sabato 27 febbraio 2016

La sinistra PD oltre il guado


Michele Bonforte

Enrico Rossi, presidente della regione Toscana, ha con un certo anticipo dichiarato di voler competere con Renzi, quando fra un anno ci sarà il congresso del PD. Forte di un certo gradimento nella sua regione, Enrico Rossi si propone di rappresentare le idee di sinistra in quel dibattito congressuale.
Poichè negli stessi giorni a Roma prendeva il largo il progetto di Sinistra Italiana, nasce il sospetto di un’operazione fatta solo per rubare la scena a chi chiama la sinistra a raccogliersi fuori ed in alternativa al PD di Renzi. O per prevenire una emorragia di militanti dal PD, offrendo loro qualcosa di sinistra a cui aggrapparsi.
Ma occorre almeno per un attimo prendere sul serio il proposito di Enrico Rossi. E porsi di conseguenza la domanda se il PD dopo tre anni di cura Renzi sia contendibile e riorientabile a sinistra.
Il progetto di Renzi di allargare e riposizionare al centro il PD, dopo numerosi intoppi, sembra negli ultimi mesi aver colto alcuni significativi successi. Al di là dell’impresentabilità di Verdini e soci, l’emorragia di parlamentari da Forza Italia alla maggioranza di governo non è una semplice manifestazione di trasformismo parlamentare, ma rappresenta un fenomeno reale presente nel paese.
Più visibile al Sud, ma presente anche in altre regioni, capicorrente del centro destra aderiscono al PD insieme alla propria rete di consenso. Il tesseramento al PD dopo anni di diminuzioni, registra nel 2015 una certa ripresa, malgrado vi siano significativi abbandoni da sinistra. Il PD sta mutando nel partito della nazione. Quello che prima era solo un progetto, oggi è un processo in atto. In molte città dove si andrà al voto fra pochi mesi, il PD si presenta con al fianco delle liste civiche di destra, in modo da offrire un ponte a questa auspicata migrazione di ceto politico.
Bisogna dare atto a Renzi della tenacia e perseveranza con cui prosegue il suo disegno strategico: spostare al centro il PD, per renderlo appetibile all’elettorato di destra.
Complici i grillini, anche l’occasione della discussione sul riconoscimento delle coppie omosessuali, è servito per fare un altro passo in quella direzione.
Imbarcare in maggioranza Verdini e soci, e dare un profilo “europeo” al partito della nazione, sensibile sui diritti civili quanto chiuso sui temi sociali.
Oggi la sinistra interna al PD denuncia il suo snaturamento. Ma ciò è avvenuto sopratutto attraverso l’emanazione di leggi lontanissime dai valori che ispirano la sinistra (jobs act, e sconto tasse alle case dei ricchi, per citarne alcune).
La difficoltà della sinistra interna al PD sta tutta qui: denuncia uno slittamento moderato del PD, ma ha votato in questi anni tutti i provvedimenti che l’hanno materializzato.
La sinistra del PD sembra difendere senza idee e forza il bidone vuoto del PD delle origini, richiamandosi spesso alla lontana epoca dell’Ulivo.
Ma il PD è cambiato non solo nelle idee che lo ispirano, ma anche nella sua composizione materiale, in modo che sembra ormai irreversibile. Se oggi si ponesse il tema di un ricambio della leadership di Renzi, ciò avverrebbe non riportando il pendolo a sinistra, ma consegnandolo a qualcuno dei giovani rampanti del cerchio magico di Renzi. E forse allora rimpiangeremmo quel po’ di sinistra che in Renzi pure esiste.
Se c’è una possibilità di cambiare il PD questa passa attraverso la bocciatura nel referendum costituzionale, e non chiedendo un congresso dove si registrerebbero i mutati rapporti di forza interni.

Avrà la sinistra del PD il coraggio delle proprie idee?
Oltre il guado del referendum costituzionale, nulla sarà più come prima.

mercoledì 24 febbraio 2016

Presentazione piattaforma digitale COMMO


Saremo più forti nel futuro, perché il vento soffia nella nostra direzione da angoli diversi di quell'Europa che o cambia o muore

Nicola Fratoianni
sintesi discorso a Roma
 21 Febbraio 2016


cari compagni/e,
in tutta Europa la sinistra sta vivendo una stagione di ripresa. Come dice Bernie Sanders “quando è troppo è troppo”. L’arroganza e la voracità della finanza sta calpestando la vita di milioni di persone. Per questo in Portogallo, in Spagna, in Grecia, in Inghilterra la sinistra acquista nuova forza, ed è l’unica che può fermare l’avanzata della destra fascista.

