giovedì 29 gennaio 2015

Operazione Aemilia, la 'ndrangheta ci colonizza. Troppi ritardi, ecco le conseguenze.

Giovanni Paglia - deputato SEL
Elena Tagliani - coordinatrice regionale SEL

Che la 'ndrangheta fosse estremamente radicata nel territorio emiliano romagnolo lo denunciavamo da tempo tuttavia si fa fatica ad accettarne la capillarità che emerge dalla portata dell'operazione Aemilia.
Ogni settore della vita pubblica è coinvolto: dalle professioni alle imprese, dalla politica alle forze dell'ordine, dai giornalisti all'inquinamento delle elezioni amministrative in diversi comuni.
Nonostante la grande attenzione della legislazione regionale, la 'ndrangheta è entrata negli appalti per la ricostruzione post terremoto.
"In Emilia Romagna abbiamo scoperto la mafia imprenditrice", ha osservato il procuratore di Bologna Alfonso.
Osservazione pertinente e finalmente certificata, peccato che il radicamento delle cosche in Emilia Romagna e il legame tra queste e pezzi dell'imprenditoria locale sia stato pesantemente sottovalutato dalle istituzioni in questi anni; di "mafia imprenditrice" scrisse Pino Arlacchi nel lontano 1983, evidentemente un trentennio è passato invano.
È necessario quindi che la politica vada oltre gli strumenti finora adottati e promuova la formazione di una coscienza collettiva: la lotta alle mafie non è da affrontare in modo circoscritto ma deve diventare una forma mentale per ogni ambito dell'agire umano.
Questo è l'unico passo possibile affinché la 'ndrangheta non divori le porzioni di società eticamente sane.

lunedì 26 gennaio 2015

Sinistra: facciamo sul serio.

Michele Bonforte
coord. prov. SEL Reggio Emilia

La convention “Human Factor” che si è svolta a Milano è stata una straordinaria fucina di idee, sia per i 40 tavoli tematici che per la qualità dei contributi degli ospiti. A sinistra ci sono le idee necessarie per governare la crisi economica e sociale, idee che invece non ci sono nel campo liberista in cui è approdato il PD di Renzi. Le politiche di austerity e di compressione dei diritti sociali e del lavoro non ci fanno uscire dalla crisi, anzi l’aggravano in una spirale che si avvolge su se stessa, e mettono in campo un ulteriore pericolo: quello di una implosione democratica e di civiltà che può travolgere l’intero continente come già avvenuto in passato.
Per questo a Milano si è detto che non possiamo limitarci ad avere ragione, ma dobbiamo porci l’obiettivo di vincere e convincere con un programma di governo alternativo al liberismo, cominciando dai territori dove siamo coinvolti nel governo locale, sfidando il PD ad una verifica democratica delle scelte che si compiono.
Su questo elemento, quello determinante del che fare, Human Factor segna un punto di avanzamento timido ma necessario.

domenica 25 gennaio 2015

La mia mamma, per esempio.


Ancora su papa, pugni, educazione nonviolenta. E memoria

di Pasquale Pugliese

Si è fatto un gran parlare nei giorni passati dell’ormai famosa frase del papa ai giornalisti, a commento delle tragiche vicende di Parigi: se qualcuno “dice una parolaccia contro la mia mamma è normale che si aspetti un pugno”. A me – educatore e formatore che cerca d’impegnarsi nella ricerca nonviolenta – i commenti apparsi più interessanti sono stati quelli di Moni Ovadia, “questa battuta in sostanza mira ad evitare la contrapposizione tra cristiani e musulmani”; di Sergio Manghi “per accedere alla pace e al perdono bisogna passare per il conflitto e non fuggirlo. Anche Gandhi non sarebbe d’accordo, la non violenza non è la non azione”; di Mao Valpiana “una parola può essere violenta se detta senza carità, e un pugno può essere amorevole se mosso da carità (pensiamo alle famose “cinghiate” date da don Lorenzo Milani ai suoi amatissimi figlioli di Barbiana)”; di Monica Lanfranco “O s’insegna in famiglia, scuola, chiesa e dopolavoro una cultura del rispetto, del ripudio della violenza (dalle parole ai gesti), o presto si arriva a superare quella soglia, quel limite, che trasforma il faticoso ma fecondo terreno del conflitto nella rapida e mortale guerra”.  A me la frase del papa, ed i commenti successivi, hanno fatto tornare in mente un episodio della mia fanciullezza…

martedì 20 gennaio 2015

La sinistra può rialzare la testa.

