mercoledì 31 ottobre 2012

Cari Bersani, Vendola e Nencini...


Nonostante le chiare dichiarazioni di Nichi Vendola e il suo impegno programmatico (http://www.nichivendola.it/cms-upload/04_oppure_vendola_pace.pdf), i temi del disarmo, del taglio alle spese militari, della rinuncia agli F-35, delle operazioni di guerra internazionale contrarie alla Costituzione, non sono entrati nella Carta d'Intenti per l'Italia Bene Comune, firmata dai Segretari dei centro-sinistra. Riportiamo ampli stralci della "lettera aperta", che sta circolando in questi giorni sul web e sui social network, che il Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org ) ha rivolto ai tre Segretari per segnalare questa grave "dimenticanza", chiedendo di rimediare.

"Ai Segretari nazionali dei partiti firmatari della Carta d’Intenti per l’Italia Bene Comune:
Pierluigi Bersani – PD
Nichi Vendola – SEL
Riccardo Nencini – PSI

Gentili Segretari,
abbiamo letto con attenzione i 10 punti della Carta d’Intenti per l’Italia Bene Comune, da voi sottoscritta, ed abbiamo dovuto constatare che dei temi del disarmo, del taglio alle spese militari, della rinuncia ai caccia- F35 non v’è traccia. Come non v’è traccia del ritiro dall’Afghanistan delle nostro truppe d’occupazione, dove sono dislocate nel pieno ripudio della Costituzione, piuttosto che della guerra. Insomma, avete dimenticato proprio l’undicesimo punto, l’undicesimo intento – la pace bene comune – corrispondente all’art. 11 della Costituzione italiana “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Non basta evocare la “pace”, bisogna indicare i mezzi con i quali la si vuole raggiungere, e noi pensiamo che il mezzo principale sia quello del disarmo.
Eppure alcuni di voi, e diversi autorevoli esponenti dei vostri partiti, hanno partecipato il 24 settembre del 2011 alla Marcia della Pace per la fratellanza tra i popoli – nel 50° anniversiario di quella voluta da Aldo Capitini – dalla quale è emersa la nuova “Mozione del popolo della pace” che impegnava tutti i partecipanti a operarsi, tra le altre cose, per “ripudiare la guerra e tagliare le spese militari”.
Eppure, alcuni di voi, e diversi autorevoli esponenti dei vostri partiti, nei mesi e nelle settimane passate, hanno espresso dichiarazioni contro l’acquisto dei famigerati cacciabombardieri d’attacco F-35, la più faraonica dotazione di sistemi d’arma della storia – confermata anche dal governo in carica – ma fortemente contraria alla spirito ed alla lettera della Costituzione italiana.
Dalla Marcia della Pace in poi, sessanta Enti Locali – tra comuni, province e regioni – da nord a sud, governati in grandissima parte dai vostri partiti hanno votato mozioni contro l’acquisto dei cacciabombardieri, mettendo in evidenza come, perdipiù, questa astronomica spesa di oltre 15 miliardi di euro – che si aggiunge alla spesa militare annua italiana di circa 23 miliardi di euro (dati SIPRI) – sia sottratta ai cittadini che, in questa fase di grave crisi economica, si vedono tagliare e ridurre, settimana dopo settimana, il lavoro, i servizi sociali e sanitari, la scuola e la ricerca, il valore degli stipendi e allontanare il momento della pensione.
Ci aspettiamo, da chi si prepara a governare la Repubblica, giurando sulla Costituzione italiana, un impegno esplicito per il disarmo, a partire dalla drastica riduzione delle spese militari. Per questo ricordandovi l’ammonimento del Presidente Pertini – profetico anche rispetto alla crisi attuale – “si vuotino gli arsenali strumenti di morte, si colmino i granai strumenti di vita”, vi chiediamo di rimediare, aggiungendo alla Carta d’Intenti il numero 11: riduzione delle spese militari / abolizione dell’acquisto degli F35 / ritiro delle truppe dall’Afganistan."

