domenica 29 novembre 2015

Quel che dice SEL sull’acqua


Egregio Direttore 
della Gazzetta di Reggio 
e del Resto del Carlino,

il sensazionalismo sembra essere spesso l’unico approccio dei media alla vita politica. Ciò vale certamente per il modesto caso della posizione che Sinistra Ecologia Libertà ha preso sulla proposta delineata dal sindaco Vecchi. Ne abbiamo discusso, e nella discussione sono emerse diverse accentuazioni. Il testo che abbiamo diffuso è il risultato di quella discussione. Tutti i presenti hanno apprezzato il senso politico della proposta del sindaco Vecchi. Si tratta di una novità positiva, che vuole evitare la privatizzazione dell’acqua, dopo che il PD aveva preso le distanze dal piano di Agenia. Per noi è il frutto non scontato della mobilitazione del movimento per l’acqua pubblica, ed anche della battaglia che abbiamo condotto come SEL, con l’impegno in prima linea dei nostri amministratori.
Abbiamo discusso su come valutare la proposta del sindaco Vecchi, e abbiamo votato. Non su documenti alternativi, ma su una parola.
Questo era il paragrafo (fra parentesi i due punti in alternativa):
“La costituzione di una società mista territoriale a maggioranza pubblica per la gestione dell’acqua è un passo nella direzione giusta e dunque una proposta (che possiamo condividere) o (da valutare approfonditamente)”.
Ha prevalso la prudenza rispetto ad una proposta che ad oggi è tutta da chiarire. Non era la mia posizione, ne quella del Vicesindaco Matteo Sassi.
Ma far derivare da questa differenza di accenti, l’idea che SEL abbia sfiduciato il proprio Vicesindaco mi pare una forzatura, che va contro l’apprezzamento che nella discussione è stato espresso per la coerenza e a fermezza con cui Matteo ha condotto in questi mesi la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua.
Nel comunicato che le abbiamo inviato, e che è pubblicato sul nostro blog, sono elencati tutti i punti su cui chiediamo di concentrare la discussione.
La proposta del sindaco Vecchi è ad oggi solo un abbozzo. Molti sono gli aspetti politici, ma anche tecnici, che occorrerà approfondire. Quelli tecnici, perché la proposta sarebbe una novità nel panorama delle soluzioni finora applicate in Italia, e dunque occorrerà verificarne la solidità. Quelli politici, perché il comportamento del PD ha ingenerato un certo grado di diffidenza. Dopo due anni di proclami e studi per la costruzione di un soggetto pubblico per la gestione dell’acqua, in giro di un mese, e senza alcun confronto con noi, il PD ha decretato lo stop a quel percorso.
Comprenderà come, con questi precedenti, una certa prudenza da parte nostra sia più che giustificata.

Michele Bonforte
coordinatore provinciale SEL Reggio Emilia

venerdì 27 novembre 2015

La proposta di gestione del Servizio Idrico avanzata dal Sindaco Vecchi è un passo nella direzione giusta da valutare approfonditamente.

Odg approvato dall’Assemblea federale SEL Reggio Emilia il 26/11/2015

Sinistra Ecologia Libertà di Reggio Emilia ha da tempo espresso il proprio sostegno alla creazione di una nuova società in house totalmente pubblica alla quale affidare il SII. L’approfondimento affidato al Forum acqua e ad Agenia ha in questi mesi dimostrato la praticabilità e la fattibilità di questo obiettivo. Intorno a questa proposta si erano espressi favorevolmente gran parte degli attori istituzionali, sociali e politici coinvolti.
Nei mesi scorsi il PD ha espresso una valutazione negativa, motivata dalla presunta incertezza sulla gestione del debito contratto da Iren a fronte degli investimenti finora fatti. Si fanno sentire localmente le scelte del governo Renzi contro la gestione pubblica dei servizi e dei beni comuni.
In questi mesi c’è stato conseguentemente il rischio di cancellare il lavoro di anni e la stessa mobilitazione che a Reggio Emilia ha portato al referendum.
Come SEL, ma anche come movimento dell’acqua tutto, non abbiamo voluto dare per chiusa la partita, considerando ormai come ineluttabile la privatizzazione del servizio idrico nella nostra provincia.
Abbiamo operato a livello istituzionale e politico, abbiamo sostenuto la mobilitazione del movimento, ed ora possiamo registrare un percorso diverso dalla privatizzazione.
La proposta presentata dal sindaco Vecchi è un diverso orientamento rispetto alla chiusura registrata dal PD solo pochi mesi fa. Non crediamo sia un caso se la Direzione del PD, nei giorni scorsi, abbia deciso finalmente di prendere parola contro la messa a gara della gestione del servizio idrico. Questo orientamento è stato infatti preceduto da mobilitazioni politiche e sociali di grande rilevanza.
Pur essendo la nostra prima scelta un affidamento completamente in house, la costituzione di una società mista territoriale a maggioranza pubblica rispetto alla gara è un passo nella direzione giusta da valutare approfonditamente.
Crediamo infatti che il buon esito di questo progetto dipenderà dai dettagli del cosiddetto piano Caia e dal controllo democratico che sorveglierà tutto il percorso che potrebbe durare almeno per tutto il 2016.
Particolari rilevanti sono a nostro giudizio la non modificabilità del rapporto fra pubblico e privato, il contratto di servizio con il partner industriale e la sua durata, il vincolo all’investimento degli utili nel servizio idrico, una governance che preveda la partecipazione in un comitato di controllo di rappresentanti dell'associazionismo, degli utenti e dei lavoratori.
SEL da mandato ai propri consiglieri ed amministratori presenti nei comuni della provincia di RE, di rappresentare queste posizioni nelle giunte e nei consigli comunali.

