sabato 30 maggio 2015

Candidati "impresentabili", non può finire tutto a tarallucci e vino

 Stefano Morselli

Premesso che lo spettacolo offerto dalle risse interne al Pd è francamente indecoroso, dopo l'ultima vicenda della lista di candidati "impresentabili " resa pubblica dalla presidente della commissione antimafia, i casi sono due.

Se la presidente Rosi Bindi ha violato le regole e i compiti della commissione medesima, o addirittura la Costituzione (come inveiscono i più esagitati tra i suoi colleghi di partito), allora la presidente Rosi Bindi si dovrebbe dimettere o dovrebbe essere cacciata: dalla commissione antimafia, dal Parlamento e, ovviamente, dal suo partito. E poichè l'ufficio di presidenza , allargato ai capigruppo dei partiti rappresentati nella commissione, comunica ufficialmente di aver sempre condiviso tutte le procedure e di aver dato pieno mandato alla presidente di concludere il lavoro,allora la medesima sorte dovrebbe toccare ai membri dell'ufficio di presidenza e ai capigruppo.



Se, al contrario, la presidente Rosi Bindi ha agito secondo la legge istitutiva e in applicazione del codice etico approvato dal Parlamento - come sostengono la stessa Bindi e altri - allora dovrebbero dimettersi o essere cacciati coloro che stanno insultando un organismo istituzionale, per di più importante e delicato come la commissione antimafia. Primi fra tutti il capo del governo e segretario del pd Matteo Renzi, i vicesegretari del pd Deborah Serracchiani e Lorenzo Guerini, il presidente del pd Matteo Orfini.
Non può finire tutto a tarallucci e vino, Non si possono trattare i cittadini come spettatori rincoglioniti che non hanno nemmeno il diritto di sapere chi sta raccontando balle. Ci deve pur essere uno strumento - dalla commissione di inchiesta parlamentare su su fino alla Corte Costituzionale - in grado di ricostruire e distribuire torti e ragioni, al di là di ogni ragionevole dubbio.

ps) In ogni caso, almeno una cosa assolutamente sicura la sappiamo: Vincenzo de Luca, candidato pd alla presidenza della Campania, condannato in primo grado per abuso d'ufficio, è ineleggibile ai sensi della legge Severino attualmente in vigore. Che sia stato ugualmente votato alle primarie del Pd non cambia di una virgola la sua ineleggibilità. Per fortuna, in questo pur stravagante Paese, le primarie del Pd non hanno ancora sostituito le elezioni, nè l'obbligo di rispettare le leggi.

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