Michele Bonforte
coord. prov. SEL Reggio Emilia

Accadde al PSI di Craxi e oggi rischia di accadere al PD di Renzi: quando l’unica cosa che ti distingue dalle altre forze politiche è il decisionismo, allora comincia una veloce corrosione ai lati, un assalto alla diligenza del partito che gestisce il potere, da parte di tutto quel sottobosco di corruttele che da decenni inquina la vita pubblica in Italia. Quello slogan ambiguo di Renzi di “catturare il consenso di chi votava Berlusconi” rischia di essere un lasciapassare per chi vuole riciclare la melma della corruttela e della collusione con la criminalità organizzata. Senza una visione alternativa della politica e dei suoi fini, quando l’unica distinzione è fra chi fa e chi non fa, mentre la lista delle cose da fare è una e solo una, allora si riduce la capacità di respingere le infiltrazioni dei portatori di interesse di piccole lobby (legittimi o no).

STRATEGIE PER USCIRE DALLA CRISI: dalle economie emergenti all’economia solidale nell’era neo-liberista

domenica 18 gennaio 2015

Sergio Cofferati, meglio tardi che mai. Ma lamentarsi di Renzi non basta

Stefano Morselli

Sono assolutamente convinto che le critiche mosse da Cofferati al suo ex partito siano sostanzialmente fondate e, addirittura, ovvie. Non c'è alcun dubbio che, con l'assurda formula inventata dal Pd, le primarie siano state e siano sempre più - inLiguria e ovunque - a rischio di inquinamenti e irregfolarità, ma soprattutto a certezza di condizionamenti e di stravolgimenti politici. Al netto degli episodi di compravendita del voto (illegittimi e forse perseguibili penalmente) è invece del tutto "legittima", sollecitata e perfino dichiarata la partecipazione di aderenti ad altre e (almeno apparentemente) contrapposte forze politiche.

Altrettanto fondata e addirittura ovvia è la constatazione che l'attuale maggioranza del Pd considera accettabile e tranquillamente praticabile l'alleanza con personalità e partiti del centro-destra, Cofferati si scandalizza che questo accada in Liguria, ma non dovrebbe essergli sfuggito che, a livello nazionale, il Pd governa in alleanza con il centro-destra da ben tre anni (governi Monti, Letta, Renzi) ed è dichiaramente intenzionato a continuare almeno fino al 2018. ,

L'osservazione che io faccio non riguarda, quindi, la fondatezza delle cose che dice Cofferati. Riguarda, semmai, l'ovvietà per chiunque segua con un minimo di attenzione le vicende italiane. E tanto più se -come è sicuramente il suo caso - le segua alla luce di una lunga e importante esperienza politica, maturata attraverso responsabilità e incarichi di primo piano. Per questo ritengo, almeno nella forma, poco entusiasmante il fatto che Cofferati renda pubblica  la sua denuncia e assuma certe decisioni solo dopo aver perso le primarie. Perchè ciò che lui dice adesso a proposito del Pd era vero anche prima. E sarebbe rimasto vero anche se avesse vinto lui.

