intervento di Antonella Festa
Nel 2014 il numero dei migranti giunti in Italia ammontavano a 170.000 persone, nel 2015 a 136.000 essendosi spostato in Grecia il grosso dei flussi.
La novità del 2015 sta nel fattore rilevante dei ricongiungimenti familiari. I dati del Ministero dell’Interno al 31 luglio 2015 rilevano che su 4.010.992 stranieri regolarmente soggiornanti, 1.205.412 sono gli stranieri presenti grazie ai ricongiungimenti. Secondo una stima della Fondazione ISMU, all’1 gennaio 2015 il numero di famiglie composte da più persone è superiore al numero di famiglie uni personali, 674.000 rispetto a 540.000.Se fino al recente passato l’immigrazione in Italia era l’esito di un progetto prevalentemente individuale e a breve termine, legato a ragioni occupazionali, oggi il nostro paese è sempre più interessato dal progressivo mutamento dei progetti migratori che assumono una dimensione decisamente familiare a cui si accompagna una tendenziale stabilizzazione sul nostro territorio.
Il ricongiungimento familiare pone quindi una sfida rilevante dal punto di vista dell’integrazione dei soggetti coinvolti, in quanto mette radicalmente in discussione ruoli, atteggiamenti, e comportamenti consolidati per giungere in un arco temporale a nuove forme di relazione in un contesto socio culturale spesso molto differente da quello dei paesi di origine.
Dal punto di vista economico-sociale, è stato ampiamente dimostrato come la condizione di emarginazione, la povertà, la ghettizzazione e la discriminazione generino sentimenti di frustrazione, diffidenza e voglia di rivalsa.
L’analisi delle condizioni di vita in cui versano molti dei giovani musulmani di seconda e terza generazione sembra fornire spiegazioni utili a comprendere il fenomeno della radicalizzazione . in effetti in diversi stati europei si registrano fenomeni di segregazione e di emarginazione della minoranza immigrata : si pensi al caso della Francia e della Gran Bretagna dove tali popolazioni si trovano concentrate in determinate zone delle maggiori città. In un simile contesto di apartheid territoriale, sociale ed etnico vive un numero assai consistente di persone di origine etnico-religiose piuttosto omogenea, costituito in gran parte da giovani immigrati di seconda e terza generazione i quali godono dei diritti di cittadinanza ma non riescono a considerarsi cittadini a pieno titolo in quanto spesso disoccupati , con un livello di istruzione piuttosto basso senza prospettive e senza concrete possibilità di poter migliorare la propria posizione socio economica.
Questi i presupposti per entrare nel mio intervento.
Si parla sempre di immigrazione in generale mai di quella parte importante che riguarda bambini e ragazzi immigrati che hanno il diritto di vivere la loro vita futura in modo dignitoso e di avere tutte le opportunità possibili, anche per evitare nuove emarginazioni e altre povertà.
A ciò deve pensare la società e soprattutto la scuola che però deve essere messa in condizioni di poterlo fare.
L’ingresso in un gruppo classe di alunni di origine straniera che purtroppo hanno vissuto i traumi naturali del distacco e dell’abbandono, che provengono da situazioni di estrema povertà o peggio da paesi in guerra e in più non hanno mezzi di comunicazione linguistici, non fa bene né a loro , né agli altri alunni. Purtroppo, dopo 25 anni dai primi inserimenti a scuola, a parte qualche protocollo, ancora oggi, la Scuola non ha metodologie e strumenti condivisi per accogliere, alfabetizzare, integrare ma soprattutto per garantire il benessere e il futuro degli alunni che provengono da altri paesi. Non per caso, questi sono gli alunni più bocciati, quelli che di prassi vengono mandati nelle scuole professionali e che abbandonano la scuola prima del termine.(Rapporto ISMU).
Poiché la politica e la società devono provvedere che siano rispettati i diritti e il benessere di tutti i bambini, come ci ricorda la Convenzione dei Diritti dell’Infanzia, bisognerebbe progettare il modo più efficace per poter garantire diritti, benessere e successo anche a tutti gli alunni di origine straniera che frequentano le scuole italiane in quanto ancora oggi, solo dove e quando è possibile, vengono organizzati laboratori per l’insegnamento della lingua italiana, primo veicolo di comunicazione ed integrazione degli alunni stranieri, dalle varie amministrazioni comunali che meritano sicuramente gratitudine. Purtroppo però continuano ad essere avvertiti sentimenti di disagio in molte realtà scolastiche e soprattutto da parte degli insegnanti che dopo tanti anni dai primi ingressi di alunni stranieri nelle scuole, sono costretti a gestire accoglienza e alfabetizzazione ancora come se ci si trovasse in fase di emergenza.
Nel 2014, il Circolo culturale di Sel approfondendo queste dinamiche, ha organizzato un Convegno per fare il punto della situazione sull’apprendimento degli alunni stranieri che frequentavano le scuole di Reggio Emilia e provincia. Dal Convegno è nato un gruppo di lavoro “ La scuola di Babele tra sogno e realtà” che da 2 anni sta cercando di studiare e cambiare il sistema di apprendimento della Lingua italiana 2 per alunni stranieri.
Il gruppo di lavoro “La scuola di Babele” è nato con l’intento di contribuire affinchè il sistema scolastico possa uscire dalla fase di emergenza con la finalità di permettere agli alunni stranieri un percorso scolastico che possa garantire loro, diritti, benessere e successo al pari dei loro compagni di classe.
Presupposto essenziale sarebbe regolamentare l’insegnamento di L2. con personale specializzato e disponibile tutti i giorni. Non è più possibile far ricadere sui docenti delle classi, tra l’altro sempre più numerose e cariche di problematiche, anche la preparazione di base degli alunni stranieri che continuano e continueranno ad arrivare in tutti i periodi dell’anno scolastico!
Per poter ottimizzare il sistema, potrebbero essere istituite delle classi di accoglienza, come esistono in vari paesi d’ Europa.. Classi/laboratorio o in ogni scuola o una per distretto scolastico dove gli alunni neo arrivati dai 9 anni in su, possano trovare un ambiente accogliente, docenti specializzati che attraverso mezzi e strumenti adatti, linguaggi verbali e non verbali possano apprendere la lingua italiana, i primi rudimenti delle discipline, le abitudini e le regole del paese che li accoglie per poi entrare nelle proprie classi con una buona capacità di comunicazione e di comprensione della lingua e un bagaglio di conoscenze, tutti presupposti essenziali per potersi sentire da subito, parte del gruppo classe.
Dopo tanti anni di “emergenza”, bisognerebbe avere il coraggio di cambiare, di provare alternative, di superare l’ipocrisia della classe di soli stranieri, senza annullare ciò che è stato fatto finora, bisognerebbe pensare in maniera lungimirante perché i flussi immigratori non si fermeranno!.
Perché gli alunni stranieri di oggi possano diventare futuri cittadini italiani a tutti gli effetti bisogna capire oggi, quali possano essere le strategie giuste perché la parola integrazione non continui ad essere solo una parola.
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