Pasquale Pugliese

lunedì 29 ottobre 2012

Nasce il Comitato Reggio Emilia per Vendola

Lo scorso 6 ottobre Nichi Vendola ha ufficializzato la sua candidatura per le Primarie scegliendo di partire da Ercolano, luogo simbolo dell’incuria in cui versa il nostro Paese ad opera di una classe dirigente “culturalmente analfabeta”. Ricostruzione civile del Paese, new deal dei beni comuni e difesa della Costituzione sono state alcune delle parole chiave del suo intervento.  Le dichiarazioni programmatiche di Vendola, alla base della sua candidatura alle primarie, rimettono al centro il primato dei beni comuni, l’esigenza di far ridiventare il lavoro e la lotta alla precarietà un interesse collettivo, la necessità di una ricostruzione civile del Paese che riparta dalla cultura e dalla tutela dell’ambiente. Il nostro Paese ha bisogno di buona politica, profondamente rinnovata e rimotivata, e questa è l’occasione per promuovere una nuova stagione, per costruire insieme un’Italia migliore.
Attorno a questi temi ci siamo ritrovati, donne e uomini di varie estrazioni sociali, culturali e politiche, per dare vita al Comitato Promotore per il sostegno alla candidatura di Nichi Vendola alle primarie del centrosinistra. Crediamo che Nichi Vendola sia l’unica reale alternativa al governo Monti ed alla pratica di una austerità giocata tutta sulle spalle dei più poveri ed indifesi. La sua vittoria può dare speranza ed un nuovo ruolo ad una sinistra che torni a parlare di diritto al reddito, di uguaglianza e giustizia sociale, di diritti civili, di ambiente, di cultura, di innovazione. Per questo rivolgiamo un appello affinché a Reggio Emilia si aggreghi un ampio consenso intorno alla candidatura di Vendola, dando vita ad una mobilitazione di cittadine e cittadini che si impegnino a dare un contributo di idee e partecipazione a questa battaglia.

Per informazioni e adesioni:
twitter:  @rexnichi
facebook: reggioxnichi


prime adesioni:



Matteo SassiAssessore Welfare comune di Reggio Emilia
Carla IoriDirettore prov.le Auser Reggio Emilia
Fabiana MontanariArcigay Reggio Emilia
Anna ValcaviCgil, Cdlt Reggio Emilia
Farella DavideConsigliere comunale Cavriago
Franco Ferrettigià Vicesindaco a Reggio Emilia
Giorgio SalsiIniziativa Laica
Guido SaccardiPresidente Coopselios
Katia PizzettiConsigliere comunale Bagnolo
Letizia ValliResponsabile Settore Cultura Cavriago
Lorenzo CapitaniScrittore ed insegnante
Marco BattiniPapa Giovanni XXIII
Michele BonforteCoordinatore provinciale SEL Reggio Emilia
Milo RozziPresidente Circolo "Bainait Arci"
Mirto BassoliCgil, segreteria regionale Emilia Romagna
Pierino NasutiConsigliere comunale Reggio Emilia
Pierpaolo SalvaraniConsigliere d'amministrazione dell'A.s.p. "Reggio Emilia Terza Età"
Stefano SalsiStudente universitario
Umberto BedogniPres. Centro di Servizio per il Volontariato "Dar Voce"
Ferrari AlgoCgil, FP Reggio Emilia
Barchi IvanArchitetto, Scandiano
Savio RuggeriCgil, FIOM Reggio Emilia
Cataldo VulcanoDirigente Aziendale, Scandiano
Giorgio GrassiImprenditore, Montecchio