Noi fondiamo un nuovo soggetto perché sia trasformata in forza politica la frustrazione di milioni di italiane ed italiani nei confronti di governi sordi alle loro domande e incapaci di dare risposte, per il senso di ingiustizia che coglie ognuno di noi quando vediamo che si persevera nel rafforzare un sistema economico affamatore della maggioranza. L'Italia è uno dei paesi che produce più ricchezza nel mondo, ma non garantisce a tutti una vita dignitosa. È un paese sbagliato, dentro un'Europa sbagliata e rapace. Questo è il cuore del problema. E si affronta ripartendo dalla forza delle democrazia, dall'espressione di quella maggioranza inascoltata che tante volte ha dimostrato di essere più avanti della politica che pretendeva di rappresentarla.

E’ successo con il referendum sull’acqua, può succedere di nuovo nel referendum contro le trivellazioni petrolifere, o in quello sulla controriforma costituzionale di Renzi e Verdini.

Abbiamo bisogno di una forza politica che con intelligenza e determinazione dia forza ed effettività a questo sentimento di rivolta ed indignazione su cui soltanto può fondarsi un progetto di cambiamento. Un soggetto collettivo che si costituisca su scelte chiare e limpide, vincolato a comportamenti irreprensibili. Per poter cogliere il futuro, come SEL, dobbiamo metterci in discussione fino in fondo. Per questo avviamo un percorso che ci porterà a Dicembre al congresso fondativo della nuova forza politica. Tutti avranno il tempo di valutare e di partecipare, anche se non si era ai nastri di partenza. Nel frattempo lavoriamo sul territorio incontrando quanti sono interessati a questo percorso e facendoli co-protagonisti. Cominciando dalla raccolta firme sui referendum che nei prossimi mesi verranno messi in campo sulla scuola, il jobs act, la legge elettorale, ecc. E dando vita ad una piattaforma web che servirà a rendere permanente la discussione, la partecipazione e la co-decisione sul nostro cammino, anche a chi ha difficoltà ad essere presente agli incontri di persona.

Abbiamo molto lavoro da fare: le persone di questo paese non vogliono sapere con chi ci alleiamo, vogliono sapere prima di tutto che cosa proponiamo. Vogliono sapere se siamo dalla loro parte, se abbiamo soluzioni nuove e radicali ai problemi radicali che hanno di fronte.
Il mondo è impazzito tra guerre e terrorismo, le calamità naturali si rincorrono, le borse implodono ciclicamente e il governo, semplicemente, sbaglia. L'avevamo predetto 15 anni fa, quando con il movimento di Genova lottavamo contro questo futuro grigio e spaventoso. Avevamo ragione e l'abbiamo ancora. La sinistra vince ovunque parli al suo popolo. Laddove la sinistra non parla ma balbetta e si perde dietro alle terze, quarte vie, avanzano i fascismi, i populismi e la xenofobia. Dobbiamo sentirne la responsabilità.
Saremo più forti nel futuro, perché il vento soffia nella nostra direzione da angoli diversi di quell'Europa che o cambia o muore. Ma dobbiamo saperlo fare: dobbiamo saper vivere questo vento.
Sinistra Ecologia e Libertà, noi tutti insieme, ce la stiamo mettendo tutta. Siamo un partito piccolo ma pieno di grandi e nobili persone. Abbiamo pagato errori e festeggiato vittorie, ma alla fine come si vede la ragione del nostro impegno collettivo conta più di ogni divisione.
Perciò sono certo che ce la faremo, ora che ci mettiamo in discussione e a disposizione per qualcosa di molto più grande: per la forza della quale c'è bisogno come dell'aria per respirare, per la sinistra che restituisca futuro all'Italia e all'Europa, ai nostri bambini e a quelli che ci raggiungono sulle onde del mare in cerca di pace e libertà.

