mercoledì 23 dicembre 2015

Per la sinistra di tutte e tutti


Nelle ore in cui Podemos lancia la sua sfida per l'alternativa, un gruppo di persone appartenenti a realtà politiche e sociali, ha scritto questo testo e lo mette a disposizione di chiunque ci si riconosca.
Usiamolo liberamente, copiamolo, condividiamolo, diffondiamolo, è un testo proprietà di nessuno per una sinistra di tutte e tutti. hashtag #xlasinistraditutti, su Twitter e su Facebook. 

Incontriamoci
Incontriamoci il 19, 20 e 21 febbraio a Roma per ridare senso alla parola “politica” come strumento utile a cambiare concretamente le nostre vite. Incontriamoci per organizzarci e costruire un nuovo soggetto politico, uno spazio aperto, democratico, autonomo.

Non è un annuncio. È una proposta.
Non sarà un evento cui assistere da spettatori.
Non ti chiediamo di venire a riempire la sala, battere le mani e chiacchierare in un corridoio come accade di solito in queste assemblee.

Mettiamoci in cammino per condividere un processo e costruire insieme un nuovo progetto politico innovativo e all'altezza della sfida. Un progetto alternativo alla politica d’oggi, svuotata e autoreferenziale, che ritrovi tanto il legame con la propria storia, quanto la capacità di scrivere il futuro.

L’obiettivo
È ora di cambiare questo paese e le condizioni di vita di milioni di persone, colpite dalla crisi e dalle politiche neoliberiste e di austerità, svuotate della capacità di immaginare il proprio futuro. Vogliamo costruire un’alternativa di società, pensata da donne e uomini, fatta di pace e giustizia sociale e ambientale, unici veri antidoti per fermare le destre e l’antipolitica, il terrore di Daesh, i cambiamenti climatici. Serve una netta discontinuità con il recente passato di sconfitte e testimonianza, per metterci in sintonia con le sinistre europee che indicano un’alternativa di lotta e speranza. Dobbiamo metterci in connessione con il nostro popolo, con i suoi desideri e le sue paure, con le centinaia di esperienze territoriali e innovative che stanno già cambiando l’Italia, spesso lontani dalla politica.
Bisognerà cambiare molto: redistribuire le ricchezze e abbattere le diseguaglianze sociali e di genere, costruire un nuovo welfare e eliminare la precarietà, restituendo dignità al mondo del lavoro. È ora di cambiare il modo in cui si produce e quello in cui si consuma, il modo in cui si fa scuola e formazione, le politiche per accogliere. Intendiamo difendere la Costituzione e i suoi valori, per difendere la democrazia.

Il governo Renzi e il PD vanno in una direzione diametralmente opposta e ci raccontano che non c’è un’alternativa. Per noi invece non solo un’alternativa è possibile ma è necessaria ed è basata sui diritti, sull’uguaglianza, sui beni comuni.

Dobbiamo organizzarci. Organizzare innanzitutto la parte che più ha subito gli effetti della crisi, chi ha voglia e bisogno di riscatto, di cambiamento, chi non crede più alla politica; lottando tanto nelle istituzioni quanto nella società. Una forza politica, non un cartello elettorale, che si candidi a governare il paese per cambiarlo e che lo faccia con un profilo credibile, in competizione con tutti gli altri poli esistenti.

martedì 22 dicembre 2015

Podemos: la sinistra oltre la sinistra?