mercoledì 24 ottobre 2012

Inizia oggi la Settimana ONU per il disarmo: se vuoi la pace prepara la pace


   Tutti gli anni le Nazioni Unite celebrano dal 24 al 30 ottobre la "Settimana per il disarmo". La giornata di avvio della Settimana non è casuale ma è il giorno in cui cade l'anniversario della fondazione delle stesse Nazioni Unite, il 24 ottobre 1945. La "Settimana per il disarmo" è stata istituita dal'Assemblea Generale nel 1978, con un documento nel quale si richiama l'attenzione di tutti gli Stati sull'estrema pericolosità della corsa agli armamenti e si incoraggiano a compiere gli sforzi per porvi fine e a sensibilizzare l'opinione pubblica sull'urgenza del disarmo. Oggi la corsa agli armamenti è di gran lunga più grave e accelerata del 1978 e le spese militari globali hanno raggiunto la somma astronomica di oltre 1.700 miliardi di dollari annui – cifra mai raggiunta, in termini reali, nella storia dell’umanità – che corrisponde a più di 4,6 milardi di dollari al giorno, "somma che da sola è quasi il doppio del bilancio delle Nazioni Unite di un anno”, ha denunciato, inascoltato, Ban Ki Moon Segretario generale dell'ONU lo scorso 30 agosto. Il disarmo oggi è, dunque, ancora più urgente di quando la Settimana fu istituita ed essa non può esaurirsi in mero pretesto per dichiarazioni retoriche, ma – se vogliamo davvero costruire la pace - deve diventare la settimana dell'impegno di tutti per il disarmo.

   I governi nel loro insieme non hanno mai speso tanto per la guerra, neanche nel periodo della cosiddetta "corsa agli armamenti". Nel decennio 2002-2011 le spese militari sono anzi aumentate di oltre il 50 % ed hanno ampiamente superato il picco raggiunto durante la "guerra fredda". Gli armamenti sono una tragedia in atto sia quando vengono usati, perché producono guerre, morte e distruzione, sia quando vengono accumulati perché sottraggono preziose risorse pubbliche alle spese civili. Cioè alla vera sicurezza. Lo afferma con autorevolezza anche il Segretaio generale delle Nazioni Unite: "Gravi problemi di sicurezza possono sorgere a causa di tendenze demografiche, povertà cronica, disuguaglianza economica, degrado ambientale, pandemie, crimine organizzato, repressione e altri processi che nessuno Stato può controllare da solo. Le armi non sono in grado di risolvere tali problemi"(30 agosto 2012). 

   Il riarmo è sempre una sciagura per l'umanità, ma lo è in maniera estremamente più grave, quando avviene nel pieno di una gravissima crisi economica come l'attuale. Si veda il caso della Grecia dove è previsto anche per il 2012 un aumento del 18 % delle spese militari (che ormai rappresentano il 3 % del PIL) rispetto all'anno precedente, mentre 400.000 bambini in età scolare hanno problemi di malnutrizione (dati UNICEF), senza alcuno scandalo delle autorità monetarie europee che invece chiedono ulteriori e crescenti tagli ai salari, alle pensioni, alla sanità, al lavoro. Eppure, il tema del riarmo in atto è competamente rimosso dalle agende politiche nazionali e internazionali. Gli stessi appelli del Segretario generale delle Nazioni Unite - quando sostiene che "tali armi sono inutili contro le minacce odierne alla pace e alla sicurezza internazionali. La loro stessa esistenza è destabilizzante: più sono pubblicizzate come indispensabili, maggiori sono gli incentivi alla loro proliferazione"(30 agosto 2012) - cadono nel vuoto, nel silenzio dei mass media, nell'indifferenza dei governi.

   Altrettanto rimosso è il tema speculare del disarmo. Mentre durante il confronto armato Est-Ovest la politica, gli intellettuali, i giornali avevano all'ordine del giorno delle proprie agende la preoccupazione attiva per il disarmo; oggi, di fronte alle molte guerre in atto ed in preparazione, e seduti sulla più grande polveriera globale mai accumulata – convenzionale e nucleare - e della quale i conflitti in corso sono pericolosissime micce accese, nessuno si preoccupa più dell'urgenza del disarmo. Eppure, anche in Italia - come in Grecia - a fronte degli innumerevoli tagli alla spesa pubblica, civile e sociale, l’unico settore di spesa immune alle forbici continua ad essere quello, incivile e asociale, delle spese militari. Senza che nessun governo si impegni seriamentre a ridurle per destinare le cifre risparmiate alla difesa della Patria dalle vere minacce in atto: disoccupazione, povertà, mafie, degrado ambientale...Anzi, lo stesso Ministero della Difesa - in un palese quanto taciuto conflitto d’interessi - è attualmente nelle mani di un Ammiraglio della Marina Militare che difende, costi quel che costi, la scellerata decisione dell’acquisto dei caccia F-35. I cacciabombardieri d’attacco JSF (Joint Strike Fighter) F-35, invisibili ai radar e capaci di trasportare testate nucleari, sono il più grande progetto di riarmo offensivo della nostra storia. Il cui costo reale – maldestramente tenuto nascosto dai militari anche al Parlamento italiano – pur con la riduzione da 131 a 90 esemplari si aggira intorno ai 15 miliardi di euro, che si aggiungono agli annuali 23 miliardi di euro per le spese militari “ordinarie”. Con l’equivalente di uno solo di questi mostri si potrebbero mettere in sicurezza 500 scuole, o con l'eqiovalente del costo di sette ali si potrebbero ricostruire gli ospedali di Mirandola, Carpi e Finale Emilia colpiti dal terremoto...L’ottusa ostinazione all’acquisto da parte del Governo, sordo a tutti gli appelli del popolo della pace, è dunque immorale, antieconomica e anticostituzionale.

