sabato 10 settembre 2016

Referendum costituzionale, ultimo atto di una mutazione

Stefano Morselli
Nelle intenzioni dei poteri economici che contano e dell'attuale gruppo dirigente del Pd - non dei quaquaraqua sempre allineati al capo di turno, chiunque sia il capo e qualunque cosa dica, ma certo di coloro che indicano il percorso e tirano le fila - la battaglia per questa modifica della Costituzione ha un obiettivo concreto, al di là delle stesure maldestre e pasticciate (ammesse ieri sera a Reggio anche dalla senatrice Finocchiaro). Ma contemporaneamente e soprattutto ha un obiettivo politico più complessivo: dare la spallata definitiva alle radici culturali e politiche, ai mondi sociali di riferimento, alla esistenza stessa di quella che fu la sinistra.

Se così non fosse, non si capirebbe per quale motivo sia stata innescata e portata avanti una battaglia così aspra e divisiva. In fondo, pur a Costituzione vigente, già da anni in Italia si formano governi e si realizzano politiche al di fuori di qualsiasi mandato elettorale. Da Monti a Letta a Renzi, nessuno ha mai chiesto e ottenuto dagli elettori un voto su un programma, uno schieramento, una leadership. A Costituzione vigente, sono state possibili parecchie leggi e "riforme", secondo alcuni formidabili, secondo altri pessime e regressive. A Costituzione vigente, l'attuale capo del governo e del Pd racconta di aver risanato e rilanciato il Paese, dato da bere agli assetati, da mangiare agli affamati, da vestire agli ignudi, con velocità ed efficacia senza precedenti. Racconta lui. A Costituzione vigente.