giovedì 28 agosto 2014

SULLE ELEZIONI PROSSIME IN EMILIA ROMAGNA



Giovanni Paglia
deputato SEL

Le regionali E/R incombono, senza che emerga alcuna notizia diversa dal balletto delle primarie in casa PD, fin qui peraltro condotto in assenza di contenuti.
A sinistra pare che ancora una volta il tema del confronto sia il rapporto con i democratici, che in Emilia Romagna più che altrove dovrebbe significare un giudizio sulla possibilità di cambiare le cose da una posizione di governo nel contesto attuale, molto più che un giudizio sullo stato della Regione.
Non esiste infatti alcuna forza della sinistra organizzata che nel quindicennio di Errani non abbia partecipato, dal primo all'ultimo minuto, al governo regionale.
Un improvviso scivolamento all'opposizione significherebbe censurare non solo l'operato del PD, ma della sinistra stessa, cosa che non mi sembra all'ordine del giorno, almeno nel dibattito dei partiti, e con qualche fondamento, se è vero che l'Emilia Romagna rimane una delle aree più dinamiche d'Europa.
Esistono tuttavia alcuni nodi che non possono essere elusi.
Il primo è di carattere generale, e riguarda le maggiori difficoltà che il governo regionale incontrerà in un quadro di ulteriore deterioramento della capacità di spesa e investimento, decisa a Roma e non a Bologna, e di sottrazione di competenze fondamentali, come quelle ambientali, stabilita dalla riforma del titolo V.
Il secondo è tutto locale, e ha a che fare con politiche ambientali ed energetiche non soddisfacenti, che hanno visto non a caso l'intera sinistra su posizioni critiche in questi anni, e con la rottura di un patto sociale che prevedeva, tra l'altro, condizioni di lavoro migliori che altrove e un modello di sviluppo che imponesse limiti alle disuguaglianze.

giovedì 14 agosto 2014

"Per il bene della libertà del popolo iracheno"(11 anni dopo)

di Pasquale Pugliese

Per capire cosa stia avvenendo in Iraq – e perché – è necessario fare un salto a ritroso di circa undici anni, quando il 19 marzo del 2003 Gorge Bush Jr. dava il via all’invasione dell’Iraq “per la pace nel mondo e per il bene della libertà del popolo iracheno”. Alla quale si accodavano immediatamente i governi inglese (Blair) e italiano (Berlusconi). Bush, Blair, Powell hanno costruito di sana pianta le “prove” del possesso di armi di distruzione da parte del dittatore Saddam Hussain e del suo legame con Al Quaeda per legittimare la guerra del “giovane” Bush. Prove completamente false, una “grande menzogna”, come ormai ampiamente dimostrato, usate come pretesto per invadere l’Iraq manu militari. Una “grande menzogna” come la dichiarazione di “guerra finita” fatta dallo stesso sorridente presidente Bush il 2 maggio di quell’anno, a bordo della portaerei Lincoln.

venerdì 8 agosto 2014

Le cause della crisi e le ragioni della sinistra.

Michele Bonforte

La crisi che dura ormai da 6 anni non è finita, ed anzi si avvita. Renzi sembra dare la colpa “a chi rema contro”, che poi lui chiama gufi. Ancora una volta la situazione di difficoltà economica non sarebbe reale ma percepita, e dunque i pessimisti la aggravano, e gli ottimisti la migliorano. Peccato che tanto ottimismo sia buono a raccogliere consenso, ma si dimostri incapace di incidere sui fattori reali che stanno alla base delle difficoltà dell’economia.
Renzi sa bene che occorrerebbe una svolta nella politica economica europea che, superando le politiche di austerity, crei lavoro buono e ben remunerato con un piano di investimenti europei e nazionali. Ma la sua accettazione del quadro delle compatibilità della Merkel lo porta inesorabilmente dal piano della realtà a quello della finzione e della sceneggiata. Dire che la ripresa economica derivi dalle riforme costituzionali, o dalla legge elettorale ipermaggioritaria è come dire che la pioggia dipende dalla danza dello sciamano.
La crisi ha la sua principale causa nella diseguaglianza sociale.
Per anni i ricchi si sono ulteriormente arricchiti, ed i poveri ulteriormente impoveriti. Il lavoro da anni viene remunerato sempre meno, mentre le attività speculative sono premiate.
Per uscire dalla crisi occorre invertire questa tendenza. Più lavoro, meglio retribuito, meno evasione fiscale per i ricchi, più welfare per i poveri. Per sapere se si sta operando contro la crisi e le sue cause bisogna guardare le conseguenze dei diversi provvedimenti sull’acuirsi od il ridursi della diseguaglianza sociale.
Spiace constatare che i provvedimenti concreti del governo Renzi (ma anche di Monti e Letta) aggravano la crisi perché aumentano la diseguaglianza. Gli economisti usano un indice che la misura: il coefficiente di Gini. A questo guarderei e non solo al PIL che si riduce.