domenica 21 febbraio 2016

I diritti civili nel frullatore dell'ipocrisia fatta politica

Michele Bonforte

I grillini non votano il canguro, perché non vogliono sporcarsi le mani neanche per ottenere un obiettivo storico. L'italia è ultima in europa nel riconoscimento delle coppie dello stesso sesso. Il M5S ha attratto milioni di voti per realizzare il cambiamento, ma ogni volta che l'obbiettivo è a portata di mano, quella mano la mettono in tasca. Come diceva Don Milani, a che ti serve avere le mani pulite se poi non le usi mai? Dietro questa posizione del M5S c'è il rifiuto della politica, che è conflitto ma anche mediazione. Altrimenti c'è solo la guerra per bande, e la ricerca di una purezza, che brucia su quell'altare il concreto e possibile avanzamento del nostro livello di civiltà. 
Se Il M5S piange, il PD di certo non ride. In quel partito c'è chi vuole i diritti delle coppie omosessuali, c'è chi invece li combatte come il peggiore dei mali. Come possono stare nello stesso partito ispirazioni ideali così diverse? Quel partito sta insieme per l'esercizio del potere e via via perde ogni propria caratterizzazione. Un gruppo agguerrito di cattolici fondamentalisti spesso amici di Renzi, sequestra il posizionamento laico del Pd.
Chi aderisce al Pd da tempo non sa da che parte dello spartiacque sociale si pone, se dalla parte dei diritti del lavoro o della finanza. Oggi non sa nemmeno se sta con i diritti civili o con l'oscurantismo fondamentalista. Più che un partito è una maionese. E qualora non avesse il potere in mano finirebbe per impazzire.

martedì 16 febbraio 2016

Laddove la sinistra non parla ma balbetta e si perde dietro alle terze, quarte, quinte vie, avanzano i fascismi, i populismi e la xenofobia. Dobbiamo sentirne la responsabilità.



