Michele Bonforte
Chi ha avuto la pazienza di elaborare un organico progetto di riforma in anni di lavoro e confronto fra esperti e lavoratori è il Comitato per il sostegno alla Lip scuola, ed oggi si sta battendo per bloccare l’assalto di Renzi alla scuola pubblica, ottenendo anche alcuni risultati nei lavori parlamentari.
La gran parte del disegno di legge di Renzi sulla scuola è una delega del parlamento al governo, come nelle migliori tradizioni antidemocratiche, contro le quali – ai tempi della Moratti, si battevano anche coloro che stanno oggi facendo lo stesso.
Renzi ricatta: “prendere o lasciare” sulla pelle dei precari che da settembre stanno aspettando l’attuazione della sentenza della Corte Europea che ha condannato l’Italia per la reiterazione dei contratti precari oltre i 3 anni (senza questa sentenza oggi non si parlerebbe affatto di stabilizzazione dei precari).
Per il resto la proposta è la concretizzazione della scuola come azienda.
Il dirigente sarà l’unico arbitro della chiamata e della gestione del personale, ed anche della valutazione dei docenti e – infine – della didattica, prerogativa fino ad oggi del collegio dei docenti. Il collegio non avrà più sovranità in quell’ambito, ma – come il consiglio di istituto – verrà solo “consultato”: fine degli organi collegiali e della democrazia scolastica.
Le scuole private beneficeranno circa 700 milioni di sgravi fiscali. Alle scuole singole potrà essere devoluto il 5xmille, amplificando così le differenze fra i territori.
Sui precari dopo epidemie di “annuncite” e numeri in libertà, il Governo dovrebbe assumerne 100mila, di cui circa 25mila per coprire il turn over. Ma non si coprirebbero tutti i posti realmente disponibili, dal momento che una parte verrà destinato al cosiddetto “organico funzionale”. A questi docenti non verrà garantita alcuna stabilità lavorativa, verranno reclutati dal Preside dall’albo di rete, in cui si tornerà alla fine di 36 mesi lavorativi e avranno un mansionario da tuttologo e tuttofare.
Si inaugura così un sistema di reclutamento a chiamata anche nel pubblico impiego.
Che i problemi della scuola possano essere risolti da un maggior potere dei Presidi è nell’insieme ottimistico e dubbio. Chi nella scuola ci vive (per lavoro o per seguire i propri figli) spesso si è trovato di fronte a Presidi che sono il problema, non la soluzione. Una figura nominata dall’alto, che non risponde del suo operato ne all’utenza (famiglie) ne ai lavoratori della scuola.
Se proprio si vuole metterci le mani, la cosa più sensata da fare sarebbe rendere eleggibile la figura del Preside da parte degli attori della vita nelle scuole. Più che Presidi podestà ci vorrebbero dei Presidi sindaci. Dotati di maggiori poteri se necessario, ma che rispondano periodicamente del loro operato.
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