martedì 6 dicembre 2016

Renzi: lascia o raddoppia?

Michele Bonforte

La vittoria del NO è così grande, omogenea e partecipata, da farne uno spartiacque nella storia politica del nostro paese. La lettura che mi pare più vicina alla realtà è che si sia trattato di un pronunciamento sulla situazione sociale e sul governo. Il NO vince soprattutto dove la gente sta peggio, vince fra i giovani e perde fra i pensionati. Vince fra chi crede di non avere futuro e perde fra chi pensa di averne almeno un brandello. Una enorme questione sociale su cui galleggiamo, e che potrebbe produrre una involuzione autoritaria o una rivoluzione progressista.
Tutto dipende da come le proposte politiche daranno rappresentanza e soluzione a questa sofferenza sociale. Per la sinistra, ovunque essa sia oggi acquartierata (nel PD, in Sinistra italiana, nei Comitati, nel M5S) si tratta di di guardare a questo problema e non alla tattica dei prossimi mesi.
Occorre una svolta nella politica sociale ed economica del paese. Renzi ha prosciugato i pozzi della spesa pubblica concedendo prebende a tanti, con un aumento del deficit pubblico tollerato dall’Europa. Ma per venir fuori dalla stagnazione ci vuole un programma di investimenti pubblici (in manutenzione del territorio, infrastrutture digitali, in adeguamento sismico, ecc) che ora difficilmente potrà essere finanziato con spesa in deficit. Occorrerà, almeno in parte, non solo dire come si mette del carburante nel motore economico, ma anche da dove lo si prende. La questione, sempre rinviata, di una riforma fiscale che alzi il contributo della parte benestante del paese alla finanza pubblica è ora ineludibile.
Questo scenario, il più necessario, per realizzarsi ha bisogno di una discontinuità politica. Non saranno i Bersani o i D'alema a tirarci fuori dai guai. Oggi sembrano consapevoli della situazione, ma quando toccò a loro, pensarono solo ad inseguire i vari Casini o Monti di turno, sterilizzando per anni ogni possibile politica di sinistra.
Il “centro politico” è stato l’ossessione di tutti i gruppi dirigenti del PD degli ultimi 10 anni. Oggi Renzi ha inteso risolvere il problema non alleandosi con un centro che sfugge, ma trasformando il PD in un partito centrista. Ha perso il referendum ma non è detto che in quel 41% di SI non vi sia l’incubatore del partito della nazione.
Le sue dimissioni, inevitabili, più che l’ammissione di una sconfitta sembrano un rilancio. Da giocatore compulsivo qual’è persa una mano, raddoppia la posta per rifarsi nella mano successiva. Le elezioni politiche anticipate potrebbero permettergli di cancellare la sinistra interna al PD dal parlamento, e di presentarsi quale unico leader di un’area di centro allo sbando, contro il pericolo M5S.
Saranno i prossimi mesi, quelli indispensabili ad approvare la legge finanziaria ed una legge elettorale democratica, che modelleranno il modo in cui andremo alle elezioni politiche.
L’approvazione della legge di bilancio è necessaria, ma va fatta introducendo in essa forti correttivi che diano sollievo alla sofferenza sociale.
Solo un governo in grado di raccogliere i voti del M5S in parlamento può osare questa strada. Un governo affidato a personalità che possano incontrare la non opposizione del M5S è il cammino che porta all’unica formula alternativa all’accordo PD - Forza Italia fortemente voluto da Berlusconi: un governo di forte discontinuità nelle persone e nelle politiche che si sostenga sulla astensione del M5S.
Il M5S non è un pericolo ma una risorsa. Ha evitato che nel nostro paese il malcontento causato dalle politiche neoliberiste prendesse la strada della destra estrema. I nostri nemici politici sono l’asse Lega Nord-Fratelli d’Italia che si nutrono della crisi sociale e la palude neocentrista, Forza Italia, e parte del PD, che questa crisi sociale alimentano da anni.
C’è nel nostro paese l’energia politica e sociale per una alternativa. Questa prospettiva passa per la messa in gioco del M5S, e per la deflagrazione di quell’esperimento sbagliato che è stato il PD.
La sinistra deve avere una propria casa e non essere legata obtorto collo ad un’area moderata che l’ha prima snaturata e poi ridotta all’impotenza.
Solo così potrà giocare una propria partita ed essere riconoscibile agli occhi dei ceti popolari sfiniti e disorientati da una crisi sociale di una ferocia mai vista.

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