giovedì 26 novembre 2015

Stiamo facendo proprio quello che l’ISIS voleva ottenere?

Un coinvolgimento diretto dell’Europa nei campi di battaglia in Siria potrebbe essere ciò che si prefiggevano con gli attentati. Invece occorre un piano Marshall per il Magreb, per dare lavoro e dignità ai giovani arabi e sottrarli al reclutamento nelle fila dell’ISIS.

Michele Bonforte

Il sangue scorre nelle piazze d’Europa. Siamo attoniti, facciamo fatica a capire perché tutto ciò stia succedendo. Certo negli ultimi anni le stragi non sono mancate né in Europa, né soprattutto fuori dall’Europa. Ma quando migliaia di vite venivano falciate a Baghdad, in Kenya, o in Tunisia tutto ci sembrava così lontano, quasi da non coinvolgerci.
L’isteria che sta colpendo i media e le classi dirigenti tutte, è immemore di quanto e di come siamo stati coinvolti. Abbiamo fatto per 20 anni una guerra sistematica in questi territori, mettendoli a ferro e fuoco, educando una generazione di giovani alla violenza.
I discorsi più saggi nei media li ho sentiti fare da militari, che ricordano come le guerre si vincono sopratutto isolando il nemico, recidendo i suoi legami con la popolazione, con le aree di reclutamento. Reagire alla strage di Parigi andando a bombardare in Siria, potrebbe infatti alimentare il consenso verso l’ISIS da parte delle popolazioni colpite a casaccio dalla morte che viene dal cielo. Un coinvolgimento diretto dell’Europa sui campi di battaglia in Siria ed Iraq potrebbe essere ciò che ISIS si prefiggeva con gli attentati.
Oggi non è il momento degli isterici, che rischiano di portarci ad uno stato di guerra generalizzato. Non è il momento di chi in questi anni ha chiesto ed ottenuto guerra, creando i problemi di oggi. Blair ha chiesto scusa ed oggi evita di salire in cattedra a dirci cosa fare. Chi insieme a lui in occidente ed in italia ci ha portati sulla strada sbagliata delle guerra permanente, non ha ancora chiesto scusa, e continua nella follia di proporre l’uso della guerra come mezzo prevalente per affrontare la crisi in medio oriente. Forza Italia e la Lega Nord erano al governo quando portarono l’Italia in guerra in Iraq. Oggi subiamo le conseguenze di quelle scelte scellerate. 20 anni di guerra hanno aggravato il problema invece di risolverlo. Questo è il punto da cui partire per pianificare le azioni da intraprendere nel breve e nel medio periodo.
  • Certamente nell’immediato occorre alzare il livello di attenzione su quelli che possono essere i terreni interni di reclutamento da parte dell’ISIS. Sorprende come ciò sia fatto poco e male. L’ISIS si batte sul terreno dell’uso dei social media, della raccolta di informazioni. C’è evidentemente qualcosa che non va nei servizi di informazione europei, che va rapidamente messo a posto. Così come nell’immediato occorre sostenere le milizie curde, le uniche in grado di fermare sul campo l’ISIS.
  • Occorre recidere i canali di sostegno e finanziamento all’ISIS. Paesi come la Turchia, l’Arabia Saudita e l’Omar vanno posti di fronte alle proprie ambiguità. Questi paesi, per contrapporsi all’Iran ed alle sue intenzioni egemoniche nell’area, non hanno esitato a soffiare sull’irredentismo dei sunniti nell’Iraq del dopo Saddam. Si sta combattendo una guerra che usa anche la divisione religiosa fra diverse confessioni mussulmane, dove ogni attore persegue propri fini. Questa guerra miete decine di migliaia di vittime, in prevalenza di religione mussulmana.
  • Ma l’elemento strategico, quello che può nel medio periodo, cambiare le sorti di questa guerra, è comprendere le basi sociali su cui si regge il reclutamento dell’ISIS fra i giovani dei paesi arabi.  Occorre prosciugare il mare di disperazione sociale che dai paesi del magreb alimenta le file dell’ISIS. In Egitto, in Algeria, in Tunisia ed anche in Marocco, la popolazione è prevalentemente giovane e senza lavoro. Le primavere arabe di pochi anni fa furono alimentate dal desiderio di benessere e libertà dei giovani arabi. Oggi quelle speranze sono state deluse, e milioni di giovani vivono senza prospettiva. Non è un caso che l’ISIS ha voluto colpire le loro fragili economie basate sul turismo estero, con attentati facili da organizzare che hanno avuto l’effetto immediato di un crollo del turismo prosciugando una delle poche risorse economiche disponibili. Ora a questi giovani disperati arriva la proposta di reclutamento dell’ISIS che fornisce una paga ed una identità.
Per questo occorre un massiccio intervento economico che integri le economie del magreb nel mercato comune europeo, un piano Marshall che dia lavoro ai giovani. E per quel che ci riguarda come Italia, intervenire subito in Tunisia, che potrebbe essere il prossimo paese a cadere nel caos.
Noi ora dobbiamo scegliere: possiamo impiegare le nostre risorse per bombardare e inviare soldati, ottenendo di sicuro un aumento del flusso dei profughi, e probabilmente nessun risultato concreto sul terreno di guerra. O possiamo impiegare le stesse risorse per investire in sviluppo ed integrazione economica nell’area del mediterraneo, inviando ingegneri e tecnici, antropologici e medici. I risultati non saranno immediati. Ma se perseveriamo alcuni anni, saranno migliori di quelli che qualunque strategia puramente militare ci potrà dare.