Nicola Fratoianni
Coordinatore Nazionale Sinistra Ecologia Libertà 

Siamo ad un passaggio di svolta, per la vita della sinistra ma sopratutto per quella del paese in cui tutti noi viviamo.
Abbiamo bisogno oggi più che mai di una spinta democratica, rinnovatrice, capace di rivitalizzare il tessuto sociale di un paese sfinito dagli esperimenti falliti di classi dirigenti senza visione del futuro e progetto di cambiamento.
La Seconda Repubblica si è rattrappita su se stessa, milioni di persone ne hanno vissuto le speranze e la cocente delusione, rifugiandosi nell'astensione, nella rabbia e nella solitudine. L'Italia merita davvero una nuova, rinnovata Repubblica. Fondata sulla libertà, sulla partecipazione e sulla lotta alla disuguaglianza, alla speculazione finanziaria, per la redistribuzione della ricchezza verso chi la produce.
Bernie Sanders dice, con semplicità: quando è troppo è troppo. Noi siamo d'accordo con lui. Fondiamo un nuovo soggetto non per cercare un posto al sole o per fare un dispetto a qualcuno, ma perché sia trasformata in forza politica la frustrazione di milioni di italiane ed italiani nei confronti di governi sordi alle loro domande e incapaci di dare risposte, per il senso di ingiustizia che coglie ognuno di noi quando vediamo che si persevera nel rafforzare un sistema economico affamatore della maggioranza. Quest'Italia non merita milioni di poveri e di disoccupati, perché è uno dei paesi che produce più ricchezza nel mondo. Che paese è quello che è ricco e non garantisce a tutti la dignità? È un paese sbagliato, dentro un'Europa sbagliata e rapace. Questo è il cuore del problema. E si affronta ripartendo dalla forza delle democrazia, dall'espressione di quella maggioranza inascoltata che tante volte ha dimostrato di essere più avanti della politica che pretendeva di rappresentarla.
Come fu già col referendum per l'acqua e i beni comuni nel 2011, oggi quella maggioranza può tornare a manifestarsi nel referendum contro le trivellazioni petrolifere, che non a caso il governo Renzi cerca di depotenziare. Lo stesso potenziale è richiamato dal referendum abrogativo del Jobs Act annunciato dall'iniziativa della CGIL per il Nuovo Statuto dei Lavori. Così come il Referendum sulla controriforma della Costituzione rappresenta l'occasione di rovesciare il gioco d'azzardo renziano sulla carne viva della democrazia italiana.
Abbiamo bisogno di una forza politica che con intelligenza e determinazione dia forza ed effettività a quel sentimento radicato nella società su cui soltanto può fondarsi un progetto di cambiamento. Un soggetto collettivo che si costituisca su scelte chiare e limpide, vincolato a comportamenti irreprensibili e con un gruppo dirigente generoso e largo.
Occorre una forza della sinistra ma per farla davvero occorre che i vizi della sinistra non prendano il sopravvento: una sinistra fatta a pezzi, pezzetti e correnti non è una forza. La sinistra boccheggiante che si ritrova in improbabili cartelli elettorali è un'esperienza che ha contribuito a quella delusione di milioni di persone. Quest'Italia davvero non ci capisce più, per tornare a parlarle dobbiamo cambiare, sciogliere le organizzazioni esistenti, ripartire dalle persone, dal desiderio che c'è di affrontare insieme le lotte importanti che parlano della vita quotidiana di tanti e tante. Per poter cogliere il futuro dobbiamo metterci in discussione: fino in fondo.
Per questo facciamo Cosmopolitica: per avere rispetto delle persone di sinistra di questo paese. Per imparare a morderci la lingua ogni volta che torna l'istinto di parlare di questioni interne, di manovre sui gruppi dirigenti, invece che della sofferenza e dell'ingiustizia che ci circonda. A dicembre, al primo congresso di questa nuova forza politica, dichiareremo la fine dell'era delle accozzaglie a sinistra, la fine del politicismo che ci ha fatto ammalare. È una premessa obbligata, più ancora che una promessa.
Tra pochi giorni a Palazzo dei Congressi comincia il nostro cammino e la nostra maturazione: dev'essere un cammino tra pari, radicalmente democratico, con la bussola del territorio e della sua dimensione sociale a fare da guida. Mutualismo, radicamento, innovazione, partecipazione sono i punti cardinali di questo progetto. Per questo pensiamo ad una community digitale, una piattaforma di discussione e decisione on-line, che accompagni questo percorso, al servizio di attivisti e militanti impegnati nel difficile compito di trasformare i vettori comunicativi digitali in presenza, mobilitazione, legame collettivo e protagonismo territoriale. Una piattaforma che non si sostituisca all'attività territoriale quindi, ma che la sostenga e ne amplifichi la capacità di coinvolgere persone e corpi sociali.
Un cammino aperto e inclusivo, con una campagna di adesione che sia prima di tutto un modo di incontrare ciò che in questa Italia testardamente cerca riscatto e prospettiva: luoghi del sapere e del lavoro, associazioni di volontariato, comitati, lotte per i beni comuni, per la tutela della salute, per i diritti civili, esperienze di buon governo, spazi culturali, imprese giovanili e innovative. Dobbiamo arrivare in ogni angolo del paese, in ogni strada, in ogni quartiere con le campagne che avvieremo insieme a Cosmopolitica sui saperi, sull'ambiente, sul lavoro e sulla democrazia.
Non avrebbe senso di fronte a questa sfida costruire già oggi un gruppo dirigente che sarebbe solo la fotografia di quel che c'è e la chiusura nei confronti di quel che non c'è ancora. Abbiamo molta strada da fare: mettiamoci in condizione di convincere, offrire spazio, coinvolgere chi vorrà raggiungerci nei prossimi mesi. Per questo credo che dovremmo dotarci di comitati promotori meramente funzionali e tassativamente transitori, sul livello nazionale e su quello locale: verrà dopo, al congresso, il momento in cui in piena e totale democrazia potremo scegliere insieme a chi affidare la responsabilità di coordinare le nostre attività.
Nel frattempo abbiamo molto lavoro da fare: le persone di questo paese non vogliono sapere con chi ci alleiamo, vogliono sapere prima di tutto che cosa proponiamo. Vogliono sapere se siamo dalla loro parte, se siamo conseguenti con le parole che diciamo, se abbiamo soluzioni nuove e radicali ai problemi radicali che hanno di fronte, oppure soltanto vecchie e stanche liturgie.
Per questo occorre avere il coraggio dell'alternativa quando davanti ci si trova Renzi e la pletora di personaggi dei quali è il ventriloquo, con le loro teorie strampalate, con le bugie sulla ripresa e l'occupazione, con la brama di potere ad ogni costo. A tutto ciò noi sbarriamo la strada: perché le bugie, la brama di potere, le ricette di governo che guardano solo ai poteri, non servono al futuro. Lo diciamo senza ideologismi, guardando alla realtà: il mondo è impazzito tra guerre e terrorismo, le calamità naturali si rincorrono, le borse implodono ciclicamente e il governo, semplicemente, sbaglia.
L'avevamo predetto 15 anni fa, lottavamo contro questo futuro grigio e spaventoso. Avevamo ragione e l'abbiamo ancora. Non ci fermeremo: la sinistra vince ovunque parli al suo popolo. Laddove la sinistra non parla ma balbetta e si perde dietro alle terze, quarte, quinte vie, avanzano i fascismi, i populismi e la xenofobia. Dobbiamo sentirne la responsabilità. La sentiamo.
Saremo più forti nel futuro, perché il vento soffia nella nostra direzione da angoli diversi di quell'Europa che o cambia o muore. Ma dobbiamo saperlo fare: dobbiamo saper vivere questo vento. Sinistra Ecologia e Libertà, noi tutti insieme, ce la stiamo mettendo tutta. Siamo un partito piccolo ma pieno di grandi e nobili persone. Discutiamo, abbiamo pagato errori e festeggiato vittorie, ma alla fine come si vede la ragione del nostro impegno collettivo conta più di ogni divisione. Perciò sono certo che ce la faremo, ora che ci mettiamo in discussione e a disposizione per qualcosa di molto più grande: per la forza della quale c'è bisogno come dell'aria per respirare, per la sinistra che restituisca futuro all'Italia e all'Europa, ai nostri bambini e a quelli che ci raggiungono sulle onde del bisogno e della lotta per la pace e per la libertà.