   Come se non bastasse questo dispendio di risorse pubbliche per la guerra, l’Italia è anche campione della produzione e del commercio delle armi – tra i primi dieci paesi al mondo - attraverso la multinazionale Finmeccanica, controllata al Governo italiano che ne è l’azionista di maggioranza. Ciò significa che mentre il nostro Paese si riarma pesantemente, e mentre da vent’anni è impegnato continuativamente in guerre in in giro per i mondo - nel pieno ripudio della Costituzione formale (ma in ossequo a quella tacitamente riscritta) - le armi italiane, pesanti e leggere, sparano e uccidono, ogni giorno, in tutte le guerre del Pianeta, in nome e per conto del popolo italiano.

   Troppe volte nella storia dell’umanità abbiamo visto le crisi economiche internazionali sfociare in guerre regionali o mondiali. L’attuale fase di riarmo non prelude a niente di buono. La fame, la siccità, la desertificazione che avanzano in molte aree del Pianeta preparano gravi scenari di crisi. L’unica risposta possibile è quella indicata dal presidente Pertini: “svuotare gli arsenali strumenti di morte e colmare i granai strumenti di vita”. Cioè il rovesciamento della vecchia massima “se vuoi la pace prepara la guerra” in quella nuova e nonviolenta, proposta da Aldo Capitini, “se vuoi la pace prepra la pace”.  

Pasquale Pugliese

venerdì 19 ottobre 2012

Profumo ….. di Gelmini

Esponenti vecchi e nuovi della classe dirigente allargata (cioè non solo politici, ma anche manager, giornalisti, ecc.) non perdono occasione per dichiarare solennemente che si esce dalla crisi solo con più ricerca e cultura. E’ un fiorire di convegni e seminari intitolati alla società della conoscenza, ai giacimenti culturali, alle risorse umane come componente strategica della competizione internazionale, tutte occasioni utili per una dichiarazione televisiva o un’intervista compiacente. Salvo che da anni con sistematica coerenza, si demolisce l’impianto della scuola pubblica. Fra questi ultimi la Gelmini si è distinta per aver portato il lavoro dei docenti al parossismo, con classi che possono arrivare a 32, tagliando nel contempo le risorse umane ed economiche alle scuole. I docenti hanno mugugnato, ma alla fine si sono adattati, spesso aumentando il lavoro volontario volto a recuperare gli alunni che si perdevano nelle classi pollaio. Io nella scuola ci lavoro. Faccio il tecnico, o come si dice in gergo l’ATA. E vedo come, a fianco di quei pochi che rinunciano e tirano i remi in barca, ci sono numerosi docenti che si danno da fare per offrire opportunità ai loro alunni. Inoltre, da alcuni anni mia moglie ha cambiato professione; da impiegata in un’azienda metalmeccanica a insegnate di lingue. Prigioniero anch’io dei luoghi comuni e delle legende metropolitane mi son detto che finalmente avrebbe avuto più tempo da trascorrere in famiglia. Invece, mentre prima si poteva contare sul fatto che alle 17,30 era in casa, oggi numerose volte arriva alle 18,30 e spesso si chiude in stanza per preparare verifiche, correggere compiti, contattare i colleghi (la trappola dei social network: lavori gratis senza saperlo). Poiché la scuola ha mezzi insufficienti, si è comprata un lettore CD e computer con casse audio, per proporre brani in lingua originale nelle varie classi. E ora fantastica sulla possibilità di acquistare un proiettore video, poiché quelli che la scuola fornisce sono spesso già prenotati o utilizzati da altri docenti. E’ evidentemente vittima della sindrome dell’insegnate missionario, ma senza questa sindrome la scuola pubblica sarebbe già crollata. E’ bene saperlo: quanto di meglio c’è oggi nella scuola si basa sul lavoro volontario dei docenti, sulla loro voglia di seguire gli alunni uno ad uno. Se timbrassero il cartellino farebbero montagne di straordinari, e quindi verrebbero fermati. La proposta del ministro Profumo sembra il naturale completamento del lavoro della Gelmini. L’innalzamento da 18 a 24 ore di insegnamento avrà come conseguenza la cessazione pratica del lavoro di arricchimento dell’offerta formativa che la parte più attenta ed attiva del corpo docente fa. Ed il peggioramento generalizzato della qualità nel rapporto scuola-alunni-famiglie. E’ un provvedimento ingiusto perché avviene a paga immutata, ed avrà conseguenze (che vedremo fra 5 anni) pesanti sulla qualità della formazione degli alunni, che poi sono i nostri figli. La Gelmini è riuscita ad ottenere l’ambito risultato di aumentare il tasso di abbandono scolastico. Profumo riuscirà probabilmente ad innalzare il tasso di analfabetismo. Questo dovrebbero sapere i parlamentari che si accingono a votare su questa proposta. E questo penso dovrebbero chiedere i cittadini a coloro che fra pochi mesi gli chiederanno il voto.
Michele Bonforte