domenica 22 novembre 2015

Il tempo della guerra e il programma politico per la pace. Oggi più che mai un'altra difesa è possibile e necessaria

di Pasquale Pugliese

Il terrorismo ha raggiunto il suo obiettivo: con la risposta della guerra il terrore vince. Quel terrorismo jihadista che – dopo aver provocato decine di migliaia di vittime con attentati terroristici quotidiani nei paesi di religione islamica, dall’Africa al Medioriente – ha colpito a Parigi il cuore dell’Europa, non ha ucciso solo 132 persone innocenti, ma ha fornito il pretesto per scatenare un nuovo ciclo di guerre planetarie, in continuità con quelle che lo hanno generato. Una nuova fase nella “guerra mondiale a pezzi”, già partita con gli incessanti bombardamenti franco-russi sulla popolazione civile siriana, che uccidono – a loro volta – migliaia di altri innocenti, terrorizzando le popolazioni e agevolando l’emersione di nuovo terrorismo e con esso il rinchiudersi dei paesi occidentali nella paura e nello stato di polizia permanente. Insomma, con la guerra il terrorismo vince su tutta la linea.

domenica 15 novembre 2015

La strategia della violenza ha fallito. Ora intelligenza contro stupidità

di  Pasquale Pugliese

Stiamo saturando il mondo di armi, questo è il nostro problema.
Così produciamo i risultati che poi tutti detestiamo
Zygmut Bauman
(Festival Filosofia, Carpi 19 settembre 2015)
Siamo ancora frastornati da quanto avvenuto a Parigi, ma il dolore per le vittime misto alla sensazione che la guerra sia alle porte, e può colpire ciascuno di noi, non deve paralizzarci. Questo è il fine del terrorismo: terrorizzare per rendere impotenti oppure uguali, ossia “spetati”. Non dobbiamo fare ne l’uno ne l’altro. E’ necessario reagire, ma occorre farlo con intelligenza.
Il messaggio che sta passando in queste ore, dall’Eliseo in giù, è “siamo in guerra”, che significa “a la guerre comme a la guerre”. Ed è vero che siamo in guerra, con tutte le sue criminali implicazioni, solo che non lo siamo dal 13 novembre 2015: lo siamo da decenni in tutti gli scenari mediorientali. Anzi, in Europa ci siamo illusi di poter fare guerre ovunque e vendere armi a tutti senza subirne le conseguenze. Abbiamo giocato col fuoco e ci siamo bruciati. Oltre a bruciare, ogni anno, centinaia di miliardi di euro in spese militari.

mercoledì 4 novembre 2015

Fuga dal partito della nazione. D'Attorre, Galli e Folino lasciano il Pd.