Più in generale, ci sarebbe da fare il solito discorso sul percorso che ha condotto il Pd ad essere quello che è. Cofferati rivendica il suo ruolo di cofondatore e - come parecchi altri ex comunisti, che per altro hanno guidato Pds. Ds e Pd per oltre vent'anni, - lamenta una "deriva" del Pd renziano. Senza nulla togliere alla accelerazione impressa da Renzi, io continuo ad essere convinto che questo percorso sia erede (forse non l'unico possibile, ma certamente nemmeno illegittimo) del dna fondativo del Pd. Il quale, fin dal primo momento, conteneva al proprio interno, con imperdonabile indifferenza, personalità e orientamenti di sinistra, di centro, di destra. E teorizzava, sciaguratamente, la "contendibilità" del partito tra personalità e orientamenti opposti. Alla fine ha prevalso Renzi: ma mica è arrivato da Marte.

  Sperando che questo discorso, prima o poi, venga seriamente affrontato - in sede politica e anche in sede storica - ora ci sarebbe bisogno di guardare avanti. Deponendo recriminazioni, risentimenti, orticelli e polemiche. Anche perchè, riguardo la sinistra, si può ben ripetere il precetto evangelico: chi è senza peccato scagli la prima pietra. Invece che pietre, servirebbero idee e fatti. Invece che geremiadi su Renzi (che è Renzi) e sul Pd (che è il Pd) .servirebbe il coraggio di costruire altro. Servirebbe.

Après Charlie. Alcune note per provare a com/prendere

di Pasquale Pugliese

Notre émotion ne doit pas paralyser notre raison, 
comme notre raison ne doit pasatténuer notre émotion.
Edgar Morin
Comprendere significa letteralmente – secondo il Dizionario etimologico - "prendere con, prendere insieme", che vuol dire sia abbracciare con la mente, intendere appieno, che apprendere come compito sociale, apprendere reciprocamente. Il contrario di ogni tentativo di conoscenza che tenti di semplificare ciò che è complesso, di ridurre a banale ciò che ha ragioni profonde.  A caldo, subito dopo il massacro nella redazione di Charlie Hebdo, Edgar Morin ha scritto su Le Monde un articolo (non tradotto in italiano) nel quale parla del "trionfo del pensiero riduzionista. Non solo i fanatici assassini credono combattere i crociati ed i loro alleati ebrei (che i crociati hanno massacrato), ma gli islamofobi riducono gli arabi alla loro supposta credenza, l'islam, riducono l'islamico in islamista, l'islamista in integralista, l'integralista in terrorista", Contro questo riduzionismo violento ho cercato di mettere insieme alcuni pensieri che mi aiutassero a com/prendere.

giovedì 15 gennaio 2015

ReggioChildren - Bando pubblico che non convince

 Cosimo Pederzoli
ReggioChildren redige un bando pubblico per due posti a tempo indeterminato. Bando non pubblicizzato e con parametri talmente stringenti che a leggerlo ci veniva da dire: ma questi posti possono guadagnarseli solo i dipendenti di ReggioNelMondo, dai.
No davvero, è andata così. E a raccontarcelo sono stati gli esclusi.

venerdì 2 gennaio 2015

#promemoria per la "meglio gioventù" nell'anno che si è aperto

di Pasquale Pugliese
Ho passato la notte di veglia tra il vecchio e il nuovo anno a vedere un film che a suo tempo avevo colpevolmente mancato, “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana. E’ un affresco su un pezzo della nostra storia collettiva che parte, sostanzialmente, dall’alluvione di Firenze nel 1966 e dalla “difesa civile” spontanea e dal basso che giovani di tutto il Paese portarono ai beni culturali di quella meravigliosa città e segue le vicende di due fratelli, lungo mezzo secolo di storia italiana, dal ’68 ed oltre. Mentre in città i botti del “capodanno” punteggiavano quello che Antonio Gramsci ha chiamato “tripudio a rime obbligate collettive”, rivedere la ricostruzione cinematografica di un tempo – in gran parte direttamente vissuto, seppur nella scala possibile a chi nel ’68 ci è nato – mi ha fornito la l’opportunità di rifare “mente locale” sull’impegno di altre “meglio gioventù”, passate e presenti.