Michele Bonforte
Una boccata di aria buona viene dalla Spagna. L’affermazione di Podemos si collega a quella di alcuni mesi fa di Syriza in Grecia. Non ci sono solo i neofascismi e i neonazionalismi che si diffondono in tutta Europa, specie nei paesi del nord e dell’est dove hanno conquistato il governo di paesi come la Polonia e l’Ungheria. C’è anche una agenda di idee per uscire da sinistra dalla crisi europea. La crisi sociale ed economica provocata dal liberismo e dalla dittatura dei mercati finanziari, sta sollevando onde sismiche che in pochi anni cambieranno il volto della politica e della cultura europea.
L’esempio spagnolo parla direttamente alla sinistra italiana. In Spagna una sinistra c’è, Izquierda Unida, ma non ha saputo dare rappresentanza a quanto ribolliva nella società spagnola, legata com’è tutt’ora a riti del secolo scorso.
Podemos avanza perché unisce le idee della sinistra antiliberista con la democrazia diretta, la partecipazione online e sul territorio.
Proprio quei metodi che nella sinistra italiana vengono sbrigativamente liquidati come “grillini”. Il 900 della sinistra si supera con una scelta integrale di democratizzazione del suo funzionamento interno. La  forma partito, che chi ha oggi più di 50 anni ha conosciuto, è incomprensibile a chi ne ha meno di 30 anni. Dentro SEL ho vissuto la fatica per aprire alla partecipazione, per fare consultazioni su scelte dirimenti, per proporre piattaforme democratiche sotto il fuoco di fila delle critiche di subalternità alla “finta democrazia” sul web.
Tutte critiche che hanno un fondamento di verità, ma che scartano sul punto centrale: oggi le competenze sono molto diffuse, gli orari della vita quotidiana sono diversificati: non ci sono riunioni che possano sostituire per coinvolgimento e approfondimento una @democracy correttamente organizzata, un uso sapiente ed integrato del web e delle relazioni dirette..
La sinistra italiana ha le idee, ma è consapevole che senza un metodo integralmente democratico è condannata al fallimento?
Per questo occorre rompere gli indugi: una nuova forza può nascere solo dallo scioglimento di quelle esistenti, dalla condivisione di un metodo di decisione che valorizzi la persona e la sua centralità nei processi decisionali.
Si comincia a Roma dal 19 al 21 Febbraio. Per la sinistra di tutte e tutti.

domenica 20 dicembre 2015

Chi ha paura dell’impegno dei giovani per la pace?

di  Pasquale Pugliese


Tra la risoluzione dell’ONU e i freni del governo italiano
Lo scorso 9 dicembre è passata piuttosto sotto silenzio nei media italiani un’importante risoluzione, approvata all’unanimità, del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (la n. 260/2015) che riconosce – per la prima volta in un documento ufficiale – il ruolo attivo che i giovani possono svolgere nella prevenzione, risoluzione e riconciliazione dei conflitti. Ricordando che la generazione tra i 18 e i 35 anni, in questo momento, è la più ampia che l’umanità abbia mai avuto e che i giovani spesso costituiscono la maggior parte della popolazione dei paesi colpiti da guerre e terrorismi, riconosce che essi possono giocare un ruolo attivo e importante nella costruzione dei percorsi di pace. Oltre ad invitare gli Stati ad attuare politiche di protezione delle giovani generazioni – vittime delle guerre o delle possibili tentazioni terroristiche – attraverso programmi di inclusione, lavoro e riconoscimento dei loro diritti fondamentali, la risoluzione “esorta gli Stati membri ad aumentare” – e questa è la vera novità – “la loro politica, finanziaria, tecnica e di supporto logistico, che tengono conto delle esigenze e partecipazione dei giovani negli sforzi di pace, in situazioni di conflitto e post-conflitto.”