P.s. Per il programma di Cosmopolitica consultate: www.cosmopolitica.org. E ricordatevi che potete registrarvi e scegliere i Laboratori on-line per evitare lunghe attese all'ingresso

martedì 9 febbraio 2016

CLAUDIO FAVA: «VECCHI IN AUDIZIONE? PERCHÈ NO?»

di Marco Barbieri
«Lo stile della lettera scritta in carcere da Pasquale Brescia è quella tipica dell’intimidazione di stampo mafioso e certamente contiene messaggi rivolti, non solo al sindaco Vecchi, ma anche ad altri. Su chi però siano questi destinatari occulti dovrà darci risposte la magistratura». Parola di Claudio Fava, deputato catanese, vicepresidente della Commissione Antimafia e figlio di Giuseppe, giornalista e scrittore ucciso da Cosa Nostra il 5 gennaio 1894.

Fava, che idea si è fatto sul messaggio inviato al Resto del Carlino dall’indagato Brescia alla vigilia del processo Aemilia?
La lettera è un chiaro segnale inviato dal carcere per reclamare attenzione e minacciare il primo cittadino di Reggio. Chi non vede l’intento intimidatorio in quelle righe non conosce la mafia. La storia è piena di testi scritti da detenuti della criminalità organizzate che sembrano pagine del libro Cuore, ma che in realtà vogliono dire tutt’altro. Ovviamente sono rivolti a chi sa come leggerli. Ecco perché ritengo sia un grave errore diffonderli…

Si riferisce al fatto che alcuni quotidiani e siti abbiano scelto di pubblicare integralmente il testo?
Bè la ‘ndrangheta ha tutto l’interesse che i suoi messaggi siano diffusi a una platea più vasta possibile. Assecondare questo desiderio è un errore gravissimo da parte di un organo di informazione.

Non è un caso che questa lettera arrivi alla vigilia del processo vero?
No. Celebrare il processo a Reggio rappresenta un punto di svolta definitivo per due aspetti. Il primo è che da ora in poi nessuno potrà nemmeno azzardarsi a dubitare che la ‘ndragheta abbia messo profonde radici in una terra che fino a poco fa in troppi credevano sana. Questo rappresenta un elemento di preoccupazione per gli affiliati non ancora coinvolti nel processo, e credo siano ancora tanti, e per i loro affari futuri. In secondo luogo porterà necessariamente gli amministratori locali a rivedere comportamenti prima ritenuti normali.

Fava, i Cinque Stelle hanno chiesto che il sindaco Luca Vecchi e il ministro Graziano Delrio siano ascoltati dalla Commissione di cui lei è vicepresidente. Anche lei è del parere di convocarli?
E perché no? Non ci vedo nulla di male, anzi. Soprattutto il sindaco Vecchi, che è stato oggetto di minacce. La Commissione Antimafia non è un tribunale del popolo. Essere ascoltati non rappresenta assolutamente un atto d’accusa. Chi si siede di fronte a noi non è al banco degli imputati. Parlare con il primo cittadino di Reggio servirebbe ad avere un punto di vista molto più preciso sugli strumenti messi in campo per contrastare la criminalità da parte di un amministratore che si trova in un territorio pesantemente infiltrato.