Michele Bonforte

La consapevolezza che siamo ad un tornante storico, della cesura che rappresenta Renzi nella storia della sinistra, si diffonde sempre più. Mi pare interessante segnalare gli argomenti di chi, avendo resistito fino all’ultimo, oggi trova le parole per dare il senso di una scelta, quella di uscire dal PD, che è comunque la sconfitta di un progetto e di una propria storia personale. 

Alfredo D’Attorre ha rilasciato una intervista a Repubblica in cui risponde alla domanda sul perché non sia rimasto per opporsi alla segreteria Renzi aspettando il congresso nel 2017.
"Perché il Pd ha subìto un riposizionamento completo e una mutazione genetica. E' una forza centrista che finisce per guardare più volentieri verso settori della destra che a sinistra ed è illusorio pensare che sarà soltanto una parentesi. Il Pd non è il Labour o l'Spd, non ha 100 anni di storia, quelli che ti permettono di passare dalla stagione di Blair all'epoca di Corbin. Ha pochi anni di vita, è per la prima volta al governo e quello che fa adesso lascerà un segno indelebile. La discontinuità di Renzi è qualcosa di diverso da una normale alternanza tra segretari".
E alla domanda su cosa fare alle prossime elezioni comunali risponde:
“Dove c’è la possibilità di aprire un confronto [con il Pd] noi ci saremo, dove si realizzerà il partito della Nazione la sinistra esprimerà un candidato alternativo”. In caso di ballottaggio, la scelta potrà cadere sul Movimento Cinque Stelle.

In poche righe vi sono le sfide che si pongono a chi, come noi di SEL, intende percorrere la strada della ricostruzione di una forza politica di sinistra in Italia.
La storia del PD sembra concludersi nella nascita di una forza centrista, che cerca di rappresentare gli interessi dei ceti sociali che da decenni sono stati il serbatoio del consenso della DC e di Berlusconi.
Questa involuzione potrebbe aprire un ciclo neoconservatore lungo o, ancora peggio, spingere i ceti popolari nelle braccia di un nascente polo reazionario a destra, come avviene già in altri paesi europei.
Per questo la sinistra deve stare fuori dal PD, e costruire una offerta politica ad esso alternativa lavorando alla sconfitta del renzismo. E siccome siamo in un sistema politico maggioritario, quando saremo chiamati a scegliere in un ballottaggio (vuoi che sia per i comuni, vuoi che sia per il governo del paese) fra candidati del PD e del M5S, sceglieremo a partire dai programmi, privileggiando chi da risposte ai problemi sociali, a quelli ambientali, ai diritti civili, all’emergenza democratica.

martedì 3 novembre 2015

Il 7 novembre al Teatro Quirino a Roma, i parlamentari della sinistra presentano un’altra idea d’Italia

La legge di stabilità che il governo Renzi ha proposto al paese non risolve i problemi dell’Italia, sembra scritta con la mano destra e non mette al centro della scena i soggetti deboli che hanno pagato il prezzo piu’ alto della crisi.
Abbiamo affrontato in questi mesi passaggi difficili. Sempre dalla stessa parte: dalla battaglia sulla riforma della Costituzione al giudizio drastico sul Jobsact, dalla mobilitazione sulla Buona scuola alla domanda di una svolta radicale in Europa rispetto alle politiche di austerità.
Il merito è stato, è e sarà sempre la bussola – anche nelle differenze – che ci guiderà nelle scelte che dovremo assumere durante questa legislatura.
La natura della maggioranza che sorregge oggi il Governo Renzi ha acquisito sempre più le caratteristiche della palude trasformistica.
L’ingresso di Verdini e company nella alleanza costituente segna una ulteriore evoluzione di quel Partito della nazione teorizzato da tempo da Matteo Renzi, neocentrista e neocentralista insieme, che assume il principio della governabilita’ come valore in sé, al netto della cifra culturale delle opzioni che vengono messe in campo.
E produce anche uno sfregio mortale al messaggio che l’esito del voto nel 2013 aveva lanciato alla politica tradizionale e soprattutto al centrosinistra italiano: la necessità di agire una riforma della politica, di cambiare metodi e forme di partecipazione, di mettere fine alla degenerazione etica che aveva segnato la stagione declinante della II Repubblica.