domenica 13 dicembre 2015

L’acqua di Reggio ed il centrosinistra

Michele Bonforte
coordinatore provinciale Sel Reggio Emilia

Sulla vicenda della gestione del servizio idrico a Reggio Emilia, SEL si è espressa dopo un dibattito che facciamo da mesi /anni. Anch’io, come i coordinatori del circolo Berliguer di SEL, pensavo e penso che la proposta avanzata dal sindaco Vecchi sia un buon passo in avanti rispetto alla privatizzazione. Vi sono numerosi punti oscuri sia tecnici che politici, che andranno attentamente valutati. Alcuni di queste criticità sono contenute nel documento che abbiamo approvato in Assemblea provinciale. Nella nostra discussione è prevalsa la volontà di valutare questi punti critici e di non dare per scontato il consenso di SEL ad una proposta che è apparsa ai più ancora una bozza. I fraintendimenti che la stampa ha voluto fare su quella nostra discussione andrebbero evitati fra noi.
Come coordinatore provinciale, al di là delle mie personali convinzioni, devo tutelare la trasparenza e la legittimità delle nostre decisioni.
E’ prevalsa una valutazione prudente sulla proposta della società mista. Alcuni erano per votare contro, molti per astenersi, altri (fra cui io) per esprimersi a favore.
Eviterei, come fanno i coordinatori del circolo Berliguer, di tracciare nessi fra la discussione sulla acqua a Reggio e l’esigenza di costruire il cento sinistra nelle città per arrivare ad una coalizione progressista nazionale.
Tralasciamo pure che su questo punto la federazione di SEL di Reggio Emilia ha più volte discusso e votato ad ampia maggioranza. Tralasciamo pure che l’orientamento espresso da SEL a livello nazionale è da tempo di un coerente lavoro per costruire una alternativa al PD di Renzi. Tralasciamo anche che su questo punto non penso che i coordinatori del circolo Berliguer esprimano l’opinione prevalente degli iscritti di quel circolo.

Vorrei invece sottolineare come la vicenda dell’acqua a Reggio deponga contro la vitalità delle esperienze locali di centro sinistra, e che, salvo situazioni di eccezionale autonomia e resistenza del PD locale dal vento renziano, tali esperienze siano al canto del cigno.

giovedì 10 dicembre 2015

Dai sindaci un appello per l'unità del centro-sinistra. Apprezzabile, ma solo se il centro-sinistra esistesse

 Stefano Morselli

Cari Giuliano Pisapia, Marco Doria, Massimo Zedda,

ho letto con grande attenzione il vostro appello per l'unità del centro-sinistra in vista delle prossime elezioni amministrative, uscito su Repubblica. In linea teorica, potrei dire che lo condivido. Ad eccezione di un passaggio, che invece non condivido proprio, nemmeno teoricamente, laddove sostenete che il governo nazionale "... non vede al momento altre alternative per avere una maggioranza parlamentare necessaria per governare che comprendere forze che nulla hanno a che vedere col centrosinistra".

A parte la scrittura alquanto farraginosa, non capisco perchè sia stato inserito questo passaggio. Forse una "excusatio non petita", cioè una specie di rimozione temporanea del più grande ed evidente ostacolo che, per volontà del Pd,  impedisce il ragionamento sul centro-sinistra, ed anzi marcia in senso contrario? In ogni caso, non sono d'accordo. Se non ci sono "alternative per avere una maggioranza parlamentare eccetera, eccetera", NON è un sufficiente motivo per governare ORGANICAMENTE con pezzi sparsi della destra e opportunisti di varia provenienza, tanto meno senza il benchè minimo mandato elettorale. Piuttosto, si va a votare. E sarebbe anche il caso, dopo quattro anni e tre governi mai nemmeno ipotizzati da qualcuno di fronte ai cittadini-elettori. Ci troviamo, quindi, in una specie di limbo della democrazia e della rappresentanza popolare.

Venendo alle amministrazioni locali, che sono l'oggetto del vostro appello, mi limito a segnalare che un conto è la teoria, altro conto è la realtà concreta. Premesso che è giusto e doveroso esaminare ogni singola realtà per le sue specifictà, mi pare evidente che non bastano l'appello alla buona volontà e ai buoni sentimenti - e nemmeno lo spauracchio della destra incombente - per sciogliere nodi politici assai aggrovigliati. Il centro-sinistra, purtroppo, è stato demolito in linea generale dalle scelte del Pd: nei contenuti, nelle alleanze, negli indirizzi politici.