Ok, però i grillini insistono per convocare Vecchi all’indomani della notizia che lui e la moglie, nel 2012, comprarono casa da una persona che tre anni dopo è risultata tra gli imputati all’interno di Aemilia…
Una volta che dovesse venire in Commissione gli si potranno rivolgere domande anche in merito a questo argomento, e lui potrà dare le sue spiegazioni, come mi pare abbia già fatto di fronte alla città di Reggio. Per quanto riguarda le intenzioni dei 5 Stelle, quelle non mi riguardano. Ripeto: le audizioni di chi vive sulla propria pelle la minaccia mafiosa sono utili.

Non le sembra che ci sia chi sta cercando di mettere il cappello sull’antimafia, mentre la lotta contro questo cancro non dovrebbe avere colore?
Ammantare l’antimafia di un colore politico è uno degli errori più grandi che si possano commettere. Io non mi sono mai posto il problema dell’appartenenza politica dei soggetti che convochiamo in commissione.

Scusi, forse non ho capito, ma la Commissione ha in programma di convocare il sindaco di Reggio?
Giovedì si riunirà l’Ufficio di presidenza e ne discuteremo. So che il collega Gaetti (5 Stelle) lo chiederà, vedremo.

Il ministro Alfano ha bocciato la richiesta dei grillini di inviare una commissione d’accesso agli atti nel Comune di Reggio. Cosa ne pensa lei?
Organizzare e spedire una Commissione di accesso a Reggio mi sarebbe sembrato irrituale. Queste ispezioni devono intervenire solo quando ci sono elementi significativi che facciano pensare a possibili infiltrazioni nelle istituzioni. Questo era il caso di Brescello, ma non mi pare sia quello di Reggio.

L'epilogo annunciato delle primarie a Milano

 Stefano Morselli

Cinesi a parte - perchè mai non dovrebbero votare i cinesi (o i pakistani, o gli eskimesi), in una competizione nella quale possono votare tutti, compresi gli avversari politici di chi organizza la competizione? - trovo un po' bizzarro sorprendersi o lamentarsi per come sono andate le primarie del Pd a Milano. Anche i cinesi (o i pakistani, o gli eskimesi) avrebbero potuto prevedere che, essendo due i candidati in campo con l'aureola "di sinistra", avrebbe vinto il terzo, che quell'aureola non ha. Ai due perdenti di sinistra, complimenti per la lungimiranza.

Personalmente, non partecipo alle primarie del Pd, per il banale motivo che non voto e non simpatizzo per il Pd. E sono decisamente contrario all'idea che il candidato di un partito, tantomeno il segretario, possa essere scelto da altri che non siano iscritti, o almeno simpatizzanti, di quel partito. Ho invece partecipato alle primarie del centro-sinistra, cioè comprensive di candidati di aree politiche diverse dal Pd e, soprattutto, concepite sulla base di un programma e di un progetto politico sostanzialmente comun: di centro-sinistra, appunto. Ma la condizione minima e indispensabile è che uno scenario di questo genere esista realmente: almeno sul piano locale, perchèsu quello nazionale è già noto da tempo che non esiste.

A Milano i candidati erano tutti del Pd, ancorchè di differente orientamento politico. Uno di loro - quello che tutti ma proprio tutti prevedevano vincesse e che, infatti, ha vinto - veniva considerato addirittura del tutto estraneo al progetto politico che ha guidato l'uscente giunta Pisapia. Quindi, se abitassi a Milano, io non avrei partecipato a quelle primarie, sostanzailmente interne al Pd, anche perchè non sarei stato e non sarei disposto a sostenere poi chiunque le avesse vinte, a prescindere dalle sue posizioni. Meno che mai in un caso come questo, nel quale il vincitore era ampiamente annunciato. Ed è, nella migliore delle ipotesi, politicamente ignoto.