giovedì 18 ottobre 2012

Nasce il comitato Bagnolo per Vendola

In vista delle primarie del centrosinistra - in programma domenica 25 novembre, con eventuale secondo turno il 2 dicembre - si è costituito il comitato "Bagnolo per Vendola". Nelle prossime settimane, oltre a sostenere la candidatura di Nichi Vendola, il comitato contribuirà alla raccolta di firme per i due referendum sui diritti dei lavoratoti e per le proposte di legge di iniziative popolare sulle unioni civili e sul reddito minimo garantito, con banchetti in piazza Garibaldi il venerdì mattina, dal 26 ottobre a metà dicembre. e domenica 4 novembre tutto il giorno. Le firme si raccolgono anche presso l'Urp del Municipio, tutti i giorni negli orari di ufficio: per la convalida della firma è necessario presentarsi con un documento di identità. Chiunque voglia aderire e/o proporre idee, suggerimenti, iniziative, può farlo attraverso la pagina facebook Bagnolo per Vendola.  E' anche possibile scrivere all'indirizzo e mail sinistraperbagnolo@gmail.com.


mercoledì 17 ottobre 2012

Una buona notizia: a Reggio Emilia la bandiera della pace è ancora una provocazione per le coscienze


Ha suscitato un certo stupore, nei giorni scorsi, leggere che esponenti politici della destra reggiana, mentre l’ignominia travolge da Sud a Nord le regioni governate dal loro partito, piuttosto che dedicarsi a un prezioso silenzio di meditazione e purificazione, abbiano trovato il tempo di attaccare la bandiera della pace esposta a Reggio Emilia in piazza Prampolini dal Palazzo Municipale: “è una provocazione vedere esposto, nel Municipio, un vessillo non regolamentare”.
Tuttavia, se si sentono provocati dalla bandiera della pace, al punto da non sopportarne la vista, non sanno di averci dato una buona notizia: la bandiera della pace rappresenta ancora una sana provocazione per le coscienze!
La bandiera con i colori dell’arcobaleno fu introdotta in Italia nel 1961, dal filosofo e pedagogista Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, in occasione della “Marcia della pace per la fratellanza tra i popoli”, da Perugia ad Assisi, da lui ideata. Non solo la bandiera, ma la stessa Marcia della pace, organizzata in piena “guerra fredda”, qualche settimana dopo la costruzione del “muro di Berlino”, fu vista da molti come una “provocazione non regolamentare”. Oggi, oltre mezzo secolo dopo, il muro a Berlino non c’è più, ma le bandiere della pace e della nonviolenza continuano a significare periodicamente il cammino da Perugia ad Assisi. Anzi, lo scorso anno, per il cinquantesimo anniversario di quella prima Marcia, anche molte migliaia di reggiani hanno marciato ancora una volta, sventolando le bandiere della pace, da Perugia fino alla Rocca di Assisi. Un bella provocazione, che continua.
Ed infatti è continuata anche al ritorno a Reggio Emilia, quando ben cinquantuno organizzazioni della società civile hanno sottoscritto l’Appello al Consiglio Comunale “Reggio Emilia, città di pace esprima un No ai cacciabombardieri F-35″. E il Consiglio Comunale ha raccolto quell’appello, chiedendo, il 27 febbraio scorso, al Governo italiano di “ridurre le spese militari, annullando almeno l’acquisto dei 131 cacciabombardieri F 35, azzerandone il programma, e destinare le risorse recuperate per il welfare municipale…cioè a investimenti di pace e di vera sicurezza.”, chiedendo inoltre al Presidente della Repubblica “di tutelare la Costituzione nella sua interezza, con particolare riferimento all’art. 11, che non prevede l’acquisizione di micidiali strumenti di offesa, capaci di trasportare anche armi nucleari”Anche questa mozione consiliare è una provocazione?
