mercoledì 13 aprile 2016

Renzi, l’azzardo, le trivelle e la democrazia

Michele Bonforte

Pochi sanno che i quesiti referendari promossi dalle Regioni contro le trivelle erano inizialmente sei. Di questi tre sono stati soddisfatti dalle modifiche introdotte nella legge di stabilità 2016. Sugli altri due la modifica legislativa adottata dal Governo è apparsa più una scelta per eludere la richiesta referendaria che per soddisfarne il contenuto.
Solo su quello che ci porterà al voto il 17 Aprile, non vi sono stati tentativi di intervento da parte del Governo né di sostanza né per eluderlo. Eppure il contenuto di questo quesito, cioè l’abolizione del rinnovo indefinito della concessione nelle piattaforme di trivellazione marine entro le 12 miglia, non era tanto diverso da un altro, evitato, che riguardava lo stesso tema ma per le perforazioni a terra.
Come mai il governo Renzi ha voluto portare il paese al voto?
Non certo per la rilevanza data al quesito o per la ricerca di un consenso sul merito, visto che la posizione ufficiale del PD di Renzi è che il referendum è inutile e dunque tanto vale starsene a casa astenendosi.
Appare molto fondata l’impressione che siamo di nuovo davanti alla voglia del premier di giocare d’azzardo nel tentativo di conseguire risultati politici che gli spianino il percorso fino al desiderato trionfo nel prossimo referendum costituzionale.
Renzi ha voluto tenere il referendum sulle trivelle a tutti i costi puntando sul suo fallimento, anche grazie scelta di non abbinarlo alle elezioni comunali, per regolare i conti sia dentro il PD, che nel rapporto istituzionale fra Stato e Regioni.
Renzi ci offre un anticipo sulla riforma costituzionale neoautoritaria che verrà. Dopo la sbornia del federalismo regionale, che portò il PD ad una pessima riforma costituzionale sul titolo 5°, ora il pendolo ritorna sul centralismo statale. Chi ci va di mezzo sono le comunità locali, la loro capacità di autogoverno, e la costituzione continuamente strappata alle convenienze politiche del momento.
Renzi pensava di averla vinta facile, visto lo stato pessimo dell’immagine delle regioni. Ma non aveva previsto che la rete di collusioni ed affari che lo ha sorretto finora, portandolo al governo senza mai essere stato votato, potesse crollare proprio a pochi giorni dal voto sulle trivelle.
Lo scandalo dei pozzi petroliferi in Basilicata che ha colpito la ministra Guidi è la punta dell’iceberg di una gestione a dir poco disinvolta della cosa pubblica.

Al tavolo da poker oggi sono uscite carte pessime per Renzi. Anche ai migliori giocatori può capitare di perdere.
Si tratta di capire se l’Italia ha proprio bisogno di un ludopatico al governo, tentato dal rilancio continuo.

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