000 dipendenti pubblici (circa 3,5 ml) e la riduzione degli acquisti di beni e servizi (altri 2,5 ml).
Se la riduzione delle tasse sui redditi bassi si farà in questo modo, svaniranno ambedue gli effetti attesi. Chi ha già un lavoro riceverà 80 euro al mese, e questo certamente farà piacere. Ma c’è chi perderà completamente il lavoro ed il reddito, ed altri non lo troveranno affatto, perché lo stimolo alla domanda da parte dei percettori dello sconto fiscale sarà più che compensato dalla riduzione della domanda per il venir meno di una spesa pubblica orientata al mercato interno.
Rimarrà l’effetto annuncio che potrà giovare a Renzi alle prese con difficili elezioni europee.
E questo alla fine era forse il solo effetto atteso.
Si corre il rischio di rifare il teatrino dell’IMU, prima tolta e poi reinserita sotto altro nome con adeguato aumento. Per fare accettare questa impostazione ad un elettorato di sinistra sempre più spaesato, si è messo avanti il taglio alle spese militari e agli F16, e la riduzione dei compensi per i manager e le alte cariche pubbliche.
Saremmo daccordo, ma sospettiamo che si tratti di uno specchietto per le allodole.
Finirà che quei tagli se mai ci saranno, saranno marginali, e tutto ricadrà sul pubblico impiego e sui servizi pubblici. I numeri che girano sono congruenti con l’obbiettivo di trovare 7 miliardi, con il licenziamento di 85.000 dipendenti pubblici (circa 3,5 ml) e la riduzione degli acquisti di beni e servizi (altri 2,5 ml).
Se la riduzione delle tasse sui redditi bassi si farà in questo modo, svaniranno ambedue gli effetti attesi. Chi ha già un lavoro riceverà 80 euro al mese, e questo certamente farà piacere. Ma c’è chi perderà completamente il lavoro ed il reddito, ed altri non lo troveranno affatto, perché lo stimolo alla domanda da parte dei percettori dello sconto fiscale sarà più che compensato dalla riduzione della domanda per il venir meno di una spesa pubblica orientata al mercato interno.
Rimarrà l’effetto annuncio che potrà giovare a Renzi alle prese con difficili elezioni europee.
E questo alla fine era forse il solo effetto atteso.
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