Certo, una salutare provocazione, perché serve a ricordare che la Costituzione italiana prevede tra i dodici “Principi fondamentali” della Repubblica, il “ripudio della guerra come mezzo di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento di risoluzione delle controversie internazionali”. In una fase storica nella quale – acquistando a carissimo prezzo micidiali strumenti di offesa – invece della guerra è sotto ripudio proprio la Costituzione, la bandiera della pace che sventola dal Municipio, vicino alla Sala del Tricolore, nella piazza principale della nostra bella città della Resistenza, sta lì a ricordarci – ad ammonirci anzi – che se si vuole la pace, non bisogna preparare la guerra, che è anzi da ripudiare, ma è necessario preparare la pace. Di questi tempi, un’autentica “provocazione non regolamentare”, ma un giorno l’umanità imparerà questa lezione: noi non ci saremo più, come oggi non c’è più Aldo Capitini, ma qualcuno sventolerà ancora la bandiera della pace.
Tutto sommato, grazie agli amici della destra per avercelo ricordato.
Pasquale Pugliese 

sabato 13 ottobre 2012

Nichi Vendola, Riccardo Nencini e Pierluigi Bersani: accordo per le primarie

Ho appena ascoltato la diretta streaming durante la quale Nichi Vendola, Riccardo Nencini e Pierluigi Bersani hanno presentato l'accordo per le primarie del centrosinistra. Il discorso di Vendola mi è sembrato abbastanza soddisfacente: anti-liberismo, europa dei diritti sociali, legalità, libertà nel lavoro e nella vita privata. Non ha nominato Monti, però ha indicato un percorso alternativo nei contenuti. 
Dunque, pare che questa volta si parta davvero.Secondo me non sarà una passeggiata, perchè non tutti i nodi politici presenti nella costituenda coalizione sono sciolti. Con tutta evidenza, c'è un pezzo non piccolo di Pd - almeno nel gruppo dirigente, non certo solo Renzi - che sostiene più o meno esplicitamente la cosiddetta "agenda Monti" e di conseguenza osteggia una alleanza con Sel basata su una agenda diversa e alternativa.  Poi, all'opposto, c'è anche un pezzo di sinistra - qualcuno anche in Sel - che vive male la scelta di una coalizione con il Pd, considerandolo non recuperabile, a prescindere dai contenuti di un accordo.
Io credo che nessuno possa avere certezze assolute, meno che mai in una fase così difficile e dopo tanti anti di tenace autolesionismo e autodissolvimento della sinistra politica  italiana. Però, mi chiedo e chiedo se esiste.una alternativa realistica e minimamente convincente - qui ed ora - alla sfida che Vendola e Sel hanno deciso di accettare. Io non ne vedo e non mi pare che qualcuno sia stato in grado di indicarne qualcuna.
Non è certo riproponibile il vicolo chiuso della "sinistra arcobaleno" del 2008: sappiamo già come andrebbe a finire. Nè è una gran pensata stare fermi, saltare un altro turno, rinviare tutto all'ennesimo convegno e all'ennesima "costituente"  E allora, vale la pena di giocarsela. questa sfida. L'esito non è già scritto, si corre anche il rischio di perdere. Ma si può anche vincere e, comunque,  "chi non combatte, ha già perso".

Le primarie sono la prima tappa di questa battaglia politica. Nella quale contano le idee, ma contano molto i numeri. Se la sinistra peserà tanto o poco nella coalizione - e nelle scelte di un futuro governo, se si vinceranno le elezioni - dipende parecchio dal risultato che otterrà Vendola alle primarie. Molti voti, molto peso; pochi voti, poco peso. Agli amici e ai compagni che vedono tutto nero, vorrei dire: che utilità ha lamentarsi delle posizioni "di destra" di Renzi, o delle contraddizioni dello stesso Bersani (che sono le contraddizioni strutturali del Pd) se poi noi ci chiamiamo fuori e saranno solo loro a spartirsi i voti e il sostegno non di qualche notabile, ma di milioni di cittadini di sinistra e di centrosinistra?.

A questo popolo, che è anche il nostro popolo, dobbiamo presentare alla luce del sole - con spirito unitario, ma senza alcuna subalternità - la nostra faccia, le nostre idee, le nostre proposte. Se non parte da una spinta di popolo, la ricostruzione di una  sinistra forte e capace di incidere sul futuro dell'Italia temo non potrà mai partire. Le primarie possono essere una occasione importante. La candidatura di Vendola può essere strumento di questa ripartenza e di questa faticosa ricostruzione. Se non ora, quando?

Stefano Morselli

martedì 9 ottobre 2012

E' ricominciata la scuola: i bambini hanno diritto allo studio, non alla guerra

Finite le vacanze, da lunedì 17 settembre per i bambini e i ragazzi italiani si sono riaperte le porte delle scuole in tutta Italia. Alcune centinaia di migliaia di questi hanno fatto il primo passaggio formativo importante della loro vita scolastica, cioè dalla scuola primaria (la vecchia scuola elementare) alla scuola secondaria di primo grado (la scuola media). E i loro genitori, come me – oltre all’impegno a rassicurare e incoraggiare la propria figlia un pò timorosa e, al tempo stesso, incuriosita dal nuovo mondo di studi e di relazioni che si dischiude – si sono trovati a fare i conti con un salasso economico al quale non erano abituati (e forse neanche preparati): il costo dei libri di testo. Nel nostro caso 270 euro per la prima media, in altri casi si può arrivare fino a 450 euro.
I soldi spesi per i libri e la cultura sono sempre ben spesi, ma qui c’è qualcosa che non torna.
L’istruzione impartita nella scuola secondaria di primo grado, la scuola media appunto, è un diritto sancito dall’art. 34 della Costituzione italiana: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. Un diritto, obbligatorio (ed oggi portato giustamente ai 10 anni) e gratuito. Ma con una onerosa tassa d’ingresso rappresentata dall’acquisto obbligatorio, e non gratuito, dei libri di testo, indispensabili strumenti di lavoro per l’esercizio del proprio diritto.
In un momento di grave crisi economica un ulteriore sacrificio imposto alle famiglie italiane.
Una spesa di 45 milioni di euro avrebbe consentito al governo di fornire i libri di testo gratuiti a 100.000 bambini delle scuole medie, consentendo l’esercizio di un diritto – e l’osservanza di un obbligo – che la Costituzione definisce non a caso “gratuito”!
Dove trovarli? 45 milioni di euro sono meno di un terzo del costo di un solo cacciabombardiere d’attacco F-35 (calcolato in circa 150 milioni di euro), dei quali il Governo ha commissionato l’acquisto di 90 esemplari, per complessivi oltre 13 miliardi di euro! Che si sommano alle altre decine di miliardi di euro di spesa pubblica che annualmente ci costano l’apparato militare, gli armamenti, l’occupazione in Afghanistan.
Ma anche qui c’è qualcosa che non torna. La stessa Costituzione che sancisce il diritto, l’obbligo e la gratuità dell’istruzione, sancisce anche all’articolo 11 che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Dunque perché si sottraggono preziose risorse economiche per l’esercizio del diritto all’istruzione dei più giovani studenti italiani, affermato dalla Costituzione, e si usano per la preparazione all’esercizio della guerra, “ripudiata” dalla Costituzione?
Al nuovo libro di Storia, acquistato per la nuova scuola, è allegato un fascicoletto sulla Costituzione e la “cittadinanza attiva”: come sarà spiegata ai bambini questa contraddizione tra il formale “ripudio della guerra” e il sostanziale ripudio della Costituzione, che ridimensiona anche il loro stesso diritto allo studio?

Pasquale Pugliese

venerdì 5 ottobre 2012

Primarie e concorsi di bellezza


L’iniziativa di 30 deputati PD, capeggiati da Fioroni, critici verso la candidatura di Vendola alle primarie, pone un problema reale, anche se con modalità decisamente rudi. Una coalizione che si candidi a governare il paese deve formulare un perimetro programmatico che tenga insieme tutti, e assicuri una navigazione tranquilla al futuro governo. E’ questo un problema che si pone sia con le coalizioni fra partiti distinti, che dentro partiti, come il PD, che sembrano contenitori di diverse tendenze.
Fioroni tende a risolvere il problema con un sillogismo inaccettabile: il PD ha un proprio programma, ed esso è di fatto il programma di colazione; chi lo condivide fa parte della colazione e dunque si può candidare alle primarie.
Noto come tale posizione non sia quella di Renzi (e di quanti lo sostengono nel PD) che dice “il programma si fa nelle primarie, chi vince propone il suo programma e il suo schema di alleanze”. Per cui secondo Renzi si può partecipare a primarie di coalizione con chi non ti vuole in coalizione.

C’è già da farsi venire il mal di testa.
Bersani propone un’altra variante; la coalizione condivide un programma minimo, i candidati propongono anche diverse letture programmatiche, ma dopo chi vince vincola tutti ad un programma comune. E se poi vi saranno divergenze su temi sensibili, tutto si risolve convocando l’assemblea dei parlamentari della coalizione e decidendo anche con un voto.
E se il mal di testa non vi era venuto sinora, adesso è assicurato.
Avessero dato ascolto a Vendola, che almeno da un anno chiede l’indicazione di un percorso per le primarie per la costruzione del programma su basi ampiamente democratiche, oggi non saremmo a questo punto: candidati che corrono, senza regole e date certe.
Ma siccome si fa con quel che c’è, meglio primarie dell’ultimo minuto, che decisioni calate dall’alto. Meglio che discutano e decidano milioni di cittadini del centrosinistra, che poche decine di dirigenti di partito.
Chiederei solo a Bersani (e Fioroni) di garantire agli elettori di centrosinistra gli stessi diritti democratici previsti dallo statuto del PD per i propri iscritti. E cioè che sulle grandi questioni su cui vi possono essere diverse posizioni dentro la coalizione, si preveda il referendum fra degli elettori. Come le primarie, ma in questo caso non sui nomi ma su singoli temi.
Un esempio per tutti. Cosa sarebbe successo se su acqua bene comune e nucleare si fosse deciso in una assemblea di parlamentari, o si fosse assunto il punto di vista che il PD aveva in quel momento?
Non vi sarebbe stata una fondamentale vittoria e una maturazione del senso comune su questioni che fanno oggi la differenza fra la cultura della sinistra e quella della destra.
Per questo oggi i referendum sul lavoro sono uno strumento a disposizione di tutto il centrosinistra per discutere con il proprio popolo un tema centrale nella crisi economica e sociale che stiamo attraversando. Più che demonizzare le posizioni altrui bisognerebbe avere il coraggio delle proprie idee, sottoponendole al vaglio di una discussione e di una decisione democratica.
Perché se c’è una cosa che la crisi della politica e dei partiti ci manda a dire è che i cittadini vogliono contare e decidere in prima persona, ampliando la sfera della democrazia partecipata e riducendo quella della democrazia delegata.
E le primarie, come i referendum, sono alcuni degli strumenti a disposizione dei cittadini per farlo.


Michele Bonforte