Poi, chissà, Beppe Sala stupirà i milanesi (e anche i non milanesi, come me) con idee, programmi, alleanze sociali e politiche tali da farlo preferire agli altri manager altolocati (Passera, Parisi per la destra...) che si contenderanno la carica di sindaco. Altrimenti, a sinistra - ammesso che una sinistra esista e sia in grado di farlo - si potrebbe proporre un candidato diverso, non manager altolocato, magari addirittura... di sinistra. E' la democrazia, bellezza.

venerdì 5 febbraio 2016

La criminalità organizzata esce allo scoperto perché oggi è ostacolata

Michele Bonforte

La criminalità organizzata a Reggio Emilia c’è da almeno 25 anni. La presenza fu silente perché il clamore dell’opinione pubblica non aiuta un’opera di infiltrazione che, per essere efficace, è lenta e capillare.
Le condizioni favorevoli per l’insediamento della criminalità organizzata si ebbero alla fine degli anni 90 con il boom edilizio e la stagioni delle grandi opere. Chi studia la mafia e la ndrangheta da anni, ha più volte segnalato come i subappalti e la movimentazione terra siano i canali storici della penetrazione in una economia in espansione. A Reggio Emilia (ma anche in altre parti della nostra regione) le politiche di espansioni urbanistica e i grandi appalti come la TAV, sono stati il brodo di coltura della criminalità organizzata. Chi allora fece quelle scelte politiche senza prevedere meccanismi di vigilanza efficaci, ha di fatto, anche senza volerlo, spalancato la città alla criminalità organizzata.
Già allora forze politiche e sindacali, denunciarono questo rischio, anche se non mancarono le sottovalutazioni da parte di chi era al governo della città, pur in presenza di episodi violenti. La nascita della giunta Delrio avvenne proprio intorno alla chiusura della stagione dell’edilizia “facile” che stava distruggendo il territorio. Più volte da parte sindacale si denunciarono le conseguenze negative sui lavoratori di un sistema di subappalti che spesso si basava sul lavoro nero e lo sfruttamento della manodopera.
Non sempre tutti gli attori istituzionali allora ne furono consapevoli. E neanche la cosiddetta società civile.
Oggi l’inchiesta Aemilia fa emergere la capillarità della presenza della ‘ndrangheta. Ma fa emergere anche come non sia riuscita a penetrare in modo efficace nel mondo politico e nella pubblica amministrazione in modo da influenzarne l’operato.

La crisi economica e quella più profonda dell’edilizia, hanno colpito non solo gli operatori normali, ma anche il businnes criminale, con una intensità che ha frastornato i ndranghetisti. I loro tentativi di uscire da quella situazione sono stati spesso inefficaci, anche grazie alla nuova consapevolezza da parte della politica e della società civile. Oggi gli attacchi al Sindaco Vecchi avvengono perché questa giunta è un ostacolo a quegli interessi.
Sarebbe bene non dividersi di fronte alla necessità di combattere un nemico pericoloso. Ciò non vuol dire silenziare le critiche. Se vi sono proposte per cambiare o rendere più efficace l’azione dell’amministrazione comunale contro la criminalità organizzata ben vengano.
Ma è un errore credere che questa sia l’occasione per speculare qualche decimale di consenso puntando ad una generale confusione fra chi è colluso, chi non ha visto e chi invece contrasta la criminalità organizzata.
Così come è un errore criminalizzare i “cutresi” in quanto tale. Non solo si compie un inconcepibile offesa alla dignità di migliaia di persone che vivono e lavorano onestamente. Ma si commette l’errore politico di regalare la rappresentanza politica e la difesa degli interessi di un pezzo consistente della città a chi è disposto a venire a patti con la ndrangheta.
La lotta alla criminalità organizzata si fa vigilando sui settori economici a rischio (come le sale gioco, l’edilizia, i lavori pubblici, ecc) e sostenendo chi subisce in prima persona il ricatto criminale.
Tale lotta è più efficace se si coinvolge la popolazione nella definizione delle priorità di azione, poiché è più facile influenzare pochi isolati decisori, che non migliaia di persone che democraticamente discutono e decidono sul che fare.
Per questo, nel mentre rinnoviamo la solidarietà al Sindaco Vecchi, costretto a vivere sotto vigilanza, lo invitiamo ad approfittare di questo frangente per chiamare la città a discutere.
Così come facemmo nella definizione del programma nella bella e partecipata giornata al Centro Malaguzzi di due anni fa, oggi serve uno scatto democratico.

Perché il tagliando a questa giunta lo devono fare i cittadini, non le lettere di un inquisito, o la baruffa confusa di una politica attenta all’immagine e lontana dalla sostanza.