Se esistono città nelle quali il Pd, esplicitamente e non opportunisticamente, intende invertire - nei contenuti, nelle alleanze, negli indirizzi politici - la marcia che la sua maggioranza e la sua dirigenza hanno intrapreso, ben vengano questi casi. Altrimenti, a che servono manovre politiciste, ricongiunzioni forzate e forzose, "per fare maggioranza", di soggetti  e orientamenti lontani tra loro, o addirittura contrapposti? Prendiamo il caso concreto di Milano:  personalmente, troverei positiva la prosecuzione della esperienza Pisapia, guidata dallo stesso Pisapia o da altri che ne garatntiscano la continuità. Ma se, invece, anche attraverso le primarie, avessero il sopravvento candidati e logiche riconducibili ai dintorni del "partito della nazione", che il Pd a trazione renziana persegue esplicitamente e tenacemente?

Di questo "concreto" - più che di apprezzabili ma astratte considerazioni sulla auspicabilità di un centro-sinistra che qualcuno ha fatto di tutto per distruggere - mi piacerebbe discutere approfonditamente. Soprattutto con persone che, come Piasapia, Doria e Zedda, sono state protagoniste, da sinistra di governo , di pratiche politiche e amministrative che ho condiviso.

martedì 1 dicembre 2015

La disoccupazione e la media del pollo. Il governo gioca con i numeri. Intanto la disoccupazione cresce.

Michele Bonforte

Già Trilussa con la famosa media del pollo ci invitava a diffidare delle sintesi statistiche. Oggi la stessa diffidenza va esercitata nei confronti degli annunci a getto continuo del governo, che grida ai quattro venti l’inversione di tendenza nella disoccupazione per merito del jobs act. In Settembre 2015 si è registrata una diminuzione dello 0,1% del tasso di disoccupazione. Per quanto modesto, l’obbiettivo se raggiunto, ci farebbe felici. Ma purtroppo si tratta del solito gioco delle tre carte.
Il governo infatti ha dato enfasi al dato percentuale, ma ha messo in secondo piano i dati assoluti pubblicati dall’Istat.
I disoccupati sono calati di 35.000 unità. In termini assoluti, si tratta di un calo simile a quello degli gli occupati (- 36.000).
Come si spiega l’apparente paradosso che vede una riduzione dell’occupazione accompagnata ad una riduzione della disoccupazione? I dati dell’Istat ci dicono che gli inattivi (coloro che “apparentemente” non hanno bisogno di lavorare perché non lo cercano) sono aumentati di 53.000 unità.
Sarebbe un buon risultato se tutte queste 53.000 persone si trovassero nella situazione di non aver più realmente bisogno di lavorare perché hanno ottenuto in altro modo un reddito più che sufficiente. La realtà è che ben oltre i due terzi è dovuto all’incremento degli “scoraggiati”, cioè di coloro che non cercano il lavoro perché non credono di trovarlo. Ciò significa che nel mese di Settembre si sono creati circa 35.000 nuovi scoraggiati, ovvero persone disoccupate a tutti gli effetti ma non conteggiate come tali: una cifra che (magia dei numeri!), corrisponde proprio alla riduzione dei disoccupati “ufficiali”.
Il calo dei disoccupati a Settembre è spiegato non dall’aumento dell’occupazione, né degli effetti espansivi dell’economia, né dal Jobs Act ma, più banalmente, dal fatto che si sono trasformati in scoraggiati.
Il contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act (spacciato come contratto a tempo indeterminato ma in realtà un contratto con un periodo di prova di tre anni), non ha finora provocato una riduzione della disoccupazione.
Le recenti statistiche ci dicono che sono diminuiti altri contratti atipici, in particolare le collaborazioni, l’apprendistato e il tempo determinato. Assistiamo quindi a un processo di sostituzione tra contratti precari che presentano maggiore convenienza economica (quello a tutele crescenti che gode di forte incentivi, seppur in via di riduzione) e i vecchi contratti precari.
C’è poco quindi da stare allegri. Il governo ha investito 10 ml in incentivi per le imprese che stanno solo rimescolando il lavoro che c’è già. Di nuovo lavoro non c’è nemmeno l’ombra, e finiti gli incentivi, molti si aspettano una catena di mancati rinnovi dopo i tre anni di prova.
Purtroppo non vedo ragioni reali su cui fondare il trionfalismo del governo, salvo la solita propaganda.