«Lo stile della lettera scritta in carcere da Pasquale Brescia è quella tipica dell’intimidazione di stampo mafioso e certamente contiene messaggi rivolti, non solo al sindaco Vecchi, ma anche ad altri. Su chi però siano questi destinatari occulti dovrà darci risposte la magistratura». Parola di Claudio Fava, deputato catanese, vicepresidente della Commissione Antimafia e figlio di Giuseppe, giornalista e scrittore ucciso da Cosa Nostra il 5 gennaio 1894.
Fava, che idea si è fatto sul messaggio inviato al Resto del Carlino dall’indagato Brescia alla vigilia del processo Aemilia?
La lettera è un chiaro segnale inviato dal carcere per reclamare attenzione e minacciare il primo cittadino di Reggio. Chi non vede l’intento intimidatorio in quelle righe non conosce la mafia. La storia è piena di testi scritti da detenuti della criminalità organizzate che sembrano pagine del libro Cuore, ma che in realtà vogliono dire tutt’altro. Ovviamente sono rivolti a chi sa come leggerli. Ecco perché ritengo sia un grave errore diffonderli…
Si riferisce al fatto che alcuni quotidiani e siti abbiano scelto di pubblicare integralmente il testo?
Bè la ‘ndrangheta ha tutto l’interesse che i suoi messaggi siano diffusi a una platea più vasta possibile. Assecondare questo desiderio è un errore gravissimo da parte di un organo di informazione.
Non è un caso che questa lettera arrivi alla vigilia del processo vero?
No. Celebrare il processo a Reggio rappresenta un punto di svolta definitivo per due aspetti. Il primo è che da ora in poi nessuno potrà nemmeno azzardarsi a dubitare che la ‘ndragheta abbia messo profonde radici in una terra che fino a poco fa in troppi credevano sana. Questo rappresenta un elemento di preoccupazione per gli affiliati non ancora coinvolti nel processo, e credo siano ancora tanti, e per i loro affari futuri. In secondo luogo porterà necessariamente gli amministratori locali a rivedere comportamenti prima ritenuti normali.
Fava, i Cinque Stelle hanno chiesto che il sindaco Luca Vecchi e il ministro Graziano Delrio siano ascoltati dalla Commissione di cui lei è vicepresidente. Anche lei è del parere di convocarli?
E perché no? Non ci vedo nulla di male, anzi. Soprattutto il sindaco Vecchi, che è stato oggetto di minacce. La Commissione Antimafia non è un tribunale del popolo. Essere ascoltati non rappresenta assolutamente un atto d’accusa. Chi si siede di fronte a noi non è al banco degli imputati. Parlare con il primo cittadino di Reggio servirebbe ad avere un punto di vista molto più preciso sugli strumenti messi in campo per contrastare la criminalità da parte di un amministratore che si trova in un territorio pesantemente infiltrato.
Ok, però i grillini insistono per convocare Vecchi all’indomani della notizia che lui e la moglie, nel 2012, comprarono casa da una persona che tre anni dopo è risultata tra gli imputati all’interno di Aemilia…
Una volta che dovesse venire in Commissione gli si potranno rivolgere domande anche in merito a questo argomento, e lui potrà dare le sue spiegazioni, come mi pare abbia già fatto di fronte alla città di Reggio. Per quanto riguarda le intenzioni dei 5 Stelle, quelle non mi riguardano. Ripeto: le audizioni di chi vive sulla propria pelle la minaccia mafiosa sono utili.
Non le sembra che ci sia chi sta cercando di mettere il cappello sull’antimafia, mentre la lotta contro questo cancro non dovrebbe avere colore?
Ammantare l’antimafia di un colore politico è uno degli errori più grandi che si possano commettere. Io non mi sono mai posto il problema dell’appartenenza politica dei soggetti che convochiamo in commissione.
Scusi, forse non ho capito, ma la Commissione ha in programma di convocare il sindaco di Reggio?
Giovedì si riunirà l’Ufficio di presidenza e ne discuteremo. So che il collega Gaetti (5 Stelle) lo chiederà, vedremo.
Il ministro Alfano ha bocciato la richiesta dei grillini di inviare una commissione d’accesso agli atti nel Comune di Reggio. Cosa ne pensa lei?
Organizzare e spedire una Commissione di accesso a Reggio mi sarebbe sembrato irrituale. Queste ispezioni devono intervenire solo quando ci sono elementi significativi che facciano pensare a possibili infiltrazioni nelle istituzioni. Questo era il caso di Brescello, ma non mi pare sia quello di Reggio.
Nessun commento:
Posta un commento
L'inserimento dei commenti su questo blog implica l'accettazione della policy.