Michele Bonforte
Un brontolio cupo e preoccupante viene dal fondo della scala sociale. Il Censis nel dicembre del 2015 lo aveva con chiarezza indicato “l’Italia di Matteo Renzi, è un Paese in «letargo esistenziale» in attesa di una ripresa continuamente annunciata sui mass media, una “tensione” che per ora non si è tramutata in un nuovo investimento collettivo.”
Una ripresa dell’occupazione e del reddito dei lavoratori che non è arrivata in due anni di governo Renzi, malgrado l’utilizzo di 30 ml di ulteriore debito pubblico (spesso si dimentica che la cosiddetta flessibilità che si chiede all’europa altro non è che il permesso ad indebitarsi ulteriormente).
Il jobs act ha di fatto usato fondi pubblici per trasformare contratti precari in contratti a tempo. Cessati i contributi pubblici sono esplose le forme di precarizzazione più spietate come i voucher. Il job act è stato un regalo per le imprese, con marginali vantaggi per pochi lavoratori.
C’è poco da meravigliarsi se tra giovani disoccupati ed anziani licenziati si diffonde la sfiducia nella capacità della politica di dare risposte. La crisi sta erodendo le basi su cui poggia la democrazia come l’abbiamo conosciuta. In assenza di un certo benessere, o della speranza di accedervi, prevalgono le narrazioni dell’odio. Ciò sta avvenendo in molte parti d’europa nel segno di una forte ripresa della destra estrema. Quando ciò non avviene è perché c’è in campo una proposta politica della sinistra sufficientemente netta e radicale da intercettare questo malumore profondo.
Queste preoccupazioni per la tenuta della democrazia sono diffuse nella sinistra italiana, e spesso vengono usate per legittimare, malgrado tutto, la necessità di una alleanza di centro sinistra. Lo fanno ovviamente esponenti della sinistra PD, ma lo fanno anche esponenti di primo piano della sinistra fuori dal PD come Pisapia o Zedda.
Si tratta a mio modo di vedere di un grossolano errore politico, che rischia di trascinare la sinistra nel gorgo del renzismo.
Il pericolo per la democrazia in italia non è di natura politica. Diversamente da molti altri paesi europei, l’area della destra radicale in Italia si può circoscrivere alla Lega Nord e Fratelli d’Italia, che non riescono a sfondare anche grazie alla presenza del M5S che di fatto fa da calamita al voto di protesta.
Il pericolo è invece di natura sociale: in assenza di una politica economica che generi buone occasioni di lavoro, si ingrossano le falangi di chi si allontana dalla politica, costituendo una riserva di rancore e risentimento disponibile per ogni avventura.
Chi oggi sta alimentando a piene mani queste falangi è proprio il PD e le sue politiche economiche e sociali. Ciò non avviene per incapacità, ma per la scelta deliberata di posizionare il PD verso il centro politico, per attrarre i voti cosiddetti moderati, scegliendo quindi di abbandonare gli interessi dei lavoratori e di sostenere quel misto di privilegi e malaffare che da sempre rappresenta l’elettorato moderato in italia.
Questa ricollocazione sociale del PD sta procedendo velocemente. Il PD è ormai pesantemente infiltrato da raccoglitori di voti e di tessere trasmigrati dal centro destra, ed ormai non sorprende vedere associati dirigenti del PD alle indagini della magistratura. Inoltre il rapporto di collateralità con i poteri forti (Banche, Confindustria) è ormai esplicito ed arriva alla dettatura dei provvedimenti di governo.
Penso dunque che anche in caso di sconfitta di Renzi, sarà difficile che il PD possa essere recuperato nel campo progressista.
Inoltre le difficoltà che oggi ha Renzi derivano dalla sconfitta che ha subito alle elezioni comunali a Torino e a Roma, dove con grande acume politico la sinistra si è presentata autonomamente.
Se si fosse fatto dappertutto come a Milano oggi probabilmente avremmo un Renzi più arrogante del solito.
La sinistra in italia ha un compito storico: nel perdurare della crisi sociale deve provare a dare rappresentanza politica ai gruppi sociali che la subiscono. Per farlo non può essere associata al PD che con tutta evidenza rappresenta altri interessi. Per farlo deve dotarsi di parole d'ordine nette e comprensibili che siano competitive con quelle della destra.
Ciò non significa accantonare la nostra vocazione al governo del paese, ma probabilmente ciò non potrà essere fatto con il PD, certamente non con questo PD renziano e non con questi rapporti di forza sfavorevoli.
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