sabato 14 luglio 2012
Intervista di Michele Bonforte alla Gazzetta
Michele Bonforte, lei è il nuovo coordinatore provinciale di SEL a Reggio. Il centrosinistra, a suo avviso, dove deve andare a parare in termini di alleanze per vincere le prossime politiche ma poi, nel caso, riuscire anche a governare?
«Il centrosinistra deve avere la possibilità di allargarsi. Non è che noi non vogliamo l'Udc. Si prenda ad esempio Milano: Pisapia ha chiamato in giunta Tabacci. Il punto, a dire il vero, è un altro».
E qual è?
«Il punto è che se il rapporto tra Pd e Udc è quello della cosiddetta "buropolitica", vale a dire dei "patti" e dei "caminetti", e dunque delle decisioni calate dall'alto sul popolo della sinistra, allora non ci stiamo».
Quale alternativa proporreste?
«Se il Pd intende proseguire sino allo stremo la strategia di alleanza con l'Udc, deve essere chiaro che ciò non può avvenire sulla testa del popolo delle primarie. Se Casini ha cose da dire o da proporre, le sottometta al confronto democratico della partecipazione popolare. Lei sta dicendo, di fatto, primarie sulle persone ma anche e soprattutto primarie sui programmi.
«Guardiamo ad argomenti come il referendum sull'acqua o il nucleare. Il Pd ha tergiversato per un pezzo, Casini aveva una posizione opposta rispetto alla nostra. Bene: se ci fosse stato il "caminetto", noi esponenti di centrosinistra avremmo finito col rompere rispetto alla maggioranza degli italiani. E saremmo andati avanti in un balletto di posizioni che non finiva più. Sottoponendo al voto popolare le questioni cruciali per il futuro del Paese, alla fine chi sta dentro quella alleanza deve attenersi al programma votato dalla gente. Non deve più accadere quel che si è veriricato con l'Unione: un programma ambiguo che dentro diceva tutto e il contrario di tutto. Le primarie sui contenuti, invece, potrebbero salvare la situazione».
Ma se le cose andassero diversamente?
«Se il Pd sceglierà di sottomettersi ai diktat di Casini, Fini e tecnocrati appena arruolati, allora dovremo essere noi a chiamare a raccolta il popolo della sinistra, per costruire una nuova proposta di governo alternativa al liberismo e all'oscurantismo dei fondamentalisti cattolici».
A proposito di cattolici, che voto dà lei oggi alla giunta Delrio?
«Credo che la giunta meriti un 7».
Dentro c'è un assessore -Matteo Sassi - che è esponenste di SEL
«Senza Sassi il voto è 7-».
Addirittura.
«Matteo sta lavorando in un contesto difficilissimo: occuparsi dei welfare tra tagli e sforbiciate continue non è affatto facile. Ma per Reggio vale lo stesso discorso fatto per il nazionale: va abbandonata l'idea di poter governare sopra la testa degli altri».
Dunque accade.
«Alcuni assessori, e non faccia nomi, pensano, una volta nominati, che per 5 anni possono fare quel che vogliono. Intanto la città subisce. Ma oggi più che mai questa concezione è sbagliata. L'opinione pubblica deve poter dire la propria, e i "funghi" di Rota non ne sono che un esempio. Il metodo della partecipazione dovrebbe essere usato come standard: bisogna proporre le opzioni di scelta, non la scelta già fatta».
A Reggio si vota nel 2014. 0 se ci sono sorprese - magari anche prima. Potrà succedere anche qui quel che è accaduto a Milano e a Genova?
«Beh, raramente noi abbiamo presentato rappresentanti di SEL alle elezioni. Semmai li abbiamo appoggiati. E a Milano, come a Genova, abbiamo vinto. A Reggio tuttavia non sarà compiuta alcuna scelta di bandiera».
Cioè?
«Eviteremo di candidare qualcuno tanto per farlo, ma solo se ha la chiave per interpretare il cambiamento. E' evidente, però, che se a livello nazionale andrà in scena una edizione della politica neoliberista, allora il film non potrà durare».
Intende dire che a livello locale toglierete l'appoggio?
«Per forza. E' una questione di coerenza. A Reggio stiamo ancora pagando i totem del sindaco Spaggiari. Oggi va interpretato il cambiamento, e in quest'ottica credo che il futuro dell'area nord sia il tema clou su cui